Giornata mondiale malattie rare

Sindrome di Sanfilippo: una lotta contro il tempo e una gran voglia di vivere

Per i bimbi Sanfilippo e le loro famiglie, il tempo è il peggior nemico: ma in mezzo c'è tutta una vita da vivere. La storia di Francesco, 8 anni.

Per i bimbi Sanfilippo e le loro famiglie, il tempo è il peggior nemico: ma in mezzo c’è tutta una vita da vivere. La storia di Francesco, 8 anni.

“Il tempo è contro di noi ma c’è tutta una vita in mezzo da vivere”: perchè i bambini Sanfilippo sono dei combattenti. Dei veri e propri Sanfilippo Fighters.

La sindrome di Sanfilippo (nome comune del ben più complesso mucopolisaccaridosi 3) è una rara malattia genetica caratterizzata da ritardo motorio e cognitivo. I primi sintomi compaiono tra i 2 e i 4 anni di vita: verso i 10 anni si ha in genere la perdita delle capacità motorie e problemi di comunicazione. Ecco perchè quella dei bambini affetti da questa sindrome e dai loro familiari è una lotta contro il tempo: perché tra la diagnosi, terribile e impietosa, e la fine, c’è una vita in mezzo. Una vita piena, che i bambini possono vivere con gioia e consapevolezza, se accompagnati nella maniera giusta da chi sta loro accanto.

È una delle Malattie Rare cui è dedicata la giornata di oggi (Rare Disease Day – giornata internazionale dedicata alle Malattie Rare).

Come per molte altre, per la sindrome di Sanfilippo non c’è cura: al momento non esistono terapie specifiche standardizzate. E il decorso non è uguale per tutti. Ci sono soltanto espedienti per convivere giornalmente con i sintomi di questa malattia. La prognosi è sfavorevole; la maggior parte dei pazienti muore prima dei 20 anni.
Eppure, una cosa importantissima su cui possiamo e dobbiamo contare c’è: la ricerca. Ecco perchè serve tanta ricerca scientifica ma altrettanto supporto psicologico e condivisione dei percorsi da intraprendere: ed è con questo scopo che si sono riuniti in associazione, due anni fa, i Sanfilippo Fighters.

francesco sanfilippo

Sindrome di Sanfilippo: la storia di Francesco

Katia Moletta è la presidente dell’associazione Sanfilippo Fighters. È entrata in contatto con questa malattia sei anni fa, con suo figlio Francesco che di anni, oggi, ne ha otto e mezzo. “Ho avuto la diagnosi quando Francesco aveva un anno e mezzo: ricordo benissimo quanto deserto ho trovato intorno a me. Come informazioni ne avevo ricevute pochissime. Fortunatamente parlo inglese e ho trovato le mamme nel mondo: c’era proprio un gruppo mondiale delle mucopolisaccaridosi e uno della sindrome di Sanfilippo. Quello che ho appreso, come preziosi suggerimenti e consigli, li ho appresi dai genitori, soprattutto su integratori e modalità di gestione proprio per migliorare la qualità di vita dei bimbi.”

“In Italia, sono venuta in contatto con altre due famiglie nel corso di una sperimentazione a Monza. Eravamo 20 bambini al mondo ed era una sperimentazione di sostituzione enzimatica perché i nostri bimbi hanno un gene difettoso che non produce o produce pochissimo un determinato enzima. In sostanza, nel corso di questa sperimentazione si è cercato di infondere via midollo questo enzima mancante affinché raggiungesse il sistema centrale e lavorasse “normalmente”.
La sperimentazione è stata molto dolorosa, trattandosi di una operazione neurologica, ma soprattutto è stata fallimentare.
“Che fosse fallita lo abbiamo saputo, in Italia, tramite Facebook da altre famiglie, statunitensi, che avevano partecipato alla sperimentazione. La notizia del fallimento è stata una seconda diagnosi: quando partecipi a una sperimentazione, hai delle aspettative, è inevitabile. Hai speranze che vengono anche, così malamente, interrotte. È stato stremante. Però con queste due mamme abbiamo iniziato a ragionare sul poter creare una associazione che potesse aiutare a ritrovarci in Italia”.

