L'aquila

Perdonanza e turismo, dietro le quinte: l’organizzazione in emergenza

L'AQUILA - Perdonanza e turismo, un viaggio dietro le quinte per scoprire il lavoro di migliaia di persone che si dedicano all'evento dell'anno.

L’AQUILA – Perdonanza e turismo, un viaggio dietro le quinte per scoprire il lavoro di tante persone che si dedicano all’evento dell’anno.

L’intera macchina comunale, dalla polizia municipale ai dirigenti, agli amministratori, il sistema dei volontari, le squadre di tecnici audio/video, gli artisti, i musicisti, i collaboratori, i volontari, gli addetti alle cerimonie religiose, dietro l’organizzazione della Perdonanza celestiniana si muovono almeno un migliaio persone, nel fare una stima prudente. Un’imponente macchina organizzativa coordinata dal Comitato Perdonanza, a cui partecipano il sindaco Pierluigi Biondi come presidente, il vicesindaco Raffaele Daniele come coordinatore, l’assessore Fabrizia Aquilio e tanti altri che, come il responsabile del Settore UNESCO, Massimo Alesii, si impegnano come “civil servant” per l’evento più importante dell’Aquila, un evento che – come sottolinea lo stesso Alesii al Capoluogo.it – ha tra gli obiettivi l’equilibrio tra l’aspetto sacro e gli spettacoli.

Quest’anno la Perdonanza ha fatto registrare la presenza di artisti di primissimo piano, da Renato Zero a Gigi D’Alessio, con ricadute sul tessuto economico cittadino che si sapranno con precisione con dati alla mano, ma la percezione è già quella di un grande impatto, grazie alla nutrita presenza di turisti che ha affollato il centro storico. Ma quanto di questo è “merito” della Perdonanza e quanto indipendente? È il singolare dibattito che si acceso in città, a seguito delle esternazioni di alcuni operatori che hanno sostenuto che “i turisti che vengono all’Aquila non conoscono la Perdonanza”, sottolineando così una presunta ridotta attrattività della stessa, sul settore turistico. Il responsabile del Settore UNESCO, Massimo Alesii, però, al Capoluogo.it ribalta lo schema e pone un’altra questione: L’Aquila è strutturalmente attrezzata ad accogliere in maniera stabile un flusso turistico importante? “Ho organizzato molti eventi internazionali e prima del 2009 L’Aquila poteva ospitare stabilmente 450/500 persone; dopo il terremoto le grandi strutture ricettive non sono certo aumentate, per cui ogni anno durante la Perdonanza gli alberghi sono sould out già con gli addetti ai lavori, tecnici, concertisti e collaboratori. Ad ogni modo, è tutta la modalità di spesa che riguarda il Comitato Perdonanza che ricade sul territorio. Il denaro della città, torna così alla stessa città”. Insomma, basta la sola organizzazione dell’evento per avere ricadute positive sull’economia cittadina.

La Perdonanza, però, non è solo questo e richiede un’organizzazione attenta e allineata alle vigenti normative. “Per il quarto anno consecutivo – sottolinea Alesii – abbiamo fatto un miracolo. Non si ottiene in pochi mesi un livello di manifestazione di questo tipo, con le limitazioni (spesso anche di natura probabilistica) legate all’emergenza Covid. Forse non c’è stato tempo di comunicare quanto abbiamo fatto e si dà tutto per scontato, ma di scontato non c’è stato niente. Si può fare meglio, certo, si può anche criticare, ma bisogna essere coscienti delle difficoltà affrontate per un progetto internazionale che contiene valori come quelli della Perdonanza, con declinazioni riportate al contemporaneo. È evidente che elementi come il Corteo statico o le enormi restrizioni subite dal Cammino del Perdono non fanno parte della Perdonanza, ma abbiamo dovuto tener conto di tutto, pandemia compresa”.

Insomma, come sottolinea lo stesso Alesii, “non siamo una turris eburnea, ma il punto nodale è che se vogliamo parlarne seriamente, bisogna avere il coraggio di sedersi intorno a un tavolo, con chi è titolato a parlare in materia, e ragionare. Poi è chiaro che l’arroccamento dettato puramente dall’emergenza può far registrare delle imperfezioni, come con le prenotazioni, ma non ha senso esaltarle come gigantesche. D’altra parte non mi pare ci siano stati tutti questi spazi vuoti durante gli eventi, dopodiché è chiaro che in situazioni normali questo è un evento che potenzialmente può mobilitare 100mila persone”.

Altra questione, la capacità delle strutture ricettive cittadine: “Per guardare oltre il turismo mordi e fuggi dobbiamo essere in grado di accogliere stabilmente i turisti durante la Perdonanza, ma gli hotel sono sempre occupati, in gran parte dalle stesse persone che la Perdonanza la realizzano. La città è stata piena di turisti, ma occorrono i giusti spazi”.

Giusti spazi anche per gli eventi: “Dove altro potevamo trovare posto per 2600 persone? Esiste a L’Aquila un altro posto che può contenerle, oltre l’area della Basilica di Collemaggio? Chi invoca lo stadio, sa che non è agibile per i grandi eventi? Si è pensato di risolvere temporaneamente con il Teatro del Perdono, ma per una alternativa bisognerà passare da una dimensione provvisoria a una stabile, con un luogo da utilizzare, magari per tutta l’estate”.

Migliorare si può, quindi, ma occorrono adeguamenti anche strutturali di un certo livello. Quello che si poteva ottenere nell’attuale contingenza non è stato certamente poco: “I dati veri si vedranno, al di là di qualche singola esternazione, ma già l’incremento di ricerca della parola Perdonanza su Google durante la settimana ci può dare una misura concreta. Ma è bastato girare per L’Aquila e vederla piena di turisti che evidentemente sono rimasti perché c’era qualcosa da vedere e da fare qui. L’Aquila era nota per il terremoto e ora possiamo registrare i volti piacevolmente sorpresi di migliaia di turisti che non pensano più al siama, ma al fatto che si trovano in una delle più belle città d’Italia”.

In conclusione, “L’Aquila non ha una storia da città turistica e questa vocazione necessita di una specifica formazione. Sta riscoprendo importanti bacini culturali, dall’architettura alla religione, alll’ambiente, ingredienti da dosare bene per un corretto sviluppo del turismo. Però se non ci diciamo che siano inadeguati e non prendiamo atto di essere all’interno di una comunità internazionale, è difficile intraprendere il percorso formativo che serve, insieme alle infrastrutture necessarie per implementare il settore”.

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