Discoteche ancora chiuse, si accettano miracoli

C’erano una volta le discoteche… Dopo 2 anni di chiusure i gestori sono allo stremo: “Siamo l’ultima ruota del carro, ci sentiamo presi in giro”.
C’è grande tensione e sconcerto: i gestori delle discoteche italiane non ne possono più. “Trattati come l’ultima ruota del carro”, è il grido unanime, anche altrove la situazione non è delle più rosee. Questa estate, i soliti “furbetti” del settore hanno aggirato le norme con le cene spettacolo, documentate sui social, dove si ballava in ogni caso, non in pista, ma al tavolo.
Imbarazzante e alienante ad esempio la situazione ad Ibiza, “l’isla bonita”, il buen retiro per amanti di discoteche e festini. A parte qualche serata sporadica, anche lì è stata un’estate con il semaforo rosso per i locali, la seconda da inizio pandemia, anche se tante sono le nazioni che hanno dato e stanno dando via libera a discoteche e festival.
L’Italia insomma resta al palo ed è probabile vi resti sino all’anno prossimo. Se i club all’aperto non hanno potuto riaprire questa estate, come pensare che possa essere diverso per i locali al chiuso? Nei Paesi Bassi si è appena stabilito che le discoteche resteranno chiuse almeno sino al 1° novembre. Altrove – bontà loro – sono invece messi molto meglio.
In Croazia invece la musica si sente, eccome: da giovedì 9 a domenica 12 settembre l’isola di Obonjan propone elrow Island con nomi altisonanti come Marco Carola, Jamie Jones, Eats Everything e Vintage Culture. La penisola croata da anni è diventata un riferimento per la musica elettronica.

Nonostante ci siano state indicazioni per cinema, stadi e teatri, il Comitato tecnico scientifico continua a decidere di non decidere, lasciando così l’intero settore delle discoteche in un limbo esasperante che ha costretto molte strutture alla chiusura (definitiva?), o a convertire appunto la propria programmazione in queste pittoresche cene-spettacolo, che hanno tanto il sapore del filmetto con Jerry Calà anni ’80, oppure trasferirsi a San Marino o ad abituarsi a sanzioni e a chiusure di cinque giorni dopo aver aperto per una scelta dettata dall’istinto di sopravvivenza.
Il Comitato tecnico scientifico ha raccomandato a tutti di continuare a usare le mascherine durante gli eventi e agli organizzatori di vigilare sul rispetto delle indicazioni.
Nulla però è stato detto sull’eventuale rimozione dell’obbligo di distanziamento, del divieto di ballare e sulla possibilità di ascoltare un concerto in piedi e gli uni vicini agli altri, come avviene in molti paesi europei. Erano queste le decisioni più attese da chi rappresenta i gestori dei locali e delle discoteche e anche dagli artisti che nelle ultime settimane avevano rivolto molti appelli alla politica per eliminare le restrizioni. Secondo molti addetti ai lavori, infatti, aumentare le capienze serve a poco.
Per adesso quindi, è stato tutto rimandato al prossimo mese, forse addirittura a dicembre. Intanto i titolari e i gestori dei locali sono sul piede di guerra e questa volta non basterà una protesta come quella dei bauli in piazza.