In Italia esiste una associazione nazionale delle mucopolisaccaridosi: ma di questa malattia così rara ne esistono sette tipi, e per ogni tipo c’è un trattamento diverso.
“Allora ci siamo costituiti come associazione specifica sulla sindrome di Sanfilippo anche in Italia per cercare di creare una comunità. Uno dei nostri progetti è di dare una mappa per orientarsi nelle potenzialità e non solo nelle difficoltà di questo viaggio che affrontiamo, famiglie e bambini. Vogliamo fornire delle segnaletiche che indichino i punti di ristoro della comprensione e dell’accoglimento, per affrontare lo sconforto e la solitudine del viaggio”.

sindrome sanfilippo

“Le famiglie sono disorientate quando ricevono la diagnosi, non sanno cosa fare. Sono terrorizzate. Ad oggi nella nostra associazione ci sono 35 famiglie italiane, alcune hanno più bambini affetti dalla Sanfilippo. Credo che in Italia i bambini siano più di 50. Ogni volta che mi contatta una famiglia, è come riavere la prima diagnosi, come riviverla. A volte vorrei non sapere, non conoscere la famiglia: significherebbe che non ci sono altri bambini affetti da Sanfilippo. Ci siamo riuniti per farci del bene, indipendentemente poi da quello che riusciremo ad ottenere a livello di trattamento. Le famiglie affrante trovano conforto anche nei semplici messaggi WhatsApp che ci mandiamo sul gruppo. Lo scambio di esperienze fra genitori, medici e ricercatori è fondamentale.”

francesco sanfilippo

E proprio perchè il tempo per le famiglie Sanfilippo corre veloce, occorre muoversi con rapidità.

Anche perchè la pandemia da Covid19 ha sicuramente inciso: ma non solo in negativo.

“Le difficoltà in pandemia per i bambini sono aumentate, non avendo relazioni fuori dal nucleo familiare. Francesco aveva invertito il giorno con la notte, ad esempio. Ma proprio durante il lockdown ci siamo cercati e trovati, con tante altre famiglie italiane. Perchè non fare qualcosa per migliorare la qualità della vita, al di là della cura? Perchè non possiamo giocarci le carte che abbiamo nel miglior modo possibile oggi? Ci siamo conosciuti meglio con videochiamate, gruppi social, e ci diamo forza l’un l’altro”.

I progetti di ricerca e di aiuto

I progetti messi in campo da questa associazione sono tanti: dal sostegno psicologico alle famiglie, a quello più propriamente scientifico e sul quale la giornata del 28 febbraio dedicata alle Malattie Rare consente di puntare un faro. Ma è importante, ancor di più, che se ne parli sempre, non solo in questa giornata. 

“Sono due i progetti di ricerca. Uno finanziato dalla nostra associazione ed uno da Fondazione Telethon continua la presidente di Sanfilippo Fighters. “Abbiamo aderito al progetto Spring Seed Grant 2021 di Telethon, grazie al quale i ricercatori cercheranno di apportare nuova conoscenza il cui contributo sia significativo per la miglior comprensione della malattia e per l’individuazione di approcci terapeutici. Il bando prevede un progetto annuale che abbia un costo di 50mila euro che l’associazione dovrà raccogliere per poter contribuire a questa importante ricerca”. L’associazione finanzia, ma lo fa con l’aiuto di Telethon che recluta un comitato internazionale di ricercatori e medici che hanno esperienza su quella malattia per poi valutare e decidere quali sono i progetti più promettenti.

E poi ci sono le giornate come quella di oggi, dedicata alla sensibilizzazione e alla conoscenza di queste malattie: “L’anno prossimo vorremmo essere protagonisti nell’organizzare anche qualche evento legato al tema” annuncia Katia. “Quest’anno siamo solo partecipanti a quelli di altri: complimenti a tutti. Ma abbiamo bisogno di una luce permanente che illumini il cammino dei malari rari, dando loro dignità, pari opportunità terapeutiche e sociali ed una migliore qualità dì vita”

La consapevolezza passa anche dall’educazione dei più piccoli: tante le scuole che hanno aderito con disegni alla campagna di sensibilizzazione “Accendiamo le luci sulle malattie rare”.

Giornata mondiale delle Malattie rare: “La consapevolezza parte dall’educazione dei più piccoli”

Con lo stesso intento, i monumenti di tante città italiane si sono illuminati di blu: L’Aquila ha risposto subito “presente”, con la Fontana Luminosa

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