L'editoriale

Elezioni amministrative, partita politica ad alto rischio per i leader

L'impatto delle elezioni amministrative sulla partita politica. I rischi per i leader nazionali. L'editoriale di Giuseppe Sanzotta.

L’impatto delle elezioni amministrative sulla partita politica. I rischi per i leader nazionali.

In Italia nessuna competizione elettorale, anche quella più marginale è esente da un significato politico, tanto più lo è quella che si gioca in queste amministrative. In discussione non c’è solo la guida delle maggiori città italiane, di una regione e di tantissimi comuni, ma anche la definizione degli equilibri tra i partiti, e lo stato di salute delle alleanze. Una partita delicata perché in gioco c’è la guida dei partiti. Fanno eccezione Forza Italia, il cui destino è strettamente legato a Berlusconi, i partiti personali di Renzi e Calenda che cercano solo di individuare il terreno dove spostarsi per contare in un futuro Parlamento. E fuori discussione naturalmente Giorgia Meloni.

A Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna il centrodestra ha presentato dei candidati civici, una scelta dettata dalla difficoltà di trovare una sintesi e forse anche dalla necessità di non subire un contraccolpo politico da una eventuale sconfitta. Dando per scontato, ma le sorprese sono sempre possibili quando si vota, il risultato di Bologna, possono stupire le scelte per Roma, Milano e Napoli. Nella Capitale in pista c’è Michetti, un avvocato fortemente voluto da Giorgia Meloni. Candidato, nonostante le perplessità iniziali di Forza Italia e della Lega. Forti sono state le spinte per spingere nella competizione proprio la Meloni, che invece non vuole essere della partita, puntando  alle prossime elezioni politiche: Il sogno è quello di Palazzo Chigi. È lo stesso di Salvini, che, quando marciava con il vento in poppa e con un 35 per cento di consensi, pensava fosse a portata di mano. Ora invece tutto è in discussione. Non solo, ma Berlusconi, di fatto ha bocciato le due candidature. Così c’è già chi pensa a un futuro accordo più o meno esplicito con Renzi e altre forze centriste per ricreare quel centro scomparso da tempo.

A Roma la partita è aperta, Michetti può vincere, dovrebbe andare al ballottaggio in vantaggio sul candidato rivale, molto probabilmente Gualtieri del Pd. Una sconfitta non avrebbe effetti dirompenti. A Milano il centrodestra ha dato l’impressione di non voler essere della partita, come rivale di Sala è stato scelto un medico, Bernardo, che proprio alla vigilia del voto si è lamentato per essere stato lasciato solo. Anche l’ultima manifestazione non è riuscita bene. Salvini appare più preoccupato dell’esito del confronto con la Meloni. Sarebbe uno smacco se riuscisse  a raccogliere più voti del Carroccio, proprio a Milano.

Partita aperta a Torino, tra un imprenditore, voluto dal centrodestra, e il candidato del Pd con una solida esperienza nelle amministrative.

Altra città contendibile, almeno sulla carta, poteva essere Napoli. Ma nella città partenopea Pd e 5Stelle  hanno trovato una intesa sull’ex ministro Manfredi, considerato grande favorito. Dovrà vedersela con Maresca, discusso candidato del centrodestra e con l’ex sindaco Bassolino.

In Calabria quasi scontata la vittoria del candidato del centrodestra, anche perché la sinistra si presenta divisa in tre liste.

Dicevamo però che il risultato avrà un peso politico, non tanto su Draghi, che sembra procedere senza curarsi dei contrasti nei partiti della sua maggioranza, ma sulle singole forze e sulle coalizioni.

Partiamo dalla Lega. Sembrava impossibile fino a poco tempo fa, ma adesso anche Salvini è in discussione. Lui ricorda a tutti che ha preso il partito al 3 per cento e ne ha fatto una forza nazionale. Ma quella forza che aveva nell’agosto del 2019 è un ricordo. I suoi ministri votano compatti in consiglio dei ministri,  ma lui  prende posizioni diverse. Poi si adegua, in una alternanza che rende difficile capire quale sia la linea del partito. I potenti governatori leghisti precisano che la linea, almeno sulla questione covid, la danno i presidenti di regione. Poi c’è Giorgietti che sogna un ingresso nel PPE, la sua influenza è cresciuta e in qualche modo rappresenta il malessere del Nord. Salvini ha scommesso su un partito nazionale. Il voto di domenica e lunedì sarà un responso anche su questo. Sarà un test su chi ha più voti, tra gli alleati di centrodestra. Se FdI avesse più voti in città come Milano sarebbe uno smacco. Poi come andrà la Lega a Bologna, Roma, Napoli? Senza contare gli altri comuni di cui si parla meno.  Salvini da capo indiscusso potrebbe trovarsi messo in discussione. E il suo nervosismo è accentuato anche dalla vicenda Morisi il guru mediatico. Inoltre stanno partendo i congressi locali. Un risultato negativo potrebbe dare vita a un dibattito interno impensabile fino a qualche mese fa.

E il risultato della Lega andrà sempre paragonato a quello di Fratelli d’Italia. Il partito della Meloni da tempo vola nei sondaggi, ora però si conteranno i voti. Lei comunque non rischia di essere messa in discussione. La sua popolarità è indiscutibile,  se dovesse scavalcare i rivali-alleati si candiderebbe con forza alla guida della coalizione e in caso di vittoria alle prossime politiche, alla guida del governo.

I giornali si occupano poco del Pd, ma il  voto per il segretario Letta è  un esame molto pericoloso. Si candida nel Senese, se non dovesse essere eletto sarebbe uno smacco. Non potrà intestarsi la vittoria di Sala, che ha un sostegno personale, e anche a Roma per Gualtieri si è speso  molto Zingaretti. Alla prova del fuoco c’è l’alleanza con i 5Stelle: Per ora ha portato a candidati comuni a Napoli e Bologna. Ma la tensione è evidente a Roma e Torino. Il Pd e la Raggi sono ai ferri corti. Al ballottaggio non si aiuteranno in nessun caso. Stessa cosa a Torino. Gli strascichi del voto potrebbero pesare sulla guida di Letta del partito. Del resto nel Pd i segretari si fanno e si disfanno con estrema facilità.

Chi rischia molto dal voto è Giuseppe Conte. Guida i 5Stelle, vorrebbe fare l’alleanza con il Pd, ma nello stesso tempo non può non sostenere apertamente la Raggi a Roma che, la battaglia, la fa proprio contro il rappresentante del Pd, Gualtieri. Tutti danno per scontato che i risultati elettorali  saranno estremamente deludenti. Così anche per Conte potrebbe essere arrivato il momento della resa dei conti. E la probabile mancata elezione della Raggi sarebbe un ostacolo in più. Lei potrebbe essere una delle paladine del ritorno al passato, ha un buon rapporto con Di Battista, Grillo la sostiene e si sa come tra Beppe e l’ex premier non ci siano buoni rapporti. Così in discussione entrerà il rapporto con il Pd. Una parte dei 5Stelle scommette su questa alleanza, altri l’hanno subita malvolentieri. Prevedere una scissione non è  un azzardo.

Le coalizioni politiche, quella consolidata del centrodestra e quella in divenire (centrosinistra) da lunedì non saranno più le stesse, o almeno sarà inevitabile una verifica interna. Forse nel centrodestra cambierà poco comunque, ma a sinistra il tema si proporrà con forza: o l’alleanza fa un deciso passo avanti oppure si dissolverà.

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