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Positivi al Covid a Copenhagen, l’odissea di due giovani che studiano a L’Aquila

Una vacanza in Danimarca si trasforma in un'odissea per due giovani risultati positivi al Covid 19: "Ignorati dall'ambasciata, per fortuna abbiamo trovato un'operatrice sanitaria che parlava un po' in italiano".

Una vacanza in Danimarca si trasforma in un’odissea per due giovani risultati positivi al Covid 19: “Ignorati dall’ambasciata, per fortuna abbiamo trovato un’operatrice sanitaria che parlava un po’ in italiano”.

Stanno bene e sono asintomatici L. e M., rispettivamente di 24 e 29 anni, studenti all’Aquila che erano partiti per una vacanza a Copenaghen, in Danimarca. Un bel viaggio di piacere che però si è complicato proprio il giorno del rientro in Italia: “Abbiamo fatto il tampone rapido per tornare a casa – racconta L. a IlCapoluogo.it – ma siamo risultati positivi al Covid 19. Ci siamo spaventati, così abbiamo provato a contattare l’ambasciata, che però è attiva solo dal lunedì al venerdì. Il centralino ci ha dato un numero per le emergenze, ma nonostante i numerosi tentativi non siamo riusciti a metterci in contatto con nessuno”.

A quel punto ai due giovani, non sapendo a chi rivolgersi, non è rimasto altro da fare che tornare all’ostello che li ospitava: “Sono stati gentilissimi e ci hanno detto che potevamo tornare nella nostra camera per isolarci, in attesa del da farsi. Naturalmente non abbiamo nemmeno potuto cenare”.

Il lunedì successivo nuovo tentativo con l’ambasciata e ancora nessuna risposta, “finché il pomeriggio dello stesso giorno siamo riusciti a parlare con un’addetta che ci ha sostanzialmente detto che dovevamo arrangiarci, seguendo le indicazioni delle autorità locali che potevamo trovare in rete”. Scoraggiati dall’atteggiamento dell’ambasciata, i due giovani hanno chiesto informazioni all’ostello: “Ci hanno spiegato che c’erano due punti per effettuare il tampone molecolare, uno per residenti e uno per turisti, ma non sapevamo come raggiungerlo”.

Altra giornata chiusi nella piccola camera dell’ostello, finché finalmente il martedì è arrivata la telefonata degli operatori sanitari del posto: “Per fortuna ci hanno fatto parlare con una persona che parlava un po’ in italiano e ci ha indirizzato per fare il tampone molecolare, procurandoci anche un’auto e una camera al Covid hotel”.

Insomma, avventura a lieto fine, ma resta il rammarico per un iter non proprio semplice e risolto solo grazie alla presenza del tutto fortuita dell’operatrice che parlava italiano: “Alla fine si è tutto risolto, ma se non avessimo trovato quell’operatrice che parlava italiano come avremmo potuto fare? Siamo rimasti chiusi in una stanza per due giorni, stiamo bene e siamo asintomatici, ma non credo sia normale lasciare tutto alla fortuna”.

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