Cultura

Tutti i Santi giorni, 12 aprile: San Zeno

Per la rubrica "Tutti i Santi giorni" del 12 aprile, San Zeno.

Per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 12 aprile, San Zeno.

Il 12 aprile si ricorda San Zeno. La maggior parte della vita di San Zeno o Zenone è avvolta nella leggenda: secondo la Cronaca, una agiografia medievale scritta da Coronato, un notaio veronese vissuto alla fine del VII secolo, era originario della Mauritania, e per questo spesso viene ancora definito come il “Vescovo Moro”. Pur mancando fonti documentarie certe, la sua provenienza sembra essere confermata dallo stile dei suoi scritti che, anche per i contenuti, rispecchiano altri autori coevi di origine africana come Apuleio di Madaura, Tertulliano, Cipriano e Lattanzio. Si è all’oscuro del percorso che lo condusse a Verona, tuttavia, nel IV secolo, con la fine delle persecuzioni contro i cristiani, non fu inusuale il trasferimento di personaggi di grande respiro culturale e santità: basti ricordare San Venanzio o Sant’Agostino. Gli studiosi hanno ipotizzato che Zeno fosse figlio d’un impiegato statale emigrato in Italia settentrionale a seguito delle riforme burocratiche volute dall’imperatore Costantino o che viaggiasse al seguito del patriarca d’Alessandria, Atanasio, esule e in visita a Verona nel 340. Comunque, Zenone – il cui nome fu trasformato in Zeno – rimase a vivere in città e probabilmente condusse vita monastica finché nel 362 fu eletto vescovo, come testimoniano gli scritti dei suoi successori, Siagro e Petronio, che ne ricordano le gradi virtù e la venerazione sin d’allora tributata. La conferma del suo culto si ha sia dal “Rhytmus Pipinianus” o “Versus de Verona”, un elogio in versi della città, scritto fra il 781 e l’810 e sia da un prezioso manufatto coevo, il cosiddetto “Velo di Classe”, una preziosa tovaglia conservata a Ravenna in cui sono ricamati i ritratti dei vescovi veronesi, fra i quali appunto San Zeno.
Secondo le fonti agiografiche visse in austerità e semplicità, tanto pescare egli stesso nell’Adige il pesce per il proprio pasto ed è per questo che viene considerato protettore dei pescatori d’acqua dolce. Persona colta ed erudita è probabile che si sia formato alla scuola di retorica africana; la testimonianza della sua cultura è giunta a noi attraverso i numerosi sermoni, di cui 16 lunghi e 77 brevi, che mostrano come, nella sua opera di evangelizzazione, Zeno si confrontò con il paganesimo ancora diffuso e si applicò per confutare l’arianesimo.

Attorno alla sua figura sono fioriti racconti di numerosi miracoli e leggende devozionali. Si narra che San Zeno avesse fatto una scommessa col Diavolo: avendolo vinto in una partita a palla, giocata con la punta di una montagna, avrebbe ottenuto, come ricompensa, un fonte battesimale in porfido – visibile all’entrata della chiesa di Verona – che il demonio stesso, battuto, sarebbe stato costretto a portare sulle spalle fin da Roma. La leggenda più straordinaria è riferita da papa Gregorio I: al tempo del re longobardo Autari, vi fu un improvviso straripamento delle acque dell’Adige che sommersero l’intera la città e che coprirono gli edifici fino ai tetti delle chiese. Le acque giunsero alla cattedrale dove il re aveva appena sposato la principessa Teodolinda, e qui si sarebbero arrestate miracolosamente, in sospensione, nei pressi della porta tanto da potersi bere ma senza invadere l’interno. Questo evento determinò la salvezza dei veronesi, che, pur non potendo uscire, resistettero alla sete finché la piena non calò. Per questo miracolo, San Zeno è invocato contro le inondazioni e per far parlare e camminare i bambini piccoli. A lui i devoti veronesi dedicarono la loro basilica, capolavoro dell’arte romanica.
Nell’immagine di copertina San Zeno è ritratto in una grande statua di marmo policromo, sorridente e benedicente; è raffigurato seduto, vestito dai paramenti vescovili, con il viso scuro per le sue origini nordafricane, e i consueti attributi iconografici del piviale e della mitria; particolarità è un pesciolino appeso al filo che pende dal pastorale e che ne ricorda la pesca da lui praticata nell’Adige per sostentarsi.

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