6 aprile - 13 anni dopo

Dal 6 aprile all’Ucraina, il viaggio non solo emotivo di Elio Ursini

I ricordi del 6 aprile ripercorsi oggi in uno scenario di guerra: il viaggio umanitario in Ucraina di Elio Ursini con il team di Univaq.

Elio Ursini è un dipendente dell’Università dell’Aquila che ha percorso in poco più di tre giorni 3.909 chilometri, attraversando i confini di Slovenia, Ungheria, Slovacchia, Polonia e Ucraina per la missione umanitaria dell’Università dell’Aquila #Univaq4Ukraine, con la quale sono stati consegnati farmaci in zona franca. A fare da fil rouge la paura di quella notte di 13 anni fa, tra lacrime, dolore e macerie e le lacrime e la disperazione di oggi, nel trovarsi in un territorio devastato dalla guerra.

Elio Ursini ha rivissuto come in un lungo flash back le emozioni e le sensazioni provate 13 anni fa, quel senso di smarrimento che ha accomunato tutto il popolo aquilano dopo la notte del 6 aprile 2009. 13 anni dopo ha sentito il bisogno di fare qualcosa e il 29 marzo è partito da L’Aquila alla volta dell’Ucraina dopo aver preso in carico le varie medicine dalle farmacie aquilane insieme a beni di prima necessità. Dipendente dell’ufficio igiene e sicurezza e nel team ricerca Geolab, speaker radiofonico per passione, il 6 aprile 2009 era uno studente universitario pieno di sogni e prossimo alla laurea. È partito per l’Ucraina insieme a una piccola delegazione composta da Gianluca Ferrini e Barbara Romano, hanno raggiunto la zona franca al confine con la Polonia e hanno consegnato all’Università di Leopoli i medicinali acquistati e donati da MathMods & InterMaths Alumni Association con fondi raccolti tramite donazioni.

elio ursini missione

“Non volevamo tirarci indietro, soprattutto dopo aver ricevuto tutta quella solidarietà all’indomani del 6 aprile 2009. Ognuno di noi oggi è chiamato a fare la sua parte per dare anche una piccola mano a un popolo dignitoso e fiero che sta subendo la tragedia e la barbarie di un conflitto assurdo”, spiega Elio Ursini nell’intervista esclusiva rilasciata al Capoluogo. Tornando indietro nel tempo sembra quasi di vederlo il giovane Elio Ursini: ad aprile 2009 aveva 25 anni, stava per laurearsi e come tutti i ragazzi aveva la testa carica di sogni e di speranze, poi, all’improvviso in quella notte di polvere, macerie e sirene, il buio.

“Anche allora con l’università e con il team Geolab abbiamo voluto darci da fare, volevamo essere un ente che aiutava, più che ricevere soccorso. Creammo nell’immediato un piccolo team di protezione civile credendo che l’università grazie alle competenze, in caso di emergenze, potesse attivarsi per superare la prima fase di difficoltà. Il motto ricorrente dal 6 aprile in poi fu: ‘l’Università non deve chiudere’. Immediatamente, nell’atrio di Coppito 1, fu attivata un’unità di crisi, creando una segreteria per ogni polo con una postazione e una tendopoli che svolse le funzioni di campus universitario. Potemmo così attivarci con le lezioni e gli esami in presenza dentro il tendone del Ministero dell’interno. Riuscimmo, grazie anche alla solidarietà di tutta Italia, a creare una foresteria affinché i fuori sede che non avevano più casa o la possibilità di un appoggio potessero fermarsi in città per seguire lezioni o fare gli esami, con il conforto di un letto e un pasto caldo“. Dopo questa esperienza, Elio è entrato. far parte del consiglio direttivo di Lares – Unione Nazionale Laureati Esperti in Protezione Civile.

campo Coppito 1 sisma 6 aprile

“Fu un grande lavoro logistico e di squadra per fare in modo che l’università non chiudesse. Se lo vedo oggi, 13 anni dopo, questa scelta è stata vincente, seppur tra mille difficoltà. Gli studenti sono rimasti, l’università è viva e attiva e soprattutto si è sviluppato ancora di più lo spirito di appartenenza alla città dell’Aquila anche grazie agli studenti che vengono da fuori. Speriamo davvero che adesso dopo dopo 2 anni di chiusure e lockdown, non chiuda una struttura preziosa come la casa dello studente anche per rispetto di quanto successo a via XX settembre la notte del 6 aprile. Lo dobbiamo anche per quegli 8 ragazzi i cui sogni sono rimasti intrappolati sotto le macerie”.

elio ursini

“Oggi, con un conflitto in corso tra Ucraina e Russia che sta smuovendo le coscienze di tutto il mondo, siamo chiamati tutti a fare qualcosa per evitare che chi è rimasto lì si blocchi, impantanato e terrorizzato dagli eventi che tutti conosciamo. In Ucraina ci sono uomini, donne, bambini e studenti che fino a un mese fa avevano la propria vita e la propria normalità. Una normalità stravolta dall’invasione russa e dalla mano dell’uomo, dalla violenza di un conflitto bellico assurdo. Noi ragazzi aquilani non potevamo fare nulla contro la forza distruttrice di un evento naturale come un terremoto, ma oggi possiamo fare molto per questa povera gente“.

