Cultura

Tutti i Santi giorni, 15 aprile: Venerdì Santo

Per la rubrica "Tutti i Santi giorni" del 15 aprile, il Venerdì Santo.

Per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 15 aprile, il Venerdì Santo.

Il 15 aprile di quest’anno ricorre il Venerdì Santo. Si ricorda il giorno della morte di Gesù sulla croce, e la Passione è celebrata solennemente attraverso la liturgia della parola, con la lettura del quarto canto del servo del Signore di Isaia (Is 52,13-53,12), dell’Inno cristologico della lettera ai Filippesi (Fil 2,6-11) e della passione secondo Giovanni. Si procede all’adorazione della croce, a cui viene tolto il velo, e si accoglie l’Eucarestia con le ostie consacrate alla sera del Giovedì Santo.
Il Venerdì Santo è tradizione effettuare l’esercizio della Via Crucis, una pratica extra liturgica, introdotta in Europa dal domenicano beato Alvaro sul finire del XIV secolo e dopo di lui portata avanti dai Frati Minori Francescani. Nelle chiese, infatti, sono presenti le 14 ‘Stazioni’: quadretti attaccati alle pareti in cui sono raffigurati i momenti della dolorosa “Via Crucis” e Passione di Gesù; talvolta edicole con gruppi statuari o cappelle, che invitano alla meditazione e penitenza, si trovano lungo i crinali delle colline dove sorgono Santuari. La Passione di Gesù cominciò dopo l’Ultima Cena tenuta con gli Apostoli, quando donò all’umanità sé stesso nel Sacramento dell’Eucaristia. Il senso ultimo della Passione è la redenzione dell’uomo dal peccato attraverso la Croce, evento preannunciato durante la Cena e che è il compimento della parola dei Profeti: Gesù si consegna nelle mani di uomini malvagi che lo condurranno al Calvario; è l’Agnus Dei, l’Agnello di Dio, che ha preso su di sé e ha ‘tolto’ il peccato del mondo (Gv 1,29). Il male che in un primo momento sembra trionfare con la Sua morte sulla Croce, al Venerdì Santo, verrà schiacciato con la Resurrezione.

Gli eventi della Passione cominciano con il tradimento di Giuda, che vende Gesù per trenta denari e lo denuncia con un bacio nel giardino posto al di là del torrente Cedron, dove Egli si era ritirato a pregare con i discepoli. Segue l’arresto notturno da parte dei soldati e delle guardie dei sommi sacerdoti e dei farisei; Gesù subisce l’interrogatorio di Anna, ex sommo sacerdote e suocero del sommo sacerdote in carica Caifa; poi segue il giudizio del Sinedrio giudaico capeggiato da Caifa stesso, che formula un’accusa che consenta la Sua condanna a morte, che tuttavia, per la legge vigente a Gerusalemme, non poteva essere comminata dalle autorità ebraiche. Gesù viene quindi condotto al cospetto del governatore romano Ponzio Pilato, con l’accusa di essersi proclamato re dei Giudei, commettendo delitto di lesa maestà verso l’imperatore. Nonostante non ravvisi in Lui colpa alcuna, per viltà Pilato non prende una posizione e secondo il Vangelo di Luca (Lc 23,6) lo manda da re Erode, presente in quei giorni a Gerusalemme. Questi, dopo un inutile interrogatorio e istigato dai sommi sacerdoti e scribi, lo schernisce insultandolo e, rivestitolo di una splendida tunica, lo rimanda da Pilato. Il governatore allora chiede al popolo quali sono le colpe di Gesù e alle grida della folla, lo condanna alla Flagellazione sperando di placarli, ma questi gridarono sempre più forte di crocifiggerlo. Pilato secondo le consuetudini locali, potendo liberare un prigioniero in occasione della Pasqua, chiese al popolo di scegliere fra Gesù e un prigioniero di nome Barabba, accusato di molti omicidi: il popolo si espresse salvando Barabba. Allora questi simbolicamente si lavò le mani e condannò a morte Gesù, tramite la crocifissione, e lo consegnò ai soldati che posero sul Suo capo una corona di spine e gli caricarono sulle spalle il patibulum, e lo sospinsero sulla collina del Golgota o Calvario, luogo dell’esecuzione. Qui arrivato, viene spogliato delle sue vesti, tirate a sorte fra gli stessi soldati, e poi crocifisso con chiodi alla croce, tortura che conduce Gesù alla morte dopo qualche ora. Per accertarsi del trapasso, la lancia di un centurione gli perforerà il costato. Ci sono una serie di episodi che si verificano prima e dopo la Sua morte, come il suicidio di Giuda, lo squarcio del Velo del Tempio di Gerusalemme, il terremoto, lo sconvolgimento degli elementi atmosferici, la presenza ai piedi della Croce di Maria sua madre, di Maria di Magdala, di Maria di Cleofa, madre di Giacomo il Minore e Giuseppe, di Salome madre dei figli di Zebedeo e da Giovanni il più giovane degli apostoli; le sue ultime parole prima di morire. La Passione si conclude, dopo la deposizione avvenuta in tutta fretta per l’approssimarsi della festività del sabato, con la sepoltura del Suo corpo mortale in una tomba intonsa fornita da Giuseppe d’Arimatea, avvolto in un candido lenzuolo e cosparso degli oli profumati. Poi la tomba scavata nella roccia venne chiusa da una grossa pietra.

