Cultura

Le nuove stanze della poesia, Giosuè Carducci: Davanti San Guido

Il commento alla poesia di Carducci "Davanti San Guido" per l'appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia a cura di Valter Marcone.

 

Nella puntata precedente ho trascritto il testo della poesia di Giosuè Carducci “Davanti San Guido” e in questa voglio commentarla.

Le nuove stanze della poesia, “Davanti San Guido” di Giosuè Carducci

La poesia racconta un viaggio in treno compiuto dallo stesso Giosuè Carducci per tornare a Bologna. Durante il viaggio, nel cuore della Maremma toscana, il poeta rivede i luoghi dell’infanzia, con i cipressi alti e schietti che dall’oratorio di San Guido vanno a Bolgheri ‘in duplice filar’.

Il lungo viale dei cipressi,la loro visione evocata con quei due attributi alti e schietti, in realtà diventa per Carducci in questa composizione, una sequenza altrettanto lunga che contiene i ricordi della fanciullezza, in cui il passato si identifica con l’immagine quasi romantica di Nonna Lucia (la nonna paterna del poeta alla quale egli era particolarmente legato e che è sepolta nel piccolo cimitero di Bolgheri).

Ricordi di un passato che si contrappone al presente e quindi al viaggio del poeta verso Bologna, dove l’aspetta la Tittì, la sua bambina “ che non mangia bacche”. Il treno inesorabilmente continua rapido il suo percorso e la tentazione di ritornare indietro è solo nostalgia e ricordo .

Davanti San Guido è un’ode che porta la data di composizione del dicembre 1874, ma sappiamo da fonti autorevoli e vicine al poeta come a quella data ne avesse scritte solo le prime venti strofe, lasciando la poesia interrotta fino all’estate 1886, quando a Caprile la terminò, nel corso di un soggiorno alpino. L’ispirazione per completare la poesia probabilmente gli venne da una visita a Castagneto, dove aveva trascorso l’infanzia. Fu pubblicata nella raccolta Rime nuove (1887).

È un dialogo tra il poeta e i cipressetti della sua infanzia che lo invitano a fermarsi. A sostare un attimo come faceva tanto tempo prima quando tra l’altro giocava a tirar sassi contro la loro corteccia.

Ma non è più quel tempo, lui è diventato adulto: sa tante cose, il greco e il latino, e ormai è diventato famoso, anche se non è come quei letterati che sono diventati ricchi imitando Manzoni. I cipressi ondeggiano dubbiosi, hanno appreso dal vento le pene del poeta e lo invitano a fermarsi. Si può fare a meno della sua erudizione che appunto gli ha dato solo ansie e patimenti mentre con loro, restare con loro significherebbe riappropriarsi di una felicità fatta di: voli degli uccelli al tramonto, azzurro del mare, i cavalli che si strusciano all’ ombra delle querce mentre le Ninfe e Pan.

Il treno continua inesorabilmente la sua corsa e il poeta prega i cipressi di lasciarlo tornare dalla sua famiglia, dalla figlia Titti che lo aspetta, ma i cipressi insistono, gli ricordano la nonna sepolta nel cimitero di Bolgheri che gli raccontava la favola della principessa costretta a girare il mondo per ritrovare il suo principe azzurro. Un sogno dentro un incantesimo o un incantesimo dentro un sogno che mai si sciolgono incatenati come sono l’uno all’altro.

E’ lo stesso sogno che il poeta ha cercato per tutta la vita e che forse troverà solo all’ombra dei cipressi e dentro l’urna (Foscolo e Leopardi furono letti assiduamente da Carducci) in una pace che solo l’immagine, nella poesia Davanti San Guido, di un animale quieto e paziente come l’asino può dare con quel suo continuare imperturbabile a mangiare un cardo rosso e turchino e che è il simbolo dell’ indifferenza della natura alle pene degli uomini.

Riassumere le vicende della vita di Carducci non è impresa facile perché la vita di questo poeta si dispiega con una quantità e una varietà di esperienze alcune delle quali restano indescrivibili. Si può solo per tappe dire che dopo gli studi quasi da autodidatta, il conseguimento della laurea, il periodo di insegnamento per così dire in una scuola superiore e poi all’Università di Bologna per decenni fino al momento della assegnazione del Premio Nobel per la letteratura restano vorticosamente alcuni altri punti fermi.

Come l’amore per la famiglia: il matrimonio il 7 marzo 1859 con Elvira Menicucci, figlia di Francesco Menicucci e figliastra di Anna Celli, sorella della madre Ildegonda, dalla quale avrà due figli e tre figlie: (Francesco morto dopo pochi giorni dalla nascita, Dante morto a soli tre anni (1870), Bice, Laura e Libertà, “comunemente” detta Tittì) con un breve soggiorno nella casa di Borgo Ognissanti, e poi, due mesi dopo, in via dell’Albero.

I suoi corsi universitari con decreto del 26 settembre 1860 alla cattedra di Eloquenza italiana, in seguito chiamata Letteratura italiana presso l’Università di Bologna, dove rimarrà in carica fino al 1904. Con un programma prevedeva lo studio della letteratura italiana prima di Dante continuato poi nel secondo anno con un corso su Petrarca, mentre riteneva non staccarsi per molti anni dall’approfondimento della triade portante – Dante, Petrarca, Boccaccio – della letteratura italiana.

E poi la sua passione politica e la sua passione per una donna fuori dal matrimonio e infine quel suo “Inno a Satana”. Insomma gran parte della sua vita confluisce nelle sue opere: l’amore per la Maremma, i lutti familiari, gli studi classici,l’amore per la patria , le aspirazioni politiche. Con una grande rivoluzione metrica nelle sue composizioni i cui versi imitano e adottano il ritmo e l’accentuazione del verso latino .

Vedasi nel quarto libro dal titolo Primavere Elleniche in cui viene messa in luce la bellezza classica, armoniosa e statuaria, quasi fuori dal tempo; modelli di questa sezione sono i poeti classici Virgilio e Orazio.Modelli che adottati anche da poeti moderni come Foscolo (soprattutto delle Grazie) e Leopardi.

Con la pubblicazione delle Rime Nuove nel 1883 conquistò la fama di poeta nazionale e diventò un punto di riferimento insostituibile per le vicende culturali e politiche italiane. Nel 1890 fu nominato senatore a vita. Nel 1891 con una dichiarazione di credo politico e di fede ideologica assunse il ruolo di poeta nazionale, dichiarando apertamente il suo credo politico e ideologico (nel quale si intrecciavano sentimento patriottico, forza, schiettezza e classicismo).La sua dunque una visione laica del mondo, il classicismo, il purismo linguistico, il nazionalismo culturale; per questo nutrì la sua formazione della lettura di Parini e Alfieri, Monti e Foscolo, risalendo, poi, fino a Dante e Petrarca.

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