Centri commerciali chiusi nel week end: È un’ingiustizia

17 aprile 2021 | 09:28
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Centri commerciali chiusi nel week end: È un’ingiustizia

Centri commerciali chiusi nel week end: lo sfogo di alcuni commercianti aquilani. “Ci impediscono di lavorare serenamente e in totale sicurezza. Siamo dentro un buco nero dal quale sarà difficile uscire”.

Una crisi che comincia ad avere i contorni di una situazione esplosiva: il malumore è tanto, dal momento che le spese a cui fare fronte sono tantissime, a partire dalle utenze, finendo per i fornitori.

La crisi non ha risparmiato le attività presenti nei centri commerciali del capoluogo d’Abruzzo. Quest’anno, come l’anno scorso, tra chiusure e restrizioni i giorni effettivi di lavoro sono stati pochissimi.

Il tour del Capoluogo ha voluto abbracciare e sostenere tutte le attività della città, ascolando la voce simbolica di chi tutti i giorni apre quella saracinesca tra dubbi e incertezze.

È il caso ad esempio della combattiva Gabriella Bozza, commerciante aquilana presente con il suo negozio di abbigliamento e accessori da donna all’interno della galleria commerciale Amiternum.

Gabriella bozza

“Non so più cosa pensare – è lo sfogo di Gabriella al Capoluogo – sono protagonista di un quotidiano in cui navighi a vista, vivendo alla giornata. La chiusura dei centri commerciali nel fine settimana ha creato problemi solo alle attività e basta, generando una voragine e un buco da cui ci vorranno anni per uscirne”.

“Siamo vittime di un sistema e di uno Stato che ci relega e ci considera ‘non essenziali’, quando paghiamo le tasse e i contributi come tutti. Abbiamo lavorato pochissimo e soprattutto nei periodi in cui girava più gente come sotto Natale o nei fine settimana durante il periodo dei saldi”.

Chiusure e limitazioni a cui, per Gabriella, “hanno fatto da contraltare aiuti ridicoli: abbiamo continuato tutti a pagare delle spese spropositate, con un volume di affari vicino alla zero. Voglio essere ottimista, come sempre, e pensare che presto tutto questo sarà solo un brutto ricordo, ma non è così. Per recuperare e mettersi in pari ci vorranno anni, specie per noi commercianti aquilani che da 12 anni con ‘resilienza’ cerchiamo di tenere duro e andare avanti”.

L’analisi di Gabriella è a 360°: spera di riaprire il fine settimana, ma sa bene che se non riparte tutto il mondo intorno a lei sarà del tutto inutile.

“Non vendo beni di primissima necessità, lo so bene, e gli armadi di ognuno di noi sono stracolmi: se non riaprono i locali, i ristoranti e tutto quell’indotto legato alle uscite, agli eventi, ovviamente in sicurezza,  comunque lavoreremo pochissimo. Sono tantissime le persone ancora in smart working e sicuramente nessuno per ora ha bisogno di abiti nuovi per andare a fare la spesa”.

“Sta venendo meno  la motivazione: si parla tanto della crisi della ristorazione e del settore food, ma anche noi commercianti di abbigliamento e di sogni come mi piace definirci, siamo legati a loro. Non c’è la necessità di un nuovo paio di scarpe, una maglietta o un jeans nuovo. Da mesi, da dopo Natale, andiamo avanti con qualche regalino o con quegli acquisti fatti ‘per tirarsi su’, della serie ‘non so quando lo metterà, ma mi fa star bene’. Un’attività in questo modo non la reggi, così come un ristorante non può andare avanti con 4 asporti al giorno”.

“Il Covid non scomparirà per magia, tutti quanti vogliamo tornare a lavorare e oggi, a metà aprile, a L’Aquila dobbiamo ancora capire se passeremo alla zona rossa: a questo punto a me viene solo da piangere”.

“La crisi del commercio non la superi con le chiacchiere, se non si mette mano a un minimo di progettualità che vada incontro a tutti la situazione potrebbe precipitare”. 

“Non è colpa di nessuno, noi siamo chiusi e in centro i negozi sono aperti, 6 giorni su 7 o anche tutta la settimana. Una disparità vergognosa: cosa cambia tra la mia attività e un’altra? Le attenzioni le manteniamo tutti, le spese per riaprire a maggio le abbiamo sostenute senza distinzioni. Le sanificazioni vengono fatte comunque: fatevi i conti e traete le conclusioni”.

“Sono mesi che ascolto sempre le stesse cose: si parlava di un possibile riavvio della macchina grazie all’arrivo dei nuovi vaccini che in qualche modo avrebbero garantito maggiori sicurezze. La campagna denigratoria verso alcuni ha generato solo altra paura e incertezza: ormai viviamo nel terrore, questa è l’unica costante!”.

“Un’estate con le restrizioni? Non ho abbastanza immaginazione per poterci anche solo pensare. In bocca al lupo a tutti i colleghi che si trovano dentro un qualunque centro commerciale da Nord a Sud del Paese: ne abbiamo davvero bisogno!”

“I centri commerciali non sono pericolosi: fateci lavorare”, Lo sfogo di Monica De Vecchis

Anche per Monica De Vecchis il momento è drammatico: il suo negozio di abbigliamento da donna si trova all’interno del centro commerciale Piccinini a Bazzano e il week end deve stare chiuso, come tutti.

monica de vecchis

Praticamente non ci fanno lavorare gli unici due giorni in cui potrei incassare un pochino di più: un centro commerciale è sicuro tanto quanto una qualunque altra attività. Perchè noi dobbiamo stare chiusi e altri possono lavorare?”

“Sono mesi – è lo sfogo di Monica al Capoluogo – che ci parlano di sicurezza e attenzione: per poter stare aperti abbiamo tutti sostenuto spese folli, a fronte di guadagni davvero marginali”.

“Lo Stato è assente: pago le tasse, gli stipendi, gli affitti e le utenze e da un anno a questa parte dobbiamo quasi implorare di poter lavorare, dobbiamo pietire quello che è un nostro diritto!”.

“Il Covid non scompare durante la settimane e appare il sabato: cosa cambia se stiamo attenti? I centri commerciali sono piccolini, con tutte le dovute cautele sarebbe semplicemente consentito di farci respirare”.

“Le perdite sono ormai imponenti: guarda agli incassi degli anni passati e mi viene da piangere, siamo al centro di un buco che rischia di risucchiarci!”.

Monica, durante le chiusure imposte dal primo lockdown ha cercato di andare avanti “inventandosi” un e-commerce del suo negozio.

“All’inizio era una specie di terapia per non impazzire: ho una famiglia, un figlio e dovevo restare in equiibrio anche per loro. Oggi quel piccolo e-commerce viaggia spedito insieme all’attività fisica nel centro commerciale: lavoriamo tanto e ci divertiamo a fare le foto e ad aggiornare la collezione. È impegnativo, ma il mio negozio è cresciuto insieme a me, e non posso mollare, non c’è chiusura che tenga“.

“L’appello che rivolgo personalmente alle istituzioni è di aiutarci seriamente, darci un po’ di respiro: così non ce la facciamo più! Non possiamo ogni giorno inventarci qualcosa per andare avanti, siamo onesti lavoratori, siamo aquilani e conosciamo il sapore delle difficoltà, ma tutto questo comincia ad avere i contorni dell’accanimento. Fateci lavorare, chiediamo solo questo“.

“Vorrei prendere un treno ed andare via, lontano, ma resto qui perché L’Aquila è il posto che mi ha visto crescere anche professionalmente: abbiamo solo la speranza per adesso, come motore per non mollare!”.