Cronaca

Omicidio Materazzo: ergastolo al fratello dell’ingegnere residente a Roccaraso

Omicidio Vittorio Materazzo: ergastolo per il fratello minore Luca. La vittima, stimato ingegnere napoletano, aveva studiato a L'Aquila.

Ergastolo per Luca Materazzo, giovane napoletano accusato dell’omicidio del fratello Vittorio, facoltoso ingegnere della Napoli bene, da anni residente a Roccaraso, ucciso il 28 novembre 2016 a Chiaia, con 40 coltellate.

Per arrivare alla verità e alle motivazioni che avrebbero portato all’omicidio di Vittorio Materazzo però ci è voluto del tempo.

L’omicidio dell’ingegnere Materazzo è maturato in un contesto di dissidi familiari: ha destato molto clamore, tanto da essere ripreso anche dalle telecamere della trasmissione Rai “Un giorno in pretura”.

La vittima amava moltissimo Roccaraso, eletta suo “buen retiro” con la famiglia: la moglie, stimato avvocato, e due figli, che praticavano in Abruzzo diversi sport invernali.

vittorio materazzo

La vittima aveva anche studiato a L’Aquila, doveva aveva conseguito un master di secondo livello in Beni culturali ecclesiastici.

Immediatamente, subito dopo l’efferato l’omicidio, le indagini si concentrarono sul fratello Luca, che risultò il principale indiziato e poco più tardi venne iscritto nel registro degli indagati. Poi sugli indumenti e sui due coltelli da sub usati per il delitto vennero trovate tracce del suo dna.

Vittorio Materazzo venne ripetutamente colpito con un coltello da sub alla schiena, ma il fendente mortale fu quello alla gola. Almeno 35 le coltellate inferte, di cui 30 andate a segno e le altre attutite dai vestiti.

Subito dopo l’assassino si allontanò sbarazzandosi dell’arma del delitto e degli abiti insanguinati che furono ritrovati non lontano dal luogo del delitto. Questo almeno è quanto emerse dalle immagini delle telecamere a circuito chiuso di un vicino centro estetico che avevano filmato la scena: un uomo con il volto coperto da un casco si avvicinò alla vittima e dopo pochi minuti iniziò ad accoltellarlo appoggiandosi la testa sulle ginocchia.

Il fratello destò dei sospetti anche nei diversi testimoni accorsi sul luogo del delitto: come riferito durante il processo, non mostrò alcun turbamento alla vista del fratello morto e mentre si stavano svolgendo i primi rilievi, lui in disparte mangiava un panino.

L’uccisione dell’ingegnere Vittorio Materazzo, 51 anni, proprio sotto la sua abitazione di viale Maria Cristina di Savoia, il cuore della cosiddetta “Napoli bene”, ha sconvolto la città e l’Italia intera perché si è trattato di un delitto efferato e perché il killer era l’insospettabile fratello minore.

Oltre ai due fratelli in famiglia ci sono quattro sorelle, ma i rapporti tra i due maschi erano difficili.

Durante le indagini gli inquirenti hanno appurato che i litigi tra i due spesso sfociavano in rissa. Dieci anni prima dell’omicidio, Vittorio Materazzo aveva sporto denuncia contro Luca, dopo un ennesimo litigio finito a botte.

Luca Materazzo, laureato in giurisprudenza e aspirante notaio, in un primo momento, dopo l’iscrizione nel registro degli indagati, fuggì all’estero. Tra l’8 e il 9 dicembre del 2016 risultò irreperibile. Da quel momento iniziò la sua lunga latitanza coperta da alcuni familiari che finì a Siviglia il 2 gennaio del 2018.

Il giorno della sua cattura Luca Materazzo si trovava in un bar del centro della città spagnola. Quando la polizia locale lo fermò lui diede immediatamente le sue generalità e non oppose alcuna resistenza.

Hanno già impacchettato l’ergastolo, ci manca solo il fiocchetto. Questo è un processo che nasce come indiziario, vi invito ad avere approccio critico sulla lettura degli atti e non avrete nessun dubbio ad assolvere questo ragazzo”, aveva detto la difesa, prima della sentenza.

L’omicidio, secondo l’accusa e secondo le testimonianze dei teste ascoltati durante il dibattito sarebbe sfociato come conseguenza a vecchi dissidi familiari e patrimoniali, questioni legate all’eredità, ai beni di famiglia, a una società del padre di Vittorio e Luca, Lucio Materazzo, morto poco prima del delitto.

“Vittorio non avrebbe mai diviso il patrimonio paterno se prima non fossero state definite due questioni: la società del padre e le cause dell’accertamento della morte di quest’ultimo“, ha detto la vedova dell’ingegnere, durante l’istruttoria dibattimentale.

La morte del padre era infatti al centro di molti dei dissapori tra i due fratelli.

La vittima si era convinta che il genitore non fosse deceduto per cause naturali, mentre secondo la ricostruzione fatta all’epoca il padre era caduto dopo aver avuto un malore, e chiedeva con insistenza la riapertura del caso.

Il certificato di morte era stato redatto dal cognato e Vittorio Materazzo, secondo quanto appurato durante il processo, pensava che le sorelle volessero coprire il fratello minore.

La morte del capofamiglia aveva rotto gli equilibri familiari e il fatto che l’ingegnere gestisse l’eredità paterna avrebbe fatto scattare la rabbia del fratello e di conseguenza l’omcidio.

Dopo la condanna all’ergastolo Luca Materazzo ha rinunciato in un primo momento a a presentare il ricorso in appello. Adesso, si attende che la Cassazione si esprima sulla possibilità di celebrarlo.

Sabato 22 maggio a “Un giorno in Pretura” è andata in onda la seconda puntata del processo, conosciuto mediaticamente come “Il delitto di Chiaia”.