Il tracollo

Cinema tra Covid, bollette e Netflix: “Oggi ogni multisala ha una data di scadenza”

Dal "Caso Italia" al Caso Abruzzo? La crisi dei cinema non si arresta. Sempre più strutture chiudono i battenti, come il Movieland del Megalò. E non è solo colpa del Covid

Non sarà uno strike, ma i cinema continuano a cadere quasi come birilli. Dal Caso Italia al “Caso Abruzzo”, dove alla crisi del settore si è aggiunta la notizia, improvvisa, della chiusura del multisala Movieland del Megalò di Chieti. E non è solo colpa del Covid 19.

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Cinema, è crisi senza fine. Il Covid 19, sicuramente, ci ha messo del suo. Due anni tra lockdown, restrizioni, chiusure e riaperture vincolate, senza parlare delle produzioni cinematografiche in difficoltà. Quindi, la mancata ripartenza del mercato cinematografico italiano alla riapertura delle sale e…Netflix. Qual è la situazione?
Lo stato di salute del cinema in Abruzzo segue il trend nazionale, come ci spiega Igino D’Andrea, che gestisce il cinema Pacifico di Sulmona e il multisala Igioland di Corfinio. “Stiamo attraversando il momento più difficile che si ricordi nella storia del Cinema italiano e tante sono le strutture che ne stanno pagando le conseguenze. Si parla, a livello nazionale e regionale appunto del -65% degli incassi (e quindi di spettatori) rispetto al 2019, quando la pandemia non era ancora arrivata”. A fronte di una presenza sempre più in calo, poi, le utenze sono raddoppiate andando a colpire al cuore uno dei settori più vulnerabili dopo le restrizioni Covid.
In questo momento far quadrare i conti è molto complicato. Si consideri, del resto, che veniamo da un periodo difficilissimo, di cui c’è un fatto emblematico: cioè essere rimasti chiusi a Natale 2020. Una chiusura che è andata avanti per l’intero periodo in cui le sale sono generalmente più frequentate”. 

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Nel 2021 a Natale è stato possibile tenere le sale finalmente aperte. Tuttavia, “la riapertura è stata soggetta a diverse restrizioni. Inizialmente c’erano capienze limitate nelle sale e non c’era possibilità di lavorare con il servizio bar, quindi niente pop-corn, patatine e coca cola e, di conseguenza, incassi inevitabilmente ridotti.
Per non parlare del Super Green pass, che ha tagliato fuori una fetta di persone dai nostri cinema”
, continua Igino D’Andrea ai nostri microfoni.
E adesso arriva l’estate, con il calo quasi “fisiologico” di spettatori nelle sale.
“Ora è il momento di resistere, servirà cercare di limitare i danni e aspettare settembre. Purtroppo continuiamo a sentire, ogni settimana, notizie di cinema che chiudono i battenti, perché i costi non sono sostenibili…con questi incassi e le spese per le utenze più che raddoppiate rispetto a un anno fa, in questo momento è come se ogni struttura avesse una data di scadenza. Se oggi siamo aperti è anche grazie agli aiuti arrivati dal Governo. Il fatto che la riapertura non sia stata accompagnata da una contemporanea ripartenza del mercato, però, è stato un grande problema. Ecco perché adesso ci ritroviamo ad aver bisogno di ulteriori aiuti”. 

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cinema chiusi

Allargando lo sguardo, infatti, rispetto alle difficoltà più evidenti che hanno piegato il mondo del cinema, troviamo la stasi vissuta dallo stesso mercato cinematografico italiano. “Se guardiamo l’Europa vediamo dati in crescita rispetto alle produzioni, a differenza del dato italiano, che mostra come la ripartenza del mercato Made in Italy sia molto in ritardo. Inoltre, è evidente come le pellicole americane incassino, mentre quelle italiane incassino pochissimo…un dato da analizzare e interpretare di conseguenza”.
Naturalmente, il discorso Cinema in Europa andrebbe, poi, sviluppato andando ad esaminare la situazione attuale in ogni singolo Paese. In Francia andare al cinema è un’abitudine per un numero via via maggiore di persone: questione (solo) di cultura? Probabilmente no.
Nel Belpaese, dove il cinema arranca sempre più vistosamente, si tende ad attribuire “la colpa” di questa crisi a Netflix e, più in generale, alle piattaforme di streaming; ma il discorso andrebbe fatto a 360 gradi e dovrebbe includere, quindi, anche la legislazione che regolamenta le tempistiche di distribuzione dei film alle relative piattaforme streaming.
È quanto sottolinea, in conclusione, Igino D’Andrea: “I paragoni tra Paesi non possono essere assoluti. In Francia prima che una pellicola arrivi dal grande schermo alle piattaforme bisogna aspettare ben 15 mesi. In Italia bastano 90 giorni per i film italiani, mentre anche solo un giorno dall’uscita per le pellicole straniere. Una differenza evidente. Questa legislazione sicuramente non aiuta. Sarebbe comunque sbagliato dare la colpa esclusivamente alle piattaforme, perché incidono senza dubbio, ma non sono l’unico motivo e l’unica causa dello stato in cui versa il cinema oggi”. Tanti problemi, allora, ma all’orizzonte nessuna soluzione.

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