Storia

Nove Martiri aquilani, il ricordo nel 78′ anniversario dell’eccidio

23 settembre 1943, 23 settembre 2021: il ricordo, commosso, dei Nove Martiri aquilani. Il Comandante del 9'Reggimento Laurencig: "Questi ragazzi non avevano abbandonato un loro compagno, ferito. Che sia di esempio: nessuno deve essere abbandonato, mai".

L’Aquila – 23 settembre 1943, 23 settembre 2021: il ricordo, commosso, dei Nove Martiri aquilani.

Bruno D’Inzillo, Bernardino Di Mario, Fernando Della Torre, Carmine Mancini, Giorgio Scimia, Francesco Colaiuda, Anteo Alleva, Sante Marchetti e Pio Bartolini avevano tutti tra i diciotto e vent’anni. Dopo l’8 settembre del 1943 si erano uniti ai partigiani che cercavano di respingere le truppe di occupazione tedesche. Per sfuggire ai rastrellamenti si erano rifugiati sulle montagne nei pressi di Collebrincioni. Furono catturati dal contingente tedesco dopo una delazione e condotti nella caserma Pasquali, dove furono costretti a scavarsi la fossa e fucilati.

Nessuno informò le famiglie e, solo dopo la liberazione della città dell’Aquila, avvenuta il 13 giugno del 1944, i loro corpi furono rinvenuti e le loro spoglie ricomposte all’interno della scuola elementare “De Amicis”.

Lì ricevettero il silenzioso e commosso omaggio della cittadinanza, prima della sepoltura nel sacrario che si trova all’interno del cimitero monumentale.

La città dell’Aquila ha dedicato una piazza ai Nove Martiri aquilani, nel cuore del centro storico, mentre un monumento funebre ne perpetua la memoria e l’esempio all’interno del Cimitero monumentale.

La commemorazione all’interno della caserma Pasquali – Campomizzi: la diretta del Capoluogo

 

Nove Martiri aquilani, il ricordo del Comandante del 9′ Alpini Gianmarco Laurencig: esempio da seguire, nessuno va abbandonato mai.

La cerimonia di commemorazione, come ogni anno, si tiene proprio nella caserma Pasquali Campomizzi, con inizio alle ore 9, nel luogo in cui i giovani aquilani, tutti tra i 17 e i 21 anni, furono trucidati il 23 settembre 1943, dopo essere stati catturati nel corso di un rastrellamento a Collebrincioni nel tentativo di opporsi all’invasione tedesca durante la Seconda guerra mondiale.

Alla presenza del sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, e delle maggiori autorità locali, il ricordo e l’apposizione di una corona in ricordo delle vittime

A fare gli onori di casa e ricordare i nove giovani, prima della cerimonia all’interno della Caserma Pasquali – Campomizzi, il Comandante del 9′ Reggimento Gianmarco Laurencig: “78 anni fa, il 23 settembre 1943, nove ragazzi aquilani, innocenti, morirono verso le due del pomeriggio proprio qui. Un avvenimento che scosse terribilmente le coscienze e che in questi anni continua a scuoterle in maniera molto forte.

“Ma volevo focalizzare la mia attenzione anche su altro, per far in modo che sia uno spunto di riflessione: il gesto che i ragazzi fecero fu un gesto straordinario. Il 12 settembre 1943 Mussolini fu liberato con l‘operazione Quercia sul Gran Sasso. Qualche giorno dopo le truppe naziste arrivarono a l’Aquila e posero un comando proprio in questa sede. Iniziarono a chiedere tutto il personale, a tutti i giovani aquilani di arruolarsi: ma tanti giovani non lo fecero. La sera del 22 settembre alcuni di loro si erano anche uniti alle prime compagini partigiane che erano nate qui.”

“Uno di questi ragazzi cade, durante il percorso: gli altri si fermano e non lo abbandonano. Forse, in maniera inconsapevole, fanno un gesto straordinario: si fermano e non lo abbandonano. Aleandri, il ragazzo caduto e ferito, viene portato in ospedale e i dieci che lo avevano soccorso vengono catturati. Nove di loro vengono portati qua e giustiziati”.

“Questo deve essere per noi da monito, un esempio: loro non li hanno abbandonati e anche noi, nella nostra attività quotidiana, sia noi come militari che non, dobbiamo seguire il loro esempio. Nessuno va abbandonato mai”.

