Doralice Lanzi, 105 anni pieni d’amore e buoni sentimenti

Siamo andati a trovare una nonnina speciale, Doralice Lanzi, che a 105 anni, ha attraversato 2 secoli con fede e amore. L”intervista del Capoluogo.
Doralice Lanzi ha il profumo delle nonnine di una volta: quelle che si passavano la brillantina Linetti sulla crocchia, che lavavano il viso con la saponetta, senza troppi belletti, che preparavano sagnette e fettuccine per un esercito, senza stancarsi mai.

Doralice Lanzi ha attraversato 2 secoli: nata il 15 gennaio del 1916 a Cerchio, vedova dal 1993, ha vissuto prima su via Garibaldi, dentro Palazzo Masciocchi, dopo il terremoto al progetto case di Preturo per poi tornare nel cuore storico della “sua” città, a via Sant’Amico, accudita dall’amorevole figlia Felicita.
Quando ha compiuto 100 anni Collarmele le ha fatto festa; il sindaco le consegnò una targa a ricordo e ci fu un rinfresco al centro anziano diurno. Lei, ovviamente, ricorda tutto di quella emozionante giornata e non solo.
La sua è stata ed è una vita semplice e tranquilla, fatta di eventi personali che si sono intrecciati con quelli storici, di periodo molto importanti.Nata giusto un anno dopo il terribile sisma che ha devastato la Marsica, sua terra d’origine, ha convissuto ed è stata testimone di crisi, rinascite, guerre, cambi di governo.
La longevità di questa nonna è un dono prezioso, lucida testimone di tempi passati e irripetibili. Sostenuta da sempre da una fede incrollabile, dopo aver lavorato tanto per la sua famiglia, oggi trascorre le sue giornate al caldo, in poltrona, pregando, ascoltando la musica con la cuffie, ricordando i tempi andati o guardando la televisione, con un occhio sempre alle ultime notizie, per rimanere sempre aggiornata e “sul pezzo”.
Siamo andati a trovarla e ci ha aperto le porte della sua casa e del suo cuore, per farci gli auguri di Natale e festeggiare la sua longevità.
Testimone della memoria storica del territorio, è una di quelle figure che non vanno dimenticate. Con il Capoluogo c’era Marcello Di Giacomo, che da sempre cerca di tramandare e lasciare memoria tangibile dei ricordi di un tempo.

Nonna Doralice non ha grossi segreti e potenti elisir di lunga vita: “Mi sono sempre data da fare per la mia famiglia. Ero l’ultima di 12 figli, quando sono nata c’era la guerra e c’era tanto da fare. Papà era di Greccio, nel reatino, e aveva avuto 2 mogli. Dalla prima erano nati 5 figli e da mia mamma 7. Poi è arrivata la spagnola, ricordo gli amichetti di allora che non ce l’hanno fatta. Fu un dolore atroce, come adesso a causa del Covid”, dice al Capoluogo.
La signora Doralice in ogni caso non ha paura, ora come allora.”Dobbiamo stare attenti, bisogna fare quello che ci dicono, ma state tranquilli, che tutto passa e fidatevi se a dirvelo è una che ha visto 2 guerre!”.
Lei che ne ha viste tante, che ha assistito a 2 guerre mondiali e a tani cambiamenti, si trovava a L’Aquila nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, quando ci furono i bombardamenti che rasero al suolo la Zecca.
“Quel giorno doveva essere di festa. Era l’8 dicembre e avevamo messo il cappotto buono per incontrarci con la famiglia. Mia sorella si trovava dalle parti della zecca perchè lavorava in banca e per fortuna riuscì a scappare. È passata una vita, ma certe cose non si dimenticano!”.

Si è sposata molto giovane con Michele Mostacci, scomparso nel 1993. Nel 1946 la famiglia fu allietata dall’arrivo di Felicita. “Purtroppo a dispetto di una famiglia d’origine molto longeva e numerosa non ho avuto altri bambini, ma sono stata tanto male, mi avevano dato per spacciata”.
La signora Doralice infatti nei primi anni ’50 è stata ricoverata per circa 6 mesi all’ospedale dell’Aquila. Si pensava che non ce la facesse, e invece il professore Gianfranco Natali la salvò.
“Non dimenticherò mai le cure amorevoli che ho ricevuto in quel periodo dal professore”, ricorda – che è stato una vera e propria istituzione per la sanità aquilana e nazionale”. Il professor Natali, scomparso nel 1993, ha diretto per anni il reparto di Medicina-Patologia Speciale Medica del vecchio ospedale San Salvatore.
Da allora sono passati tanti anni, ha accudito la famiglia, la sua e quella di origine, facendo tutto in casa. “Non ci dobbiamo dimenticare come si fa il pane. Oggi tante donne non vogliono più fare i mestieri di casa. Sono cose importanti, davanti un buon piatto di fettuccine o a con una fumante pasta e fagioli, si dissolvono anche i litigi più brutti!”.
“Volersi bene non costa nulla: praticate sempre i buoni sentimenti. Passate un buon Natale, in armonia e letizia, senza odio e rancore”. Con questo augurio, il più bello, ci salutiamo, con la promessa di esserci di nuovo il 15 gennaio, per aiutarla a spegnere 106 candeline.
Grazie nonna Doralice: buon Natale anche a te dalla redazione del Capoluogo!
La video intervista a Doralice Lanzi