Green pass e imprese edili: l’obbligo rischia di essere il lockdown della ricostruzione

Il green pass “non è salutare per la ricostruzione in questo momento di svolta”. Il timore di una impresa edile: “Si teme il blocco nei cantieri”.
“L’obbligo di green pass rischia di mettere in difficoltà le imprese edili” – a dirlo il titolare di una ditta aquilana che lavora alla ricostruzione nell’area del doppio cratere.
“Abbiamo una squadra di dieci persone di cui solamente tre già vaccinati e sette, quasi tutti stranieri, non vaccinati” – aggiunge l’imprenditore.
“Il problema però riguarda tutte le ditte dove capita che ci siano no-vax, indecisi o rimandatari. In questo periodo con carenza di maestranze sarebbe un disastro allontanare persone non vaccinate per scelta perché con tutte le commesse che si hanno oggi tra ricostruzione e bonus non capiamo chi poi possa fare il lavoro in cantiere”.
È un campanello d’allarme, ma anche un altro spettro che potrebbe abbattersi sulla ricostruzione.
“Come credono di poter sostituire i muratori se già non si trovano? Molti sono andati in Germania, Svizzera e Belgio dove guadagnano di più che in Italia. Secondo me è sbagliato obbligare in settori come quello dell’edilizia già penalizzata dalle procedure covid che impattano negativamente sulla produzione giornaliera”.

“Con le norme che entreranno in vigore dal prossimo mese i dipendenti non vaccinati e che non fanno il tampone dopo 5 giorni sono costretti a restare a casa in aspettativa. Questo costringerebbe le imprese ad assumere operai a tempo determinato, sforando in alcuni casi il rapporto tra contratti a tempo determinato indeterminato”.
Quale soluzione? “Non ne vedo di definitive. Lavorare sotto organico significa compromettere la consegna entro i tempi prestabiliti, ma anche formare nuove persone richiede tempo che non c’è. Sarà anche una scelta corretta nelle intenzioni visto che l’obiettivo è evitare nuovi lockdown, ma rischia di mettere in seria difficoltà le imprese edili con il risultato di vedere i cantieri rallentare e nella peggiore delle ipotesi chiudere. Questo per L’Aquila e per tutti gli altri comuni colpiti dai terremoti degli ultimi anni sarebbe ingiusto, soprattutto in un momento in cui la ricostruzione è a un momento di svolta”.