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Ucraina, la guerra del gas e le piccole dispute di casa nostra

Russia - Ucraina, la guerra del gas. La questione energetica, mentre in Italia vanno in scena piccole dispute da bottega elettorale.

Russia – Ucraina, la guerra del gas. La questione energetica, mentre in Italia vanno in scena piccole dispute da bottega elettorale.

La guerra in Ucraina è arrivata anche da noi. Non piovono missili sulle nostre città, ci arrivano solo le immagini dei massacri, di milioni di persone in fuga dalla guerra e dai bombardamenti. Di gente come noi, europei, gente che ha perso tutto. Che ha lasciato tutto spinta dalla necessità di salvare la propria vita. Ma la guerra è tra noi, non sono arrivati solo i profughi. Da noi subito è arrivata l’inflazione. Non serve essere degli economisti per vedere cosa significhi nella nostra vita. Prezzi aumentati, non solo quelli dei prodotti petroliferi. Forse ci sono speculazioni, forse sono rincari giustificati. Sicuramente incideranno nella vita delle famiglie. È stato il primo effetto della guerra. Un virus che si è insinuato nella vita delle nostre società.
Ma non è finita qui. Un’altra minaccia incombe su noi tutti. Le nostre economie, parliamo di quelle europee, hanno fatto affidamento sulle risorse energetiche della vicina Russia, Oltre il 40 per cento del gas che utilizziamo in Italia arriva d quel Paese. Una quota cresciuta negli ultimi anni, mentre è progressivamente calata la quota del gas estratto nei nostri territori. Questioni ambientali, opposizioni di enti locali fanno dell’Italia un Paese che potrebbe avere una quasi autonomia energetica che  è sempre più dipendente da forniture estere. Compriamo energia ed esportiamo rifiuti (a caro prezzo).
Rivedere questo tipo di politica non è semplice e i tempi sono lunghi. Comunque il ministro degli Esteri Di Maio da alcune settimane è in giro per il mondo per cercare nuove forniture. Perché è chiaro che la sanzione finale nei confronti della Russia è quella del gas. Chiudere quella fornitura farà mancare a Putin un introito importante. Forse fondamentale per quella economia. Dall’Ucraina chiedono da tempo di compiere quel passo. Gli Usa offrono il loro gas liquido in cambio, ma ci vogliono gli impianti per trasformare il gas liquido. E noi ne abbiamo solo tre, altri non se ne sono fatti per opposizioni politiche trasversali. Anche la tap, il gasdotto che arriva in Puglia ha incontrato la forte ostilità di ambientalisti e di forze politiche come i 5 stelle.

Le immagini drammatiche di Bucha, con centinaia di civili uccisi dalle truppe russe ha rilanciato la spinta per sanzioni ancora più dure: chiudere con Mosca anche il commercio energetico.  Cioè rinunciare a quel gas e al petrolio.  I paesi baltici, hanno unilateralmente annunciato questo passo. La Ue lo minaccia. Ma la Germania, che più di noi dipende dai rifornimenti russi, ha già detto no. Troppo costoso il prezzo per la macchina industriale tedesca. Almeno per ora. Si rinvia la chiusura delle centrali nucleari, si riaprono le centrali a carbone. Ma ci vuole tempo. L’esercito ambientalista tace, oppure rilancia sulle rinnovabili. Voci flebili, sovrastate dalle emergenze economiche.
Invece più che flebili sono le voci di chi in questa situazione si ritaglia uno spazio politico. Accade perché in Occidente, nonostante le emergenze la democrazia non va in vacanza.  Si vota, nonostante tutto. Si è votato in Ungheria, tra pochi giorni si voterà in Francia per il presidente.  In Italia si voterà a giugno per i referendum sulla Giustizia e per le amministrative in alcune grandi città, tra cui l’Aquila. Ma soprattutto si voterà tra meno di un anno per eleggere il nuovo Parlamento. Così i partiti, schiacciati dall’emergenza ucraina hanno pochi spazi di visibilità . Sulla guerra il giudizio è unanime: netta la condanna della Russia di Putin. Ma il centrodestra ha rinviato il chiarimento ritenuto indispensabile  per il rilancio della coalizione. A sinistra invece c’è il movimento 5Stelle che rischia di far saltare il progetto di una grande alleanza. Conte è stato appena rieletto alla guida del movimento, ma ha dovuto dar spazio all’ala più radicale. Si è presentato in maniche di camicia  davanti alle telecamere con toni di voce insoliti. Minaccia Draghi, mette in difficoltà Letta. Intanto deve fare i conti con Di Maio che non ci pensa proprio a fare la fronda a Draghi. Deve fare i conti anche con gli ex che minacciano lo stesso movimento. Così alcuni osservatori pensano che Conte abbia in animo di mettere in crisi Draghi per presentarsi davanti agli elettori recuperando una verginità antica. Per ora mette in difficoltà il Pd che su Conte aveva scommesso e ora si preoccupa perché teme non sia più affidabile.
Piccole dispute  da bottega elettorale mentre c’è una guerra alle porte che, se non minaccia  la nostra sicurezza fisica, minaccia il nostro tenore di vita. Tutti segnali preoccupanti per domani, per dopo il voto politico del prossimo anno. Perché chiunque vinca dovrà fare i conti con il dopo pandemia e il dopo guerra.  Forse bisognerebbe cominciare a parlarne già adesso. Ma bisognerebbe pensare al Paese e meno al tornaconto elettorale immediato.

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