Ospedale L’Aquila, lite al bar per il green pass

Green pass confuso per obbligo vaccinale: lite al bar dell’ospedale. Il racconto tramite la rubrica Dillo al Capoluogo.
Momenti di tensione questa mattina al bar dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, accanto il pronto soccorso. Una lite nata dalla confusione sul green pass.
All’uomo, che voleva consumare un panino seduto al tavolo, è stato chiesto di mostrare il green pass, come richiede la norma, per mangiare nei locali al chiuso.
Non aveva di fatto il green pass, almeno così ha riferito affermando di avere il tampone negativo. “Il tampone è più efficace del green pass”, ha detto alla cameriera, confondendo forse tampone con vaccino, entrambi validi per ottenere appunto la certificazione verde.
Una confusione dettata probabilmente anche dalla quantità e dalla qualità delle notizie che si trovano soprattutto sui social network, che amplificano e distorcono il dibattito sull’uso della certificazione verde Covid-19, degenerando in discussioni insensate e paragoni improponibili e anche irrispettosi con epoche storiche che nulla hanno a che vedere con quella attuale.
Come si legge sul sito ufficiale del governo, la certificazione verde è in formato digitale o stampabile (con un QR code); dal 1° luglio è valida anche come EU digital certificate (Green pass) e quindi facilita anche i viaggi da e per i paesi dell’Unione europea e dell’area Schengen (“facilita”, quindi è bene verificare le regole in vigore paese per paese).
In ogni caso, il green pass non equivale alla vaccinazione.
Viene infatti rilasciata a tre categorie di soggetti: chi si è vaccinato contro il Covid-19, chi ha ottenuto un risultato negativo al test molecolare/antigenico, chi è guarito dal Covid-19.
Quello che cambia tra le categorie di soggetti è la validità della certificazione.
La risposta è un po’ nascosta, ma nell’elenco delle Faq si scopre che si va da 48 ore (per chi ha un tampone negativo) a 12 mesi per chi ha fatto il vaccino (una dose o due a seconda del tipo).
Chi è guarito dal Covid 19 può ottenere una certificazione che dura 180 giorni o 270 nel caso si decidesse di fare almeno una dose di vaccino entro 12 mesi dall’infezione, in base all’ultima circolare ministeriale del 21 luglio: è il medico o la Asl competente che devono trasmettere il certificato di guarigione alla piattaforma nazionale, poi il certificato viene emesso in automatico.