Politica

La partita del Quirinale si intreccia con la sorte del Governo e della legislatura

Come influisce la scelta del nuovo "inquilino" del Quirinale sulla sorte del Governo e della legislatura. Politica chiamata alla verifica.

Come influisce la scelta del nuovo “inquilino” del Quirinale sulla sorte del Governo e della legislatura.

La politica guarda al Quirinale. I partiti e i leader  sembrano parlare solo di quello, con due obiettivi condivisi: la scelta deve essere largamente condivisa e la legislatura può continuare anche dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Sembrerebbero i due presupposti che in teoria potrebbero portare Draghi al Quirinale. Una eventualità che, forse per la prima volta sembra interessare molto anche all’estero. Lo dimostra il fatto che l’Economist qualche giorno fa è intervenuto per auspicare la conferma di superMario a Palazzo Chigi. Una garanzia di stabilità e di proseguimento dell’azione giudicata positivamente dal giornale. Risponde a questo invito il Financial Times con una tesi opposta: meglio Draghi al Quirinale per sette anni che al governo per solo un anno. E questo, in fondo, è il quesito che circola nei palazzi romani.

Draghi alla guida dell’esecutivo è garanzia di stabilità in  una fase delicata per la pandemia e per la ripresa economica. Anche perché è difficile tenere unita una maggioranza così. Lo si vede al Senato dove si discute da giorni sulla manovra di bilancio. Per  approvare il tutto entro i 31 dicembre al fine di evitare l’esercizio provvisorio, il Parlamento dovrà lavorare giorno e notte lasciando poco o niente spazio al confronto. Tutto questo nonostante l’autorevolezza del presidente del Consiglio. Se è difficile ora mettere d’accordo i partiti, si può immaginare cosa accadrebbe senza Draghi. Ne sono consapevoli un po’ tutti, tanto che da più parti ormai si lavora a ricercare un nome alternativo. Non che Draghi sia fuorigioco, ma, come sottolinea il presidente del Veneto Zaia, allora l’accordo dovrebbe essere totale e l’elezione dovrebbe avvenire già alla prima votazione, dove servono i due terzi dei grandi elettori (deputati, senatori e rappresentanti delle regioni).  Ma dopo? Ormai è chiaro che, salvo Giorgia Meloni, nessuno spinge per il voto anticipato.  Tutti cercano invece di avere un ruolo nella scelta di un candidato presidente. Lo fa anche Giorgia Meloni che sembra abbia sondato Letizia Moratti (ex ministro, ex presidente Rai, ex sindaco di Milano e ora assessore in Lombardia) per verificare la disponibilità a concorrere per il Quirinale. Una mossa che forse non è piaciuta molto a Berlusconi, che  vorrebbe una prova di lealtà del centrodestra nel sostegno a una sua candidatura. È chiaro che sia Salvini che Meloni sanno bene che quel nome non sarà accettato a sinistra, ma sganciarsi subito sarebbe un affronto e Berlusconi ha lasciato capire che avrebbe delle conseguenze. Così a destra si procede in ordine sparso, con Salvini che avvia delle personali consultazioni, con Berlusconi che, attraverso i suoi fedelissimi,  sta  lavorando per  la sua candidatura. Una riunione comunque è prevista prossimamente.

Con il passare dei giorni, come detto prima, si è rafforzato il partito che vuole portare la legislatura alla scadenza naturale. Non solo per opportunismo, molti dei parlamentari sanno che non saranno rieletti, ma anche perché nel Paese si moltiplicano le spinte perché si vada avanti. Il mondo imprenditoriale, in particolare non vuole scossoni politici mentre si segnala una ripresa della produzione dopo anni di crisi. Una crescita importante sottolineata dalla stessa von der Leyen. Così si torna al quesito, nonostante tutto questo, nonostante le affermazioni di non voler anticipare il voto, senza Draghi c’è qualcuno che potrebbe guidare un governo sostenuto da una maggioranza così variegata?  Se la risposta corale fosse affermativa, la soluzione per il Quirinale sarebbe scontata. Ma chi può offrire questa garanzia? Oggi tutti appaiono moderati nei toni, le polemiche sono di bassa intensità, appare la volontà da parte delle maggiori forze di collaborare. Ma è certo che continuerà così, che sarà così anche dopo la scelta del Capo dello Stato?  Sicuramente Draghi, per la sua autorevolezza, rappresenta un freno ai partiti nella politica di governo. Chi potrebbe avere la stessa forza nel sostituirlo se dovesse cambiare palazzo? Per questo la discussione sul candidato per il Quirinale e eventualmente su quello per palazzo Chigi si intrecciano. Così i nomi ai nastri di partenza sono sempre gli stessi, con  le percentuali di probabilità che cambiano di ora in ora per effetto di qualche dichiarazione o di qualche sensazione. Alla prova sono messe invece, anche ora, le alleanze e talvolta la stessa stabilità interna dei partiti. Del centrodestra abbiano parlato. A sinistra c’è chi si interroga, nel Pd, se sia il caso di proseguire sulla strada voluta da Letta di un avvicinamento  ai 5Stelle. Questo perché il movimento fondato da Grillo è in grandissima difficoltà. Quasi sparito nelle ultime amministrative, è in picchiata in tutti i sondaggi dopo aver perso per dimissioni ed espulsioni una buona fetta di parlamentari. Conte resterà in sella? E Di Maio che ruolo avrà nel movimento?  Le difficoltà potrebbero accentuarsi con  il candidato per l’elezione del capo dello Stato. Il nome eventualmente concordato andrà bene a tutto il movimento? E se per caso fosse Cartabia che ha cambiato la riforma grillina sulla Giustizia, i 5Stelle la voterebbero? Così la scadenza di fine gennaio per l’elezione del capo dello Stato diventa, una importante occasione di verifica per la politica italiana.

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