Sisma Alto Aterno, dopo 5 anni la ricostruzione avanza: il problema delle faglie attive

Sisma Valle dell’Aterno: 5 anni dopo a Capitignano la ricostruzione è a una svolta nonostante le faglie attive. L’intervista al sindaco Pucci.
Ricordi indelebili nella popolazione che aveva già subito il terremoto del 6 aprile 2009 e le conseguenze del terremoto che ad agosto 2016 distrusse la vicina Amatrice. Quest’anno, nonostante la pandemia, si respira un’aria di speranza: la ricostruzione post sisma infatti sembra essere davvero a una svolta.
Nell’Alta Valle dell’Aterno il sisma del 2017 oltre a causare ingenti danni, che si aggiunsero a quelli del cratere del 2016 e del 2009, fece ripiombare il territorio nella voragine dello spopolamento che ancora oggi fiacca l’indotto e l’economica dei piccoli comuni afferenti: il lavoro non c’è, la ricostruzione partita in ritardo, i giovani che fuggono via.

Fortunatamente non si registrarono decessi, ma l’intera popolazione di Capitignano fu evacuata. Oltre 200 persone furono mandate al Progetto Case dell’Aquila, altre si arrangiarono in locali di fortuna o da parenti. Nel 2018 furono realizzate 20 Sae, di cui 12 al paese e 8 nelle frazioni per ospitare altrettanti nuclei familiari.
Il ricordo di quei giorni terribili, il punto sullo stato della ricostruzione post sisma, nell’intervista del Capoluogo al sindaco di Capitignano, Franco Pucci, eletto a ottobre 2021.
Franco Pucci nella vita è direttore tecnico in un’azienda che si occupa di calcestruzzi. Ancora oggi le immagini e i suoni di quei momenti sono indelebili, ha assistito pietrificato alla sequenza impressionante della ripetute scosse a poca distanza di minuti una dall’altra.
“Nei piccoli paesi come il nostro quando arriva la neve è sempre una festa”, ricorda, “e così è stato anche il giorno prima del 18 gennaio”, poi all’improvviso, il dramma. La neve e il terremoto crearono “uno scenario apocalittico: tutte le strade bloccate, mezzi fermi e una poderosa tormenta che continuava a imperversare in zona. Tutti noi siamo stati per ore impegnati a spalare per evitare il rischio di crolli soprattutto sui tetti carichi di neve”.
“Gli anziani erano infreddoliti e disperati: cercammo di trovare un riparo immediatamente, arrivarono gli autobus che li portarono al centro polivalente. Eravamo smarriti, prevaleva un grande senso di ‘intrappolamento fisico’, con la terra che tremava facendo sobbalzare dal suolo macchine e persone”.

Ai problemi “naturali” legati al sisma, nell’immediato, anche le difficoltà a raggiungere il territorio a causa della neve e delle strade praticamente inaccessibili.
“In alcuni punti c’era un vero e proprio muro di neve, che in alcune zone raggiunse il metro e mezzo. Per questo motivo di pari passo con la ricostruzione contiamo di completare entro quest’anno anche l’infrastruttura L’Aquila-Amatrice, un anello importante che consentirà di raggiungere queste zone molto più facilmente”.
Per quanto riguarda la ricostruzione, il sindaco è ottimista, molto sembra essere cambiato da quando è stato nominato Giovanni Legnini nuovo commissario. “Si lavora tanto e ancora tanto è da fare, ma siamo una squadra per cui devo ringraziare davvero tutti professionisti in campo. Dal commissario al dottor Vincenzo Rivera, passando per il presidente della Regione Marsilio e il dottor Raffaele Fico dell’Usr 2009. Tutti stanno rispondendo in maniera positiva alle nostre richieste e interpellanze, cercando sempre di trovare una soluzione ai tanti problemi che in questi 5 anni hanno rallentato molto la ricostruzione”.
Per quanto riguarda invece i danni causati dal sisma 2016, il problema grosso è rappresentato dalle faglie attive.
“Stiamo andando avanti, abbiamo un quadro normativo finalmente completo che ci permette di procedere rispetto agli altri territori. Il problema grosso è rappresentato dalle faglie attive e capaci e oggi siamo ancora fermi solo questo motivo. Una è stata individuata, va in definizione, ma colpisce anche alcune frazioni intorno. Nello studio di livello 2 ne hanno presunta un’altra che trancia e su questa siamo in attesa di ulteriori indagini che dovrebbero iniziare a giorni se il tempo lo permette, in modo da capire dove di trovano e dov’è la zona di rispetto”.
Questa situazione ha ovviamente bloccato anche la ricostruzione post sisma del 2009 perchè, “Se c’è la zona di rispetto non si può procedere con demolizione e ricostruzione. La norma riguarda il 2016, per il 2009 non abbiamo una normativa e se a Capitignano verrà confermata la faglia, i problemi non sono finiti. Andrà predisposta un’ulteriore norma che riprenda anche il cratere 2009”.
Per quanto riguarda la situazione aggregati, “Dei 70 del 2009 ne abbiamo eseguiti purtroppo solo 10, per il sisma del 2017 ne abbiamo 9, ma ricadono al di fuori del perimetro della faglia, quindi possiamo sicuramente dire che il 2022 sarà l’anno attivo per quanto riguarda la ricostruzione”.
“Sarà un anno importante, sperando di lasciarsi anche la pandemia alle spalle, guardiamo avanti con velato ottimismo e tanta voglia di fare, non è solo il territorio che ce lo chiede, ma dobbiamo andare veloci, perchè altrimenti, ai danni del sisma, subentra anche l’incuria del tempo”.
“A breve invierò una letta aperta ai ministeri coinvolti nella ricostruzione per risolvere anche la situazione del nostro patrimonio religioso: su 7 chiese tutte sono ancora inagibili nonostante siano già state finanziate, ma non sappiamo ancora chi sono i rup”.
Oltre alla ricostruzione materiale, un altro lavoro importante da fare a 5 anni dal sisma è quello del riassetto del tessuto social per arginare la voragine causata dallo spopolamento.
“È dal 6 aprile 2009 che combattiamo con lo spettro dello spopolamento: chi ha la casa inagibile non torna nemmeno in estate o durante le vacanze di Natale, bisognerebbe lavorare in tal senso in sinergia con i Comuni limitrofi, cercando di attuare quelle politiche finalizzate a riportare le persone. Nel 2020 a Capitignano ci sono statu 30 morti e 4 nascite , nel 2019 29 morti e 5 nati”.
“Si tratta di una vera e propria emorragia che sta fiaccando fortemente l’entroterra appenninico. Abbiamo bisogno di condizioni economiche e sociali appetibili che dalle città portino le persone a trasferirsi nei piccoli borghi”.
“Sperando di lasciarci questo bagaglio di ricordi alle spalle, andiamo avanti. Nessuno potrà mai dimenticare quei momenti e le settimane a seguire, non solo i ricordi brutti, ma anche la commovente generosità degli italiani di cuore accorsi per darci una mano”.
“In questa giornata voglio lasciare inoltre un pensiero per il nostro amico Enrico a cui tutti volevano bene anche qui in paese, morto a causa della valanga che si verificò a Ortolano conseguente allo sciame sismico”, conclude il sindaco.
Enrico De Dominicis, 72 anni, fu rinvenuto sotto un cumulo di neve, 3 giorni dopo il sisma del 18 gennaio. L’uomo, pensionato Enel, viveva con il fratello e, all’arrivo della slavina, stavano entrambi scappando di casa dopo la forte scossa di terremoto. Lui è stato investito in pieno, mentre il fratello Giocondo si è fortunosamente salvato.