Violenza sulle donne: “Il silenzio fa sembrare tutto normale, parlatene!”

25 novembre 2021 | 06:07
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Violenza sulle donne: “Il silenzio fa sembrare tutto normale, parlatene!”

L’AQUILA – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, l’intervista alla dottoressa Rosalba Angeloni, Dirigente della Divisione Anticrimine della Polizia di Stato presso la Questura dell’Aquila: “Non bisogna isolarsi, il silenzio fa sembrare tutto normale”.

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“Il consiglio che posso dare è quello di confidarsi, parlarne con chiunque, Polizia, i Carabinieri, un centro antiviolenza, un assistente sociale, ma anche con un’amica, un familiare, chiunque possa ascoltare. L’importante è non chiudersi nel silenzio, in rassegnazione, perché nel silenzio può sembrare tutto normale, anche quello che di normale non ha proprio niente“. Nella Giornata internazionale per  l’eliminazione della violenza contro le donne, la dottoressa Rosalba Angeloni, Dirigente della Divisione Anticrimine della Polizia di Stato presso la Questura dell’Aquila, al microfono del Capoluogo.it sottolinea come il rischio di “banalizzare” atteggiamenti violenti – che sia violenza fisica o psicologica – arrivi soprattutto quando subentrano silenzio e rassegnazione, fattori che non risolvono il problema, ma anzi lo portano a più gravi conseguenze.

“Il fenomeno – spiega la dottoressa Angeloni – nel periodo del lockdown da Covid 19 sembrava più compresso, ma non è possibile escludere che tra le mura domestiche sia continuato, senza che le vittime denunciassero. D’altra parte, molte donne cercano aiuto, ma preferiscono evitare la denuncia formale; parlano con assistenti sociali, centri di ascolto, ma il momento del passaggio successivo viene ancora vissuto con difficoltà. È comprensibile, ma l’importante comunque è non tenersi tutto dentro, perché parlandone, prima o poi l’aiuto arriva. Se non si parla, le forze dell’ordine possono intervenire solo quando c’è un reato perseguibile d’ufficio, come una violenza acclarata”.

La violenza, però, non è solo quella fisica: “Quella lascia i segni sul corpo che, quando non si arriva al femminicidio, possono guarire anche in poco tempo. Quelle che sono più difficili da guarire sono le ferite psicologiche, che restano nel profondo e non vengono nemmeno viste, se le vittime non parlano e non denunciano, con il rischio che poi arrivino comunque anche quelle fisiche”.

Situazioni delicate e sommerse che rendono il lavoro delle forze dell’ordine piuttosto complesso, ma “alla fine la rete si stringe; ci impegniamo costantemente e certamente dobbiamo migliorare in molte cose, ma se si parla l’aiuto arriva”. In Questura è anche presente una sala d’ascolto protetta, la “Sala Erica”, attiva dal dicembre del 2014 e realizzata dall’allora Questore dottor Vittorio Rizzi: “È un luogo dove gli operatori della Squadra Mobile possono ascoltare le vittime di violenza in un ambiente confortevole e rassicurante. Quando scatta il Codice Rosso possono intervenire gli psicologi attivati dalle Asl, ma anche la Questura ha in assegnazione uno psicologo“. Uno psicologo al servizio delle vittime di violenza, ma non solo: “È una tipologia di reato che mette a dura prova anche noi poliziotti; vedere quelle ferite sul corpo delle donne, andare su certe scene del crimine… non è facile”.

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Non bisogna quindi sottovalutare o tacere alcun tipo di violenza o sopruso, sia quelle che possono far scattare i provvedimenti amministrativi direttamente dalla Questura, come quello dell’ammonimento, a quelli più gravi che necessitano di un provvedimento del giudice, come il divieto di avvicinamento. Nell’immediatezza di azioni violente in atto interviene direttamente la Polizia, anche in assenza di denuncia, che resta tuttavia fondamentale in tutti quei casi sommersi.

Ad ogni modo, è essenziale – quindi – non vergognarsi nel chiedere aiuto, per nessun motivo. “L’importante è non isolarsi e non scoraggiarsi se non si trovano immediatamente le persone giuste a cui rivolgersi”.