Il menù di Capodanno del Capoluogo: dall’Abruzzo alla Puglia quello che non può mancare in tavola

Menù di Capodanno: pittule pugliesi o scrippelle ‘mbusse? Concludiamo il 2021 con le ricette e le tradizioni della redazione del Capoluogo!
In tante città sono stati proibiti veglioni di Capodanno e festeggiamenti in piazza, per contenere i rischi di assembramenti e contagi, ma nulla vieta di chiudere questo 2021 molto difficile per tutti, festeggiando in famiglia, nella propria bolla affettiva.
Il menù del cenone di Capodanno rischia di essere fonte di stress davanti a parenti amici dai gusti e dai palati differenti: chi vorrebbe un menù di Capodanno vegetariano, chi vorrebbe un menù vegano, chi non rinuncerebbe mai ai piatti della tradizione.
Quindi, non solo lenticchie e cotechino: antipasti, primi, secondi e dolci per un menù di Capodanno che strizza l’occhio alla Puglia, terra d’origine del nostro Stefano Germinal.
Cominciamo dagli antipasti: in Puglia non possono mancare questa sera le “pittule“, palline fatte con la pasta della pizza e poi fritte. In Abruzzo in tante case questa sera si cucinerà invece il baccalà fritto in pastella o semplicemente passato nella semola prima di tuffarlo nell’olio bollente.
“Per me il baccalà ha il profumo dei ricordi. Mia nonna cominciava da qualche giorno prima: lo metteva a bagno, cambiando spesso l’acqua per togliere il sale e ammorbidirlo, in modo da poter togliere più facilmente la pelle. Il pomeriggio del 31 anche noi bambini eravamo addetti alla frittura, che poi finiva sempre con un assaggino. La padella era sempre la stessa, alta, spessa. Nonna usava l’olio di oliva, ne metteva in abbondanza. Negli anni abbiamo provato a ripetere la stessa ricetta, ma il sapore è cambiato. Il baccalà di mia nonna era condito con l’amore. Loredana”.
Sempre in Puglia, sulla tavola di Capodanno, ci sono le rape affogate o “nfucate“, una ricetta tipica della cucina salentina, un piatto povero che deve le sue origini alla tradizione contadina, quando si mangiavano quasi esclusivamente le verdure coltivate sul proprio terreno.
Una tradizione, che avvicina due terre come l’Abruzzo e la Puglia in cui, tante ricette affondano le radici proprio nel mondo rurale: piatti poveri, semplici, preparati con pochi ingredienti e come facevano le nonne. Le rape ‘nfucate sono un contorno dal sapore estremamente deciso, perfette per accompagnare piatti di carne arrostita o semplicemente da mangiare così accompagnate da un buon pane casereccio.
Dalle rape passiamo ai primi: spaghetti con le alici e la mollica di pane raffermo, oppure con il sugo di tonno, piatti semplici, ma saporiti.
Qualcuno nel menù di Capodanno omette il primo perchè il giorno dopo, per il pranzo del primo gennaio, ha preparato il brodo di carne, da mangiare con le nostre tipiche “scrippelle”, proprio come accadrà in casa Falci – Fasciani.
Le scripelle ‘mbusse sono un piatto tipico della tradizione teramana, l’equivalente abruzzese delle crepes. Si tratta, infatti, di sottilissime frittatine a base di farina, acqua ed uova, che vengono “mbusse”, ossia bagnate in brodo. La storia di questo piatto è molto antica, collocabile nel primo decennio dell’800. Le scrippelle nascono dall’inventiva del teramano Enrico Castorani, assistente del cuoco addetto alla mensa degli ufficiali francesi di stanza a Teramo.
La loro versione ‘mbusse, ossia bagnate in brodo, sarebbe stata inventata appunto da Enrico Castorani. Al posto del pane il cuoco francese era solito servire ai commensali le crepes, ritenendole più gradite e appetibili dell’umile e rozzo pane di granoturco e del pane nero prodotti in quel periodo di carestia. Per un caso fortuito, o per meglio dire, per un fortuito incidente, un vassoio di crepes che Messer Enrico Castorani stava preparando, cadde in un recipiente colmo di brodo. Non sapendo come rimediare, e con una particolare prontezza di spirito, pensò bene di servire, al posto della minestra, quel miscuglio di crepes e brodo di gallina che piacque a tutti i commensali.
“Scrippelle ‘mbusse: grande tradizione abruzzese, sulla nostra tavola non possono mancare, durante la cena del 31 o, più spesso, nel pranzo del primo dell’anno”, spiega il nostro capo redattore Eleonora Falci.
“Hanno per me il sapore dell’infanzia, o meglio, della ‘Sora Francesca’. Francesca era una nostra vicina di casa e amica di famiglia, grande cuoca di origini teramane. Ogni anno durante le feste ci portava pacchi di scrippelle, eventualmente anche da congelare per riutilizzarle all’occorrenza. Ma era raro che avanzassero, per quanto erano buone! Da gustare in brodo, ripiene di parmigiano o formaggi filanti oppure da utilizzare per il famoso timballo da cuocere al forno (strati e strati di carne, mozzarella, parmigiano e chi più ne ha più ne metta) le scrippelle sono decisamente versatili: buone, peraltro, anche nella versione dolce, tipo crepes! La ricetta? Ognuno ne ha una… e non ci sono dosi. Questo è certo: le nonne, le mamme, le zie che tramandano la ricetta raramente indicano le dosi in grammi. Quindi tutto ad occhio: uovo, farina e acqua, fino a quando l’impasto non risulti abbastanza liquido, ma non troppo. Fondamentale la padella, antiaderente e ben calda, altrimenti si attaccherà inesorabilmente al fondo. Il risultato dovrebbe essere questo (o anche meglio di questo). Buone scrippelle!”.

Dalle scrippelle passiamo ai secondi: sulla tavola di Capodanno non può mancare il cotechino con le lenticchie, in alternativa tanti preparano le salsicce, oppure ancora del pesce come totani o calamari al forno da abbinare al legume considerato portatore di benessere. Si sa, le lenticchie si mangiano “perchè portano soldi”, almeno così si dice.
In Puglia invece, si è soliti concludere il pasto con una sontuosa frittura di pesce misto, oppure con il baccalà al forno con le patate. Il baccalà, al forno o in umido, è previsto sia per Natale che nel menù di Capodanno, anche in molte zone abruzzesi, soprattutto di montagna, nell’Aquilano.
A conclusione del pasto non possono mancare i dolci: frutta secca, mostaccioli, panettoni e torroni, in attesa del brindisi di mezzanotte.
In ogni caso, a ciascuno il suo menù: “Capodanno è il momento in cui si guarda verso nuovi orizzonti, si pensa ai nuovi sogni da realizzare, a riscoprire la forza e la fede, a gioire dei piaceri semplici e attrezzarsi per tutte le nuove sfide. (Stephen Littleword)”.
Tanti auguri a tutti dalla redazione del Capoluogo, sperando che sia davvero un 2022 più sereno!