6 aprile 2009, 13 anni dopo: nel ricordo la forza per andare avanti

3909 km dopo, quali sono le emozioni che Elio Ursini ha riportato a L’Aquila? “Sarà difficile dimenticare e non voglio farlo. Ho visto cose difficili da descrivere, occhi smarriti e disperati che in qualche modo mi hanno riportato indietro di 13 anni, come se avessi riavvolto il nastro. Non avevo mai vissuto dal vivo la devastazione e la desolazione di uno scenario di guerra, pur avendo subito il terremoto”. Per Ursini il sisma dell’Aquila e la guerra in Ucraina hanno delle similitudini, pur essendo due fenomeni e due situazioni completamente diverse: il terremoto è un evento naturale, non lo puoi prevedere e non lo puoi evitare, “Devi essere solo pronto a scappare. A fare da fil rouge c’è sicuramente la paura, nel nostro caso, una volta finito lo sciame sismico e aver pianto i nostri morti rimase quel senso di sospensione e incertezza nel futuro che ancora non riusciamo a scrollarci di dosso, nonostante siano passati tanti anni. La guerra è un evento antropico, la sicurezza percepita è inesistente: il tuo territorio può essere invaso all’improvviso in vari modi, via terra, via aerea o con armi nucleari… Ovunque ho respirato in quei pochi giorni un senso di distruzione, non solo materiale”.

“Ho visto tanti coetanei spauriti, soldati giovani, nervosi, male in arnese. Parliamo di ragazzi che non hanno esperienza militare, ma che si sono sentiti in dovere di arruolarsi e indossare una divisa per difendere il proprio territorio: probabilmente non avevano mai sparato prima e le armi le avevano viste solo in tv. Ho percepito un fortissimo senso di attaccamento alla patria e tanta, troppa tristezza. Non dimenticherò mai queste catene umane: donne, anziani e bambini, in fila, sotto il freddo, riparati da un impermeabile di plastica, quello che noi usiamo quando andiamo in gita. Bambini stretti alle loro madri, o ai fratellini, senza adulti vicino, aggrappati a poche valigie dove hanno stipato ricordi e vestiti. Sono lì, in fila, ad aspettare il proprio turno per scappare, per cercare un po’ di speranza al di là della frontiera. Ho visto cieli grigio, carichi di acqua e neve, carichi quasi della disperazione di un popolo che sta pagando un prezzo troppo alto”.

“Negli occhi e nel cuore ancora le immagini delle macchine abbandonate per stata, crivellate di colpi e con i finestrini rotti, delle case distrutte e sventrate, proprio come nelle immagini che passavano in tutto il mondo 13 anni fa: no, al dolore non ci si abitua, nemmeno in un conflitto come questo che, complici i social e i media, porta tutto in prima pagina, anche quello che sarebbe meglio non vedere!”.

Ricostruire sulle grotte di Picenze, i cittadini chiedono sicurezza

In tanto dolore, anche il momento per strappare un sorriso: prima di salutare gli amici dell’università di Leopoli anche un piccolo scambio di doni: il team aquilano aveva portato con sé delle bottiglie di Montepulciano d’Abruzzo, una sorta di marchio identitario del nostro territorio, “Per brindare alla vita, alla speranza, ai sogni che non possono essere infranti!”.

#Univaq4Ukraine è solo l’ultimo gesto umanitario in ordine di tempo che ha visto l’ateneo aquilano protagonista. Oltre alla missione appena conclusa, l’ateneo aquilano sta aiutando economicamente i 34 studenti ucraini iscritti ai propri corsi garantendo, a proprie spese, la copertura delle borse relative ai loro programmi di studio e ricerca. L’università inoltre, si è subito attivata per trasferire il prima possibile in Italia gli studenti ucraini che erano in procinto di venire all’Aquila e che sono rimasti bloccati nel loro Paese a causa dello scoppio della guerra. Alcuni docenti, come il prorettore Alessandro Vaccarelli, si sono attivati individualmente per garantire un futuro educativo alle persone ospitate nell’Aquilano.

Il video del viaggio di Elio Ursini in Ucraina:

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