Romanzo quirinale

Quirinale, the day after: arriva la resa dei conti

Elezioni al Quirinale, fine dell'attuale centrodestra. Resa dei conti tra Salvini e Giorgetti. Conte e Di Maio ai ferri corti, ne resterà uno solo.

Elezioni al Quirinale, fine dell’attuale centrodestra. Resa dei conti tra Salvini e Giorgetti. Berlusconi critico. Conte e Di Maio ai ferri corti, ne resterà uno solo. Intanto Letta gongola: ha fatto poco, ma si sente vincitore. L’Europa saluta Mattarella.

Il Romanzo Quirinale non è finito. Torna la rubrica dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, a cura di Giuseppe Sanzotta, editorialista del Capoluogo e già direttore de Il Tempo.

Quando Casellati e Fico raggiungono Mattarella per comunicargli la rielezione, il presidente ha già pronto un breve discorso di accettazione con due concetti precisi: non ho chiesto di restare, accetto perché siamo in emergenza. Altro dirà nel discorso di insediamento, ma quelle poche parole suonano come una critica ai partiti, incapaci  di mettere al primo posto gli interessi del Paese a quelli di parte. Casini nel tirarsi fuori dalla mischia per favorire una soluzione ha dato una lezione di stile. Anche Draghi ha lasciato fare, con il suo nome che appariva e scompariva , ma alla fine è stato il premier a chiedere a Mattarella di tornare in gioco. Gli avrebbe dato manforte Berlusconi che dal suo letto al San Raffaele ha parlato dei suoi alleati di coalizione come dei ragazzini. Anche lui ha pregato Mattarella di accettare il reincarico.

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È evidente che Draghi ora si senta più forte. Finiti i giochi del Quirinale vuole riprendere con forza l’azione di governo. Sa che al Quirinale c’è Mattarella a sostenerlo e sa che l’Europa ha salutato con soddisfazione la riconferma di una coppia che può dare grande affidamento. I maggiori giornali europei salutano con favore la riconferma. Dalla Ue arrivano messaggi positivi. Insomma si riparte.

C’è un primo nodo. Giorgetti ha lasciato capire che vuole lasciare. Non è chiaro se si tratti di una polemica con l’azione dell’esecutivo o una partita interna alla Lega. E’ certo che Salvini esce ammaccato dalla partita del Quirinale. Ha seguito Giorgia Meloni nella ricerca della sfida, ha cercato di ricostruire con  Conte un’antica alleanza.  Si è perso per strada i centristi della coalizione e Forza Italia. Poi ha svoltato  e  si  è accodato alle scelte di Draghi e Letta. E’ vero che può accreditarsi del successo finale, ma non è stato lui il protagonista, ha solo seguito la corrente . Però adesso si trova davanti un centrodestra a pezzi. La Meloni è su tutte le furie,  dice apertamente che il centrodestra non esiste più. Ricorda a Salvini che insieme avevano detto no a un Mattarella bis. Rampelli, di Fratelli d’Italia pubblica un post di Salvini in cui definiva Mattarella un catto-comunista.  Il fatto è che quella coalizione non c’è più. E la Meloni intuisce il rischio di una frattura,  avverte che adesso nessun si sogni di varare una riforma elettorale in senso proporzionale. Non è una questione tecnica. Con il sistema proporzionale ogni partito può correre per proprio conto, non sono necessarie alleanze preventive. Fa piacere ai partiti più piccoli che  possono andare al voto da soli e poi sperare di essere l’ago della bilancia. Un po’ quello che accadeva nella Prima Repubblica con partiti come Psdi e Pri che diventavano fondamentali per garantire una maggioranza. Questa eventualità rischierebbe di isolare Fratelli d’Italia. Comunque saranno giorni di duro confronto entro il centrodestra, ma in primavera ci saranno delle elezioni amministrative e la questione va risolta in fretta.

Guerra aperta dentro i 5Stelle.  Tra Conte e Di Maio lo scontro è palese. Di Maio ha accusato pubblicamente l’ex premier che in conferenza stampa ha risposto per le rime ricordando al ministro che lui ha partecipato a tutti gli incontri interni. C’è insomma una resa dei conti che rischia di travolgere l’intero movimento. Compreso Grillo che, evidentemente, male informato aveva mandato un messaggio, alquanto inopportuno, per festeggiare l’elezione della Belloni. Una festa andata male e una figuraccia davanti a tutta l’Italia.

Letta si gode la vittoria, non tanto perché la sua tattica attendista si sia rivelata vincente, gli altri si sono schiantati da soli, ma soprattutto perché è riuscito a nascondere i dissidi interni. Se avesse fallito, sarebbe partita una campagna di delegittimazione interna. Ora invece è più saldo. Nello stesso tempo manda messaggi ai 5Stelle, parla di alleanza rafforzata, serve a dare ulteriore respiro alla sua idea di campo largo. Una prospettiva che consenta di arrivare all’appuntamento elettorale del prossimo anno con una speranza in più di vittoria.

Ora superata la questione Quirinale, l’attenzione si sposta sul governo. Deve riprendere l’iniziativa dopo settimane di appannamento. Apparentemente Draghi è più forte di prima, perché i partiti sono più fragili. Ma adesso si apre virtualmente la campagna elettorale, difficile sapere che influenze potrà avere sull’opera di palazzo Chigi. Il primo scoglio è la questione Giorgetti. Draghi lo vuole con lui. Non vuole rimpasti. Archiviata la battaglia per il nuovo Capo dello Stato, adesso l’attenzione è al governo. Riuscirà a mantenere gli impegni?

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