Un concetto ribadito anche dal vescovo ausiliario dell’Aquila, mons. Antonio D’Angelo: “La preghiera ci fa sentire tutti fratelli. Nessuno deve essere abbandonato: ciascuno di noi deve sempre sentirsi responsabile della vita dell’altro. Se ci riconosciamo figli dello stesso Padre, sicuramente sarà più facile perché cresciamo anche nella fraternità fra di noi”.

Le celebrazioni sono poi proseguite nel piazzale antistante l’Istituto di istruzione superiore “Amedeo di Savoia Duca d’Aosta”, in via Acquasanta 5, in ricordo di Fernando La Torre, martire e studente diplomatosi al Regio Istituto Industriale,  alla presenza di una rappresentanza degli istituti superiori aquilani e delle maggiori autorità locali e prevede la deposizione di una corona.

Interpretando il sentimento di tutti gli uomini e le donne della città, l’ANPI dell’Aquila ricorderà questa straordinaria pagina di storia – che fu uno dei primissimi esempi di Resistenza armata al nazifascismo – con un omaggio alle ore 11.00 in Piazza Nove Martiri.

Nove martiri aquilani, la ricostruzione del professor Corrado Colacito

Di quell’eccidio il professor Corrado Colacito fece una rigorosa e struggente ricostruzione nel libro “Ricordo storico” (ripubblicato nel 2013 da Textus Edizioni) e le sue parole restano ancora le più belle per proteggere la memoria di quei giovinetti ed offrirla come lezione tutti i giorni ad ognuno di noi.

“Nella sua tragica semplicità – scrisse Colacito – l’episodio così commovente dei Nove Martiri illumina di vividi riflessi l’atmosfera ingloriosa di quel settembre ’43: è come una perla nel fango […] un momento di toccante umanità che vide consumare, in un attimo, il sacrificio di nove innocenti cuori giovanili ardenti di amore ideale. Non si ripeta, stolidamente, che quei “ragazzi” s’ingannarono o furono ingannati; non si dica che agirono per imprudenza e per sventatezza dovuta alla loro età, senza nemmeno rendersi conto di ciò che volevano […] soprattutto non si insulti alla loro memoria affermando che il loro sacrificio fu inutile e vano. Il fremito di rivolta che agitò quelle anime pure e generose merita ogni rispetto, ogni ammirazione.
Non si mossero, quei “ragazzi”, perché volessero sfidare un immortale destino: essi volevano una cosa molto più semplice ed umana: volevano evitare la vergogna e l’umiliazione di essere schiavi dei nuovi dominatori che calpestavano il suolo della Patria. E non si batterono come “eroi” ma come “ragazzi”: però non ve n’erano molti di “ragazzi” come loro in tutta la penisola durante quel triste frangente. Andarono essi incontro alla Libertà e incontrarono invece la morte sul loro cammino.

I Nove Martiri aquilani sono e saranno, perciò, sempre degni di compianto e onore.”

Chi erano i Nove Martiri aquilani

Bruno D’Inzillo era figlio di un colonnello dell’esercito, aveva da poco terminato gli studi liceali e desiderava iscriversi alla facoltà di Medicina. Aveva scritto una raccolta di versi dal titolo “Retoriche cosmiche”; Fernando Della Torre era originario di Sulmona e apparteneva ad una famiglia di origini ebraiche. Diplomato all’Istituto tecnico industriale, era rimasto orfano dei genitori e aveva trovato un impiego; Giorgio Scimia era uno studente dell’ultimo anno dell’istituto Magistrale e sognava di diventare aviatore; Carmine Mancini era il più caro amico di Bruno D’Inzillo e, come lui, scriveva poesie e si accingeva a iscriversi alla facoltà di Medicina; Bernardino Di Mario frequentava l’Istituto tecnico industriale, fu l’ultimo a morire poiché non venne ucciso subito dalla scarica di fucili. Anteo Alleva, classe 1926, era un apprendista carpentiere. Pio Bartolini, classe 1922, era il più grande fra i nove martiri: era un manovale. Francesco Colaiuda era di Tornimparte, classe 1925. Sante Marchetti lavorava la terra, era un agricoltore: classe 1924.

 

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