Mafia nigeriana a L’Aquila, l’accusa chiede 14 anni per il braccio destro di Titus

L’AQUILA – Processo alla mafia nigeriana, il pm chiede 14 anni per quello che è considerato il braccio destro di Titus, capo della Black Axe.
L’AQUILA – Processo alla mafia nigeriana, il pm chiede 14 anni per quello che è considerato il braccio destro di Titus, capo della Black Axe.
Dopo 4 ore di requisitoria, il pm Stefano Gallo ha chiesto la condanna a 14 anni per uno degli imputati nel processo alla cosiddetta mafia nigeriana del cult italiano della Black Axe, decapitata con l’operazione di polizia “Hello Bross”. Per l’imputato assistito dall’avvocato Carlotta Ludovici erano stati conteggiati 21 anni, poi ridotti a 14 per via del rito abbreviato che riduce di un terzo l’eventuale condanna. A pesare sulle richieste del pm, l’attribuzione del 416 bis, ovvero l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso per uno dei membri considerati al vertice dell’organizzazione, il braccio destro del capo italiano della Black Axe, individuato invece dalla Procura in “Titus”. Dopo le 4 ore di requisitoria, l’imputato ha reso dichiarazioni spontanee e l’udienza è stata aggiornata al prossimo 4 aprile, quando entreranno in discussione gli altri imputati e la parola passerà alla difesa. Se i tempi tecnici lo permetteranno, al termine della stessa giornata potrebbe arrivare la sentenza.
“Riteniamo – ha sottolineato l’avvocato Ludovici al Capoluogo.it – che non ci siano prove che il mio assistito sia un affiliato, per questo la speranza è che l’imputazione per 416 bis venga quantomeno derubricata a semplice associazione a delinquere”.
Titus, ascesa e declino dell’imperatore della Black Axe.
Come ricostruito durante la conferenza stampa seguita all’operazione “Hello Bross”, la Black Axe nasce originariamente come confraternita universitaria operante in Nigeria con sanissimi propositi, sui temi dell’anticolonialismo e dell’antirazzismo. Nel tempo, però, l’organizzazione ha perso i connotati originali, sfociando in una vera e propria associazione a delinquere che, secondo l’ultimo rapporto dell’FBI, è operativa in oltre 80 stati del mondo ed è considerata la più pericolosa. L’organizzazione è suddivisa territorialmente in “cult” che possono corrispondere al territorio nazionale, come nel caso dell’Italia, o più ampio. A capo del cult italiano, quindi, il 35enne che aveva scelto L’Aquila come centrale operativa.
Affiliazione: proprio come le mafie “nostrane”, come spiegato dal commissario Benedetta Mariani, responsabile dell’Ufficio di Polizia giudiziaria della Procura, e all’epoca dei fatti alla Squadra Mobile aquilana, l’affiliazione alla Black Axe avviene attraverso protocolli rigidissimi e riti: intanto bisogna essere presentati da una sorta di “padrino” che fa da “garante” della fedeltà del nuovo affiliato, che era sottoposto a prove di coraggio e riti nei boschi, a base di “bombe” di stupefacenti o le cosiddette Kokoma. “Titus” era un “integralista” della Black Axe, ovvero – oltre al basso profilo – imponeva che le nuove leve venissero affiliate solo in Nigeria. Una mafia che, come le mafie più evolute, ha gradualmente abbandonato la “violenza deflagrante” contro i singoli, come rilevato dal Procuratore Renzo, per la “violenza sui sistemi”, come quello economico. Nei due anni di attività sotto indagine, infatti, la Black Axe ha mobilitato circa 1 milione di euro, utilizzando anche bit coin.
“Titus”, considerato il capo del cult italiano, era sbarcato a Pozzallo nel 2014, da un barcone proveniente dalla Libia. Era stato quindi assegnato in un centro di accoglienza dell’Aquila, dov’era rimasto per circa due anni, prima di partire per Reggio Emilia. Ma “Titus” aveva poi deciso di tornare a L’Aquila, per due ordini di motivi: la posizione centrale e vicino a Roma, che gli permetteva di gestire meglio i contatti con i vertici del cult e la tranquillità del capoluogo abruzzese, dove era possibile perseguire una delle regole base: basso profilo.
Una laurea nel settore economico e una buona famiglia alle spalle, un profilo “insolito” per quello che è considerato un capo mafia, ma la Black Axe d’altra parte non rappresenta la “solita mafia”. Non gambizza e non ammazza, perché poi “arriva la polizia”, ma preferisce “l’attacco ai sistemi”, come quello economico, all’attacco fisico, anche se all’occorrenza non manca nemmeno la violenza sulle persone.
Da verificare, ora, se quelle accuse per Titus, per colui che ne è considerato il braccio destro assistito dall’avvocato Ludovici e gli altri imputati, saranno accertate a livello giudiziario in tribunale. Le prime risposte potrebbero arrivare già da aprile.