Il Venerdì Santo è quindi il giorno della Croce, il simbolo guida dei cristiani e in cui questi si identificano. In realtà, all’inizio della diffusione del cristianesimo, la Croce fu un’immagine controversa da presentare ai fedeli: se in origine rimandava allo strumento di tortura e morte esemplare per i Romani, quindi ignominiosa, dopo aver portato il corpo di Gesù Cristo crocifisso andrà ad arricchirsi di significati che si stratificheranno e modificheranno nel corso dei secoli.

L’arte paleocristiana attinse temi dalle figure e dai racconti della precedente storia sacra del Vecchio Testamento e solo con il primo Concilio di Nicea (325), in cui venne contrastata la dottrina di Ario e definita la divinità del Verbo, si rese necessario fornire delle immagini di facile comprensione che consentissero di rendere manifesta la grandezza di Dio, attraverso la raffigurazione di scene bibliche e dei miracoli di Cristo. Un profondo cambiamento nell’uso delle immagini avviene nel IV secolo. La tradizione vuole Costantino vittorioso su Massenzio con l’aiuto di Dio, manifestatosi in un segno simbolico di Cristo, divenuto uno dei più comuni dell’arte tardoantica e medievale. Il chi – rho o chrismon fu l’innovazione artistica più importante dell’Imperatore, che sostituì sul labaro romano l’aquila simbolo di Giove con il monogramma cristiano. Fu così che la croce iniziò a far parte dell’immaginario comune del popolo cristiano e il tema della passione di Cristo apparve sui sarcofagi. Alla base della nascita di questo tema, sembra esserci l’idea teologica della crux invicta compendiata da Papa Damaso e l’inventio Crucis per opera di Sant’Elena: la croce diventa simbolo del trionfo sulla morte e non più del martirio, tanto che le prime crocifissioni occidentali mostrano un Christus Triumphans, eretto e con gli occhi aperti. Dalla seconda metà del XIII secolo Cristo viene raffigurato morto, con il capo chino, e le Sue sofferenze sempre più esaltate, con le mani e i piedi trafitti dai chiodi sempre più realistici e coperte da rivoli di sangue. Intanto si definiscono anche le figure presenti sulla scena della Crocifissione: accanto alla Vergine e a San Giovanni Evangelista, posti ai lati della croce, e presenti già nelle iconografie del IV – V secolo, viene inserito il gruppo delle pie donne o la sola Maria Maddalena. A partire dal ‘300 le crocifissioni si fanno più affollate e si afferma il tipo della Madonna nell’atto di svenire, sorretta dalle pie donne, con San Giovanni ad assisterla e confortarla, secondo una scena che non trova riscontro nelle Sacre Scritture ma che compare in testi apocrifi.

Nell’immagine di copertina si riporta l’affresco della Crocifissione della chiesa di San Menna, nell’omonima frazione del comune di Lucoli, opera di Saturnino Gatti e bottega. L’opera, realizzata tra il 1490 e il 1494, ricalca l’iconografia tradizionale: c’è Gesù crocifisso, la Vergine Maria svenuta per il dolore e sorretta da due delle pie donne, Maria Maddalena abbracciata alla croce e San Giovanni Evangelista raffigurato imberbe; due angeli raccolgono il sangue di Cristo per offrirlo al Padre. A completare la composizione sono presenti una serie di paggi e alcuni soldati: quello a cavallo alla sinistra di Gesù potrebbe essere San Longino, il centurione che, dopo averlo trafitto, si convertì. Quasi tutti i personaggi sono abbigliati secondo le consuetudini dell’epoca in cui l’opera venne realizzata, poiché l’episodio religioso è stato ricondotto dall’artista al linguaggio tipico del suo tempo, in modo da coinvolgere maggiormente lo spettatore contemporaneo nel mistero della Crocifissione.

L’altra immagine è la maestosa Crocifissione ad opera di Francesco da Montereale e realizzata sulla parete dietro l’altare maggiore della Chiesa del Monastero della Beata Antonia.

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