Cultura

Tutti i Santi Giorni, 17 aprile: Pasqua

Per la rubrica "Tutti i Santi giorni" del 17 aprile, la solennità della Pasqua.

Per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 17 aprile, la solennità della Pasqua.

Il 17 aprile di quest’anno ricorre la solennità della Pasqua, il giorno della Resurrezione. La Pasqua, o Domenica della Resurrezione, è la principale festa cristiana, il giorno in cui si commemora la Resurrezione di Gesù dai morti. L’evento è descritto nel Nuovo Testamento ed è collocato il terzo giorno dalla Sua sepoltura, dopo la crocifissione da parte dei romani sul monte Calvario, intorno al 30 d.C. Come la Settimana Santa, la Pasqua è una festa mobile, cioè non cadente in una data fissa; la ricorrenza è calcolata sulla base di un calendario lunisolare e si festeggia, secondo quanto stabilito nel Concilio di Nicea I, la domenica successiva al primo plenilunio di primavera.
Le radici della Pasqua cristiana sono da ricercare in quella ebraica, chiamata Pesach, in cui si celebra la liberazione degli Ebrei dall’Egitto grazie a Mosè e riunisce due riti: l’immolazione dell’agnello e la consumazione del pane azzimo. Dal punto di vista etimologico, pesach significa “passare oltre” e si ricollega al racconto della decima piaga d’Egitto, quando il Signore ordinò al suo popolo di segnare con il sangue dell’agnello le porte delle case di Israele permettendo allo sterminatore passare oltre quegli usci, e di colpire solo le case degli egizi, uccidendo i primogeniti maschi (Es 12,21-34). Durante la festa gli ebrei ortodossi si astengono dal consumare pane lievitato e lo sostituiscono con il pane azzimo, come quello che consumò il popolo ebraico durante la fuga dall’Egitto. Con l’avvento del Cristianesimo la Pasqua ha acquisito un nuovo significato: con il passaggio di Gesù dalla morte alla vita, si rinsalda l’alleanza tra Cristo e l’uomo, liberato dal peccato originale con il sacrificio della Croce, e chiamato a nuova vita, a risorgere nel Signore nel giorno finale. Il legame con la festa ebraica è rimasto nelle letture liturgiche del Sabato Santo che sono quelle della Pesach, ma la festa più importante, la vera Pasqua cristiana è il giorno successivo, la Domenica di Resurrezione.

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È l’evento centrale della narrazione dei Vangeli e degli altri testi del Nuovo Testamento: il terzo giorno dopo la sua morte in croce Gesù risorge lasciando il sepolcro vuoto e apparendo inizialmente ad alcune discepole, per poi presentarsi anche agli apostoli e ad altri seguaci (Mt 28; Mc 16; Lc 24; Gv 20). Gli Evangelisti concordano sulla presenza di Maria di Magdala e forniscono informazioni diverse sulle altre donne che erano con lei; sono inoltre sulla scena una o due figure angeliche, in vesti bianche o sfolgoranti, simbolo della luce divina.
Per quanto riguarda la produzione artistica, il tema della Resurrezione è raramente presente nella pittura altomedievale: probabilmente per l’insita difficoltà di rappresentare un evento intangibile e che trascende l’umana comprensione, rimane un’immagine sempre poco raffigurata e che si sviluppa in modo esiguo se confrontata con altre iconografie religiose in cui l’aspetto umano può essere più agevolmente presentato. A partire dal XV secolo sarà rappresentata con le modalità di una Ascensione, col corpo del Risorto levitante a mezz’aria sopra la tomba o il sarcofago vuoti, cui va a sovrapporsi il modello formale del Gesù in “mandorla” tardomedievale.  Uno dei primi dipinti in cui viene raffigurato Gesù nell’atto di uscire dal sepolcro è la Resurrezione affrescata da Pietro Lorenzetti nel transetto sinistro della basilica inferiore di San Francesco ad Assisi all’interno del ciclo con le Storie della Passione di Cristo, databile al 1310-1319 circa. È probabile che grazie alla rilevanza dell’edificio di culto e all’espansione del francescanesimo questa rappresentazione sia divenuta il modello per un’ampia diffusione del tema. Nella seconda metà del Trecento, dunque, la nuova iconografia della Resurrezione è ormai consolidata e prosegue nella pittura rinascimentale, come nell’esempio dipinto da Piero della Francesca per il Palazzo dei Conservatori a Sansepolcro, affrescata all’inizio degli anni Sessanta del XV secolo. Cristo viene immortalato nell’atto di ergersi dal sepolcro, spesso con in mano il vessillo bianco con una croce rossa, simbolo della resurrezione; il sepolcro non è più concepito come un sacello scavato nella roccia, ma come la cassa di un sarcofago marmoreo, attorno cui giacciono i soldati assopiti o colti nell’atto di ripararsi gli occhi dalla luce abbagliante emanata da Gesù risorto. Questo tema, entrato a far parte dell’immaginario collettivo, non è mai descritto nei Vangeli canonici in cui il miracolo della Resurrezione di Gesù è narrato in maniera solo deducibile da fatti o testimonianze successive all’evento; è invece presente in un apocrifo del secondo secolo, il Vangelo di Pietro. Il Concilio di Trento, che sancì per l’iconografia un ritorno rigoroso alle Scritture, disapprovò sia la versione col Cristo sospeso in aria sia quella col Cristo in piedi nel sepolcro; quindi, a partire dalla seconda metà del secolo XVI, le raffigurazioni più diffuse sono quelle in cui Gesù compare in piedi davanti a un sarcofago chiuso.

Nell’immagine di copertina è il ciclo di affreschi con le Storie della Passione di Cristo, sito lungo le pareti laterali dell’abside della chiesa di San Panfilo a Villagrande di Tornimparte. L’opera fu realizzata negli anni Novanta del Quattrocento da Saturnino Gatti: si legge dalle fonti notarili che il 23 maggio del 1489 il maestro ricevette da «Dominico Antoni Paulutii de Tornamparte» quarantacinque fiorini per gli affreschi di una cappella nella chiesa di San Panfilo, lavori che presero l’avvio l’anno successivo con la stipula del contratto. L’opera è purtroppo danneggiata da rifacimenti e gravi lacune, tanto che manca la scena della Crocifissione, perduta a causa dell’apertura di un finestrone; restano visibili i brani del bacio di Giuda con la Cattura, tracce del Cristo al Pretorio con la Flagellazione e l’Incoronazione di Spine, il Compianto sul Cristo morto. La Resurrezione è la porzione meglio conservata e mostra nella figura del Cristo Risorto, influenze dello stile di Andrea Verrocchio e di Antonio del Pollaiolo.
L’altra opera presentata è la Resurrezione di Cristo, tempera su tavola attribuita a Francesco da Montereale. Il dipinto – insieme alla tavola con Cristo pellegrino che appare al Beato Bernardino da Fossa – fu realizzato nel 1515 per il convento di Sant’Angelo d’Ocre e collocato presso l’altare del Beato francescano subito dopo la sua morte. Oggi è nelle sale del Museo Nazionale d’Abruzzo.

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