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In migliaia in montagna, ma manca il sistema Gran Sasso

Estate sul Gran Sasso: caos turisti e servizi al minimo. "È tardi, ma bisogna mettersi tutti al lavoro. Di turismo si può vivere".

Gran Sasso e piccoli borghi presi d’assalto, un agosto da bollino rosso in alta quota: “Perché il territorio non mette in campo una programmazione”? La riflessione dell’imprenditore Stefano Cardelli.

GRAN SASSO – “Un turismo esagerato, un carico urbanistico non supportato dal territorio, un affollamento stupefacente e una governance che non si attrezza” – così si presentano Campo Imperatore e i piccoli centri storici del territorio nella settimana di Ferragosto. A dirlo è l’imprenditore Stefano Cardelli, titolare della storica Osteria della Posta di Poggio Picenze e di un B&B a Santo Stefano di Sessanio.

GrAn sasso

“Il turista ci raggiunge perché vuole vivere un’area incontaminata, un’oasi di natura che non presenta i difetti della metropoli. Tutto è legato al comprensibile bisogno della gente di stare all’aria aperta e in grandi spazi, ma si ha bisogno di provvedimenti per regolamentare un tale afflusso”.

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Da Bominaco a Castel del Monte, da Calascio a Santo Stefano di Sessanio il copione è stato lo stesso in queste settimane di ferie d’agosto: Rocca di Calascio inavvicinabile, difficoltà a pranzare senza prenotazione, difficoltà nei parcheggi già dopo le 9 del mattino quando tutti gli spazi sono occupati. “E’ un affollamento, quello di Campo Imperatore, che non è tanto sano, anche se la maggior parte delle persone non arriva in queste zone necessariamente per andare in quota. È un tipo di turismo che si concentra nei borghi più gettonati e conosciuti. Ma quanto durerà questo via vai di gente?” – si chiede Cardelli. “Il turista è disposto a tornare nonostante grandi ed evidenti mancanze?”

Problema ricettività

Il carico urbanistico che si presenta in estate, in particolar modo nel mese di agosto, non è supportato dal territorio. Basta considerare i numeri: Santo Stefano ha una ricettività pari a 600 unità, Castel del Monte di 150, segue Calascio con 50. “E’ evidente che questa carenza di posti letto genera delle conseguenze impattanti: dai camper che invadono il territorio con aree sosta improvvisate, senza regolarizzarne il flusso, al turismo mordi e fuggi dettato dalla mancanza di alloggi. Considerate che soprattutto nel borgo di Castel del Monte c’è un grande ritorno di persone da Francia e Belgio, ma non solo, che passano la villeggiatura nella casa di paese. La buona notizia è la riapertura di un hotel rimasto chiuso per molti anni, ma nemmeno questo è sufficiente a sostenere l’impatto di gente”.

Problema trasporti

“E’ impensabile che i borghi non dispongano di servizi attivi nemmeno agli stessi residenti. Poche corse, le stesse di cinquant’anni fa. Se un turista senza la propria auto volesse raggiungere Castel del Monte da Castelvecchio dovrebbe tornare in città e prendere un autobus diverso. Un paradosso che evidenzia che non c’è connessione tra i vari centri storici”.

Mancanza totale di punti di ristoro

“Ristoro non è solo cibo, ma anche aree dove sostare tra una gita e l’altra. Faccio l’esempio dello storico Ristoro Mucciante a Fonte Vetica o del Rifugio Racollo: perché non permettere di attrezzare queste aree con zone di refrigerio, aree all’ombra dove passare attimi di relax dopo una escursione e parcheggi adibiti alla sosta dei mezzi? Insomma delle vere e proprie oasi che sono completamente assenti sulla strada da Racollo a Pietranzoni, tragitto in cui il turista che arriva si sente smarrito. A questo si aggiunge l’area/piazzale di Campo Imperatore che è assolutamente desolante e non solo per lo storico albergo ancora da ristrutturare”.

La ricetta vincente si racchiude in un “VisitGranSasso”

“Senza troppe chiacchiere dovremmo pretendere un sistema Gran Sasso che metta in campo progetti, programmi a lungo termine, che abbatta la stagionalità del turismo, crei posti di lavoro, regolamenti gli ingressi con pedaggi, metta in campo dei bus e navette, educhi all’uso della funivia. Vale a dire: nulla di nuovo, ma pratiche vincenti ed esistenti in altre zone di montagna dove il turismo si può definire tale e si vive di esso perché considerato generatore di posti di lavoro” – conclude Cardelli.

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