Termovalorizzatore e alleanze: guerra, energia e gelosie dividono gli schieramenti

La politica italiana continua a dividersi; centrodestra e centrosinistra alle prese con gelosie e diverse visioni su guerra ed energia.
La politica italiana continua a dividersi; centrodestra e centrosinistra alle prese con gelosie e diverse visioni su guerra ed energia.
Nel centrodestra si litiga soprattutto per la Sicilia. Berlusconi e Salvini sempre più vicini. Gelosi della Meloni? A sinistra tra Pd e 5Stelle l’alleanza non decolla. Divisi su energia, guerra, e ora il sindaco di Roma Gualtieri annuncia un termovalorizzatore. In altri tempi l’annuncio avrebbe sollevato una polveriera. Adesso forse per l’effetto Draghi, forse per la paura di restare senza il gas russo, la protesta non sembra preoccupare il sindaco di Roma Gualtieri che, nel corso della riunione straordinaria del consiglio comunale, ha annunciato la costruzione di un moderno termovalorizzatore. Ci vorranno 2 anni e 150 milioni di spesa, ma finirà quella ricerca di siti precari e costosi. Finirà l’esportazione di rifiuti in altre zone d’Italia e all’estero. Una svolta perché, proprio per evitare polemiche, Gualtieri, in campagna elettorale, non aveva fatto cenno a questo tipo di impianti. L’aveva fatto invece Calenda, che adesso applaude al sindaco. Reagiscono negativamente a sinistra che considerano gli inceneritori scelte di destra. Ma Gualtieri non lascia molto margini alla discussione: per risolvere il problema dei rifiuti a Roma quella è la sola via. Il sindaco illustra anche le caratteristiche del nuovo impianto che, con la trasformazione dei rifiuti, è in grado di garantire energia a 150 mila famiglie. Una inversione rispetto alle scelte della precedente giunta guidata alla 5Stelle, Raggi. Una posizione che contrasta con la linea storica dei grillini. Un boccone amaro da mandar giù per Conte. Non il primo. Ha dovuto accettare l’invio di armi agli ucraini, dovrà accettare la ripresa delle trivellazioni e il potenziamento dell’estrazione di gas. Il governo, come ha annunciato Draghi, cercherà di superare quei vincoli burocratici che bloccano ogni iniziativa. Così come saranno necessari ulteriori impianti di degassificazione. Inevitabili nuove fibrillazioni tra il partito governista, rappresentato da Di Maio, e quello movimentista. Fibrillazioni che incideranno sull’alleanza con il Pd. A giugno è previsto un importante appuntamento elettorale, ma di intese si parla poco. Eppure questa tornata elettorale doveva servire proprio a consolidare l’alleanza in vista della scadenza delle politiche. Invece si procede in ordine sparso, con il Pd sempre più schiacciato su Draghi. Se il premier avesse intenzioni politiche per il partito di Letta sarebbe una occasione straordinaria. Ma Draghi, nella sua intervista a il Corriere della Sera, ha detto chiaramente che non formerà alcun partito e che non si candiderà. Il Pd potrà cercare di vantare il sostegno pieno dato al premier. Ma non sarà la sola forza politica che lo farà. Anche a destra sia la Lega che Forza Italia sbandierano i successi ottenuti e soprattutto aver strappato l’impegno del governo a non aumentare le tasse. Affermazioni che servono per ottenere voti anche perché Draghi non aveva mai fatto cenno ad aumenti di imposte.
Se la grande coalizione di centrosinistra deve ancor nascere a destra le cose non sono migliori. Con i mezzi di informazione impegnati a seguire l’andamento della guerra è passato in secondo piano l’incontro tra Berlusconi e Salvini. Del resto anche al “finto” matrimonio del Cavaliere c’era il leader del Carroccio non c’era Giorgia Meloni, che, stando ai sondaggi rappresenta il partito più forte del centrodestra. Le scorie dell’elezione del presidente della Repubblica, sono ancora presenti, a queste si aggiungono quelle che riguardano la preparazione delle liste in vista delle amministrative di giugno. Particolarmente delicata la situazione in Sicilia, dove Lega e Forza Italia sembrano isolare Fratelli d‘Italia. In discussione il candidato sindaco di Palermo, ma perfino la guida della regione. Giorgia Meloni ha mandato un messaggio a Berlusconi chiedendo un suo intervento.
In fondo il vero problema è la crescita dei consensi per Fratelli d’Italia. Nelle elezioni politiche del 2018 era la terza forza della coalizione, prima la Lega, poi Forza Italia. Ora la situazione è ribaltata. Non solo, ma c’è anche un travaso di dirigenti leghisti verso Fratelli d’Italia che preoccupa gli alleati. O almeno così appare visti gli incontri. C’è da dire che Lega e Forza Italia fanno parte della maggioranza e dunque cercano di concordare una linea comune di pressione sul Presidente del Consiglio, mentre Giorgia Meloni, all’opposizione ha sicuramente le mani libere e quando critica l’esecutivo chiama in causa anche le forze che lo sostengono. Potrebbe apparire un gioco delle parti, in cui ognuno recita un ruolo, in realtà i motivi di tensione ci sono. Lo testimonia la vicenda siciliana. Poi, anche se non viene manifestata, c’è una sottile insofferenza per la crescita di Fratelli d’Italia che ha potuto giovarsi del suo ruolo di opposizione, ma che ha una leader che ispira più fiducia nella fascia elettorale di centrodestra.
Sono fratture o solo momenti di tensione? Sicuramente le differenze ci sono, ma tutti sanno bene che per vincere le elezioni la coalizione di centrodestra deve presentarsi unita. Forse questo alla fine sarà il collante più efficace, almeno nella competizione elettorale. Poi si vedrà.
Più complicato a sinistra. Se a destra è la Meloni a rastrellare i voti che Lega e Forza Italia perdono, nel fronte opposto l’emorragia di consensi dei 5Stelle (nel 2018 avevano avuto il 32 per cento, ora i sondaggi indicano un 12-13) non vanno che in minima parte al Pd. Anzi, facendo i conti, è facile ritenere che molti simpatizzanti grillini ora facciano il tifo per la Meloni. I 5Stelle poi con Conte stanno facendo il possibile per non accreditarsi come subalterni al Pd. Conte in tv è sembrato non voler scegliere tra Macron e la Le Pen. Posizione ben diversa nel Pd. Elementi di frizione sono tanti. E se la frattura diventa grande il collante elettorale potrebbe non bastare.