Suor Carla, l’angelo delle donne in strada: una casa e l’amore per uscire dalla prostituzione

25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. La storia delle donne nigeriane, arrivate in Italia inseguendo il sogno di una vita migliore e ritrovatesi in strada
“Ho conosciuto una madre che non sapeva abbracciare sua figlia. Le donne che non hanno mai ricevuto amore, non possono sapere cosa sia l’amore veramente. Non usiamo questa parola a caso, usiamola solo se sappiamo riempirla”.
Si potrebbe scrivere “si celebra”, ma in un anno in cui in Italia si registrano 89 donne ogni giorno vittime di violenza, c’è ben poco da celebrare. Colorare le proprie foto profilo di rosso, postare scarpe rosse sui social e inaugurare panchine, purtroppo, non può bastare.
La violenza contro le donne è tuttora una piaga costante nella società. C’è anche quando non si vede, né si sente.
In mezzo a tante storie di femminicidio che indignano l’opinione pubblica, smuovono la coscienza collettiva, ma poi diventano un nome e un numero in più su una lista sporca di sangue e vergogna, oggi vogliamo raccontarvi una storia che la violenza l’ha spazzata via – e continua a farlo – partendo dalla strada e arrivando in una casa calda e confortevole, ad Avezzano, nei locali dell’Istituto Sacro Cuore di Gesù.

La storia delle donne nigeriane, condotte in Italia con la speranza di una vita migliore e buttate per strada a prostituirsi.
Protagonista di questa storia è Suor Carla Venditti, religiosa delle Apostole del sacro Cuore di Gesù, che da oltre sei anni salva ragazze giovanissime avviate alla prostituzione. Suor Carla va a cercare le ragazze per strada, lì dove sa che si troveranno per compiere il loro lavoro. Un lavoro mai scelto in libertà.
Una volta trovate le ragazze, iniziano i primi contatti con loro: contatti che diventano confidenze, vicinanza, amicizie. Così, alcune ragazze scelgono di cambiare la propria vita, abbandonando la strada. Per loro c’è Suor Carla, che le porta a rifugiarsi nell’Oasi Madre Clelia. Con il tempo, questo posto – una casa come tante, una cucina, le stanze da letto, il bagno – diventa molto più che un rifugio:
“il luogo dove queste giovani donne possono riprendere in mano la propria vita, circondate da affetto, premure, impegnate in laboratori e attività ricreative, conoscendosi, condividendo sorrisi e speranze. Fin quando non saranno pronte per ripartire dal mondo“.
Quella di Suor Carla, raccontata alla nostra redazione, è una vera e propria missione, che non si ferma mai e che il Covid ha solo ostacolato. La forza di volontà e lo spirito sono più forti di tutto e l’aiuto non si ferma.
“Attualmente in casa ad Avezzano ospitiamo tre ragazze e una bambina di 5 mesi, figlia di una di loro. Averla in casa è un qualcosa di stupendo. A fine maggio è andata via un’altra giovane che ha sposato il suo fidanzato, dal quale ha avuto un bellissimo bambino. Nella casa a disposizione, ospitiamo queste creature fino a quando loro non si sentono pronte ad affrontare il mondo. C’è sempre un momento giusto, ma non bisogna affrettare le cose. Bisogna attendere che ciascuna ritrovi la necessaria serenità o, in alcuni casi, che questa serenità venga addirittura trovata per la prima volta. Una delle ‘nostre ragazze’, ad esempio, ha quattro figli lasciati in Nigeria ed ha tanta paura addosso. Una volta mi ha confessato che non avrebbe mai creduto di incontrare, nella sua vita, anche una sola persona disposta ad aiutarla. È difficile, soprattutto gli inizi…ci ritroviamo davanti ragazze spaesate, terrorizzate“.
Donne, la strada alle spalle
La vera missione, una volta in cui la strada è lontana, è allontanare quella stessa strada dalla loro mente e dal loro cuore.Perché i km non bastano, non sono mai sufficienti. Anche se da Roma – da via Togliatti in particolare – si valica il confine d’Abruzzo, arrivando in centro ad Avezzano. Finalmente tra le pareti di una casa, senza l’ombra di sfruttatori.
