Cultura

Le nuove stanze della poesia, La notte santa di Guido Gozzano

"La notte santa" di Guido Gozzano per l'appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia, a cura di Valter Marcone.

Siamo ormai giunti alla quarta settimana di Avvento, il tempo che la Chiesa dedica all’attesa e alla preparazione del Natale di Gesù.

In questo nostro percorso, iniziato con “Le ciaramelle” di Giovanni Pascoli, non poteva mancare “La notte Santa” una poesia di Guido Gozzano. Una poesia che negli anni di scuola ci chiedevano di mandare a memoria , cosa non sempre facile soprattutto per la sua lunghezza.

Ma quelli erano anni delle nostre vite e tempi in cui l’esercizio della memoria era una costante tra gli esercizi che la scuola ci proponeva ,( un altro erano i compiti a casa per esempio o la coniugazione di un verbo in tutti i modi e i tempi e anche in modo scritto ) come strumenti di una formazione che qualche volta privilegiava “la testa piena” piuttosto che “la testa ben fatta”.Ma il discorso ci porterebbe da altra parte. Perchè a questa poesia di Guido Gozzano che trascrivo voglio dedicare lo spazio di questa puntata pre-natalizia de Le nuove stanze della poesia .

– Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell’osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.

Il campanile scocca
lentamente le sei.

– Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po’ di posto per me e per Giuseppe?
– Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe

Il campanile scocca
lentamente le sette.

– Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
– Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.

Il campanile scocca
lentamente le otto.

– O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
– S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno
d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.

Il campanile scocca
lentamente le nove.

– Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
– Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…

Il campanile scocca
lentamente le dieci.

– Oste di Cesarea… – Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell’alta e bassa gente.

Il campanile scocca
le undici lentamente.

La neve! – ecco una stalla! – Avrà posto per due?
– Che freddo! – Siamo a sosta – Ma quanta neve, quanta!
Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…
Maria già trascolora, divinamente affranta…

Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.

È nato!
Alleluja! Alleluja!

È nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d’un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaje
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!

Non sete, non molli tappeti,
ma, come nei libri hanno detto
da quattro mill’anni i Profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill’anni s’attese
quest’ora su tutte le ore.
È nato! È nato il Signore!
È nato nel nostro paese!
Risplende d’un astro divino
La notte che già fu sì buia.
È nato il Sovrano Bambino.

È nato!
Alleluja! Alleluja!

La notte Santa è una poesia che Guido Gozzano ha scritto nel 1914, ed è destinata ai bambini.

Guido Gozzano nasce a Torino nel 1883 e a Torino muore nel 1916. .Frequenta le lezioni di letteratura italiana di A. Graf, entra in contatto con un gruppo di letterati e artisti (C. Calcaterra, G. Cena, C. Chiaves, G. Gianelli, S. Gotta, A. Momigliano, F. Pastonchi, E. Thovez, M. Vugliano) aperti alle novità europee e ostili al dannunzianesimo imperante, in nome di un ideale di solo apparente moderazione borghese che sarebbe approdato alla poesia “crepuscolare”.

Dopo aver rinnegato l’originale infatuazione proprio per D’Annunzio ,Gozzano come dice la sua biografia sul dizionario Treccani impersona : “una poetica sempre tributaria dell’estetismo, nutrita fino all’eccesso di letteratura e impegnata a definire i proprî problematici rapporti con la tradizione.

Ma, se autentica è la ripugnanza per le “nauseose” formule magniloquenti della vena patriottica e superomistica di D’Annunzio, meno alla lettera va intesa la condanna di un tipo intellettuale, con il quale il dandy G., lettore di Schopenhauer e Nietzsche, evidentemente si identifica e del quale anzi riesce a riscattare sul piano umano e sentimentale lo scetticismo, cogliendone la drammaticità e le moderne implicazioni letterarie. “

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