Piccone, si sgonfiano le accuse sui favori sessuali

Si sgonfiano le accuse sui favori sessuali a carico dell’ex parlamentare Filippo Piccone. Rese note le decisioni del Riesame sull’esilio di Piccone e Santilli
Piccone e Santilli “esiliati” perché c’è il rischio che possano commettere di nuovo gli stessi reati: la motivazione alla base della scelta del Tribunale del Riesame di disporre il divieto di dimora da Celano per i due indagati. In merito, però, all’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità nei confronti di una stagista, secondo il Riesame, il reato non emergerebbe “essendo stata la donna a cercare Piccone” e non viceversa, “in corrispondenza delle sue scadenze contrattuali”.
Questo è quanto riporta il quotidiano Il Centro. Inoltre, negli episodi contestati Piccone prende subito l’impegno di sistemare la situazione contrattuale della stagista e solo dopo cerca approcci sessuali con la donna. Quindi non ci sarebbe l’elemento dell’induzione. Accusa che aveva generato molte polemiche in paese e non solo, tanto da scatenare un vero e proprio processo mediatico, anche veicolato da messaggi e post pubblicati da molti sui social e da commenti al vetriolo nei confronti delle persone coinvolte nelle indagini.
Sempre per il Riesame, per quanto riguarda poi la causa di istigazione alla corruzione per Piccone, si tratterebbe “di un’offerta futura di aiuto priva di quei caratteri di attualità e concretezza nello scambio di favori necessari per configurare il reato ipotizzato”.
Escluse inoltre le accuse di peculato per i lavori di demolizione della scuola Tommaso da Celano. Salta anche il capo d’accusa di turbativa per la progettazione di una scuola, di un parco e di un parcheggio nelle zone Aia, Don Minozzi e Dietro Castello.
Restano al momento solide, invece, le imputazioni per tutti gli altri capi d’accusa a suo carico, per questo i giudici, nonostante le dimissioni presentate da Piccone, temono possa esserci reiterazione del reato. Piccone, spiegano, “non si è fermato neanche davanti ai ripetuti accessi della polizia giudiziaria negli uffici comunali e ha continuato a ordinare falsificazioni e a gestire in piena autonomia gare pubbliche”.
“Ha dimostrato si svolgere il ruolo di dominus dell’amministrazione, pur non essendo sindaco né assessore e ciò perché la sua rete clientelare di contatti e influenze è talmente vasta da consentirgli di dirigere a suo piacimento gli uffici pur non avendone formalmente titolo”.

Riguardo al sindaco Santilli – ancora formalmente in carica in quanto non dimissionario, per quattro capi d’accusa, riporta il Centro, non sono stati messi in luce “elementi concreti da cui desumere il ruolo concorsuale svolto da Santilli. E in alcuni casi gli indizi “non possono qualificarsi in termini di gravità”. Sussistono, tuttavia, gravi indizi di colpevolezza in relazione a tutti gli altri capi di imputazione provvisoria. L’avvocato Antonio Milo ha annunciato che ricorrerà per Cassazione ritenendo «del tutto sproporzionate e ingiuste le vigenti misure cautelari»