“Al principio loro non ci conoscono e noi non le conosciamo. E vediamo soltanto il superficiale. Ma la verità è che bisogna togliere tanta scorza prima di arrivare al punto: la verità dei loro sentimenti non è ciò che si vede fuori, ma ciò che sta dentro. Per noi tutto questo è una crescita continua. Ci spogliamo di qualsiasi mentalità. Bisogna svuotarsi per far posto a qualcosa di nuovo che, all’inizio, fa paura. Abbiamo sentito questo desiderio di Dio di aprire una casa, ma in modo diverso… di aiutare queste creature in modo diverso. Un aiuto completamente disinteressato, senza mai aspettarsi qualcosa in cambio. Quando ci chiediamo: ‘Ho fatto tanto e poi’ bisogna pensare in modo alternativo. ‘Ho fatto tanto?’ ‘Sì’, punto. Del resto, solo quando finalmente vediamo che loro stanno bene, stiamo bene anche noi. Perché vediamo queste ragazze sorridere e i loro sorrisi erano mancati per tanto tempo. Troppo”.
La scoperta dell’amore
La ragazza ospite dell’Oasi Madre Clelia che ha avuto una figlia, oggi, bacia la sua bambina e la chiama ‘Amore’. Un sentimento che per lei e per tutte le ragazze accolte costituisce un’esperienza assolutamente nuova. L’amore per loro era una qualcosa di sconosciuto, perché non sono mai state amate: almeno non prima di arrivare da noi. La nostra opera, quindi, è una sfida continua che ruota tutta intorno all’amore. Un termine troppo svalutato, che bisogna tornare a riempire di gesti, fatti, azioni“.
Intanto la missione non si ferma.
“Noi continuiamo a uscire di notte per cercare queste ragazze, nonostante le zone in cui si concentra la nostra opera stiano diventando sempre più complicate da individuare. Molti mi chiedono come mai riusciamo ad avvicinarci proprio alle giovani nigeriane. Abbiamo tentato più volte di avvicinare altre ragazze in strada, di diverse nazionalità, ad esempio provenienti dall’Europa dell’est, ma è sempre stato impossibile avere contatti con loro. Invece, le ragazze nigeriane si lasciano avvicinare e noi lo facciamo senza alcun timore. Più passa il tempo, però, e più facciamo fatica a trovarle: temo molte di loro vengano collocate all’interno di case chiuse. Ma noi non ci fermeremo”.
La missione Oasi Madre Clelia riesce a garantire vitto e alloggio alle giovani grazie a donazioni private e lavoretti artigianali realizzati dalle stesse ragazze e venduti nei mercatini in città. Suor Carla, anche in questo caso, è coinvolta in primo piano: nella veste di autrice, scrive e pubblica alcuni racconti, i cui proventi vengono destinati proprio all’acquisto di beni di prima necessità per le giovani. In uscita un nuovo libro, dal titolo emblematico Il prezzo della mia pelle. Inoltre, un nuovo mercatino è in programma per il 4 dicembre ad Avezzano. (Clicca qui per aiutare la Missione Oasi Madre Clelia)
Aiutare queste ragazze, acquistando il libro, potrà essere importante per le giovani ospitate ad Avezzano e per quante potranno arrivarvi, un domani. Neanche questa realtà, infatti, è rimasta indenne dalle conseguenze della pandemia, anche se
“abbiamo cercato di trarne quanto di buono abbiamo potuto. Stare chiuse in casa, sempre insieme, giorno dopo giorno, ha cementato ancor di più il nostro legame. Le ragazze hanno visto la brusca interruzione di tutti i loro tirocini formativi. Quindi, abbiamo reinventato la nostra vita, le mattine, i pomeriggi… Così come hanno fatto le famiglie coi propri bambini. Oggi possiamo dire di essere ancora più unite”.
Ed è per storie come questa che ogni giorno dovrebbe essere 25 novembre.