“La misura è colma”, ha detto Gianni Indino, presidente del Silb-Fibe, l’organizzazione leader del settore dell’intrattenimento serale e notturno: “Servono decisioni forti per ribadire la nostra contrarietà a un comportamento al limite del persecutorio nei confronti dei nostri imprenditori e dei lavoratori che vivono di questa attività. Saranno forme di protesta rumorose, di cui penso si parlerà”.
“Il rischio più che mai tangibile è quello che nemmeno stavolta, dopo ormai due anni di chiusura, le istituzioni risponderanno alle nostre istanze di riapertura. Sono fortemente deluso. Nei nostri confronti non c’è mai attenzione e ci sentiamo oltremodo presi in giro”.
All’amarezza si aggiunge anche la rabbia, perchè se tanti titolari aspettano e sperano, letteralmente, questa estate è stato un proliferare di feste e festini illegali, con assembramenti senza alcun controllo, senza alcun rispetto per le normative e le cautele per evitare i contagi.
Le discoteche devono riaprire, ma la volontà di chi questo lavoro lo fa da anni e con serietà, è quella di farlo in allegria e con la massima sicurezza, aiutati dallo strumento prezioso del green pass.
L’anno scorso, con le prime chiusure, era stato dalla parte dei colleghi anche il noto e compianto dj Claudio Coccoluto, vero leader della musica, scomparso a marzo scorso, che durante il primo lockdown aveva lanciato numerosi appelli.
Ma la musica non riesce a ripartire, che sia elettronica, house o un sempre verde liscio. A svantaggiare il settore, anche i numeri. Duccio Cantini, direttore artistico del Circo Nero Italia dal 2007, collettivo famoso di artisti che organizza party ed eventi in tutta Italia e anche in Europa, ha spiegato, intervistato dal Fatto Quotidiano, perché dopo quasi due anni i gestori delle discoteche non hanno ancora risposte.
“Siamo in pochi, 2.500 sparsi in tutta Italia. Siamo una realtà tangibile ma abbastanza piccola. Il secondo motivo è che siamo stati sempre visti come quelli del mondo notturno dai comportamenti poco trasparenti. In questo modo è molto più comodo non decidere e lasciare nell’incertezza assoluta un settore attorno al quale non c’è alcun tipo interesse politico. Non siamo nemmeno inclusi nel mondo culturale e artistico. Ci lasciano così, da soli, come l’ultima ruota del carro quando le cose si mettono male, come è successo in questo caso con la pandemia“.
“Non andremo in piazza ma c’è la volontà di tutti di riaprire lo stesso e vedere cosa succede. Rispettando chiaramente i protocolli e favorendo l’uso del green pass. Del resto le regole non sono nemmeno state molto chiare questa estate: molti locali da una certa ora in poi si trasformati in piste da ballo. È vero, sono stati multati, sono stati chiusi ma dopo cinque giorni hanno riaperto. Non c’è stata chiarezza nelle regole e non ci sono stati limiti tra chi si è comportato bene e chi si è comportato male. Le discoteche sono rimaste chiuse, questo è un dato di fatto, quindi ora siamo mossi da un grande senso di ribellione”.
“Chi è a capo di questo Governo non ha mai preso in considerazione il nostro settore – spiega, sempre al Fatto, Emiliano Milano, direttore artistico di Qi Clubbing di Erbusco (BS), una delle discoteche più famose del Nord -. All’anno tutti noi paghiamo 2 miliardi di euro di tasse allo Stato ma in compenso c’è il silenzio assoluto non solo da parte del Cts (che forse rimanda ogni decisione a dicembre) ma anche dalla politica. Siamo molto delusi anche perché ci sono in varie Regioni italiane, e lo vediamo tutti sui social, locali aperti che non rispettano le regole con la Prefettura che interpreta le restrizioni un po’ a modo suo”.
“Discoteche chiuse, ma comizi strapieni e festeggiamenti per gli Europei: non è giusto”
“Dopo il primo lockdown siamo scesi in piazza, siamo andati al Parlamento, qualche politico ci aveva promesso che avrebbero portato all’attenzione del Governo le nostre problematiche, salvo poi scoprire che ci avevano parlato solo per interesse elettorale. Nessuno ci ha risposto né chiamato. Abbiamo anche scritto ai sindacati. Nulla”. Emiliano Milano ha cercato di sopravvivere mantenendo attiva la parte del suo Club dedicata alla ristorazione. “Anche lì… Abbiamo pagato i plexiglass per la separazione dei tavoli, ma a che cosa è servito? A nulla. Poi siamo stati fermi di nuovo, poi è arrivato il green pass. Abbiamo rispettato i protocolli, non potevamo far ballare le persone. Tutto sommato sono rimasto in piedi grazie alla ristorazione ma tanti miei colleghi hanno dovuto cambiare lavoro, molte famiglie erano e sono in difficoltà. Ho solo una domanda da porre a chi ci governa: ma questo green pass a cosa serve esattamente?”.