Giulio Votta, il cammino di Santiago sui trampoli: “Un viaggio tra arte e fede”

Giulio Votta, l’eclettico artista aquilano, farà il cammino di Santiago da un’altra prospettiva: 200 km sui trampoli.
“Mi reputo un artigiano della strada e in questa strada il teatro è da sempre la mia vita. In questo lungo percorso tra fede e arte ho deciso di cimentarmi nella sfida più grande: sui miei trampoli comperò un percorso spirituale fino a Santiago”. Questo è Giulio Votta, 45 anni, straordinario attore di teatro, artista di strada di talento e insegnante della scuola primaria. Un artista a tutto tondo, un attore eclettico e completo che ha fatto dell’arte la sua ragione di vita e che ora ha deciso di mettersi in cammino per Santiago, portando con sé i trampoli con i quali ha girato tutta Europa.

Giulio Votta partirà da L’Aquila a metà giugno, due anni dopo l’inizio della crisi per il settore artistico conseguente alla pandemia. Andrà a Santiago dove, sui trampoli, percorrerà gli ultimi 200 km del cammino. “Dopo un periodo buio – spiega Giulio Votta alCapoluogo – ho voluto cercare di mettere insieme un percorso di fede così importante e profondo come quello che si fa andando a Santiago con il mio personale. Ovviamente non ce la farei a farlo tutto:devo rientrare per lavorare e fare le prove di uno spettacolo che si terrà a L’Aquila questa estate all’interno della rassegna I Cantieri dell’Immaginario. Saranno 200 km che raccoglieranno trenta anni di vita”.



La carriera di Giulio Votta è iniziata a 16 anni, a L’Aquila, la sua città, nello storico teatro San Filippo gestito dalla compagnia dell’Uovo dove si era iscritto al corso di tecniche attoriali. Ha alle spalle una carriera lunga e intensa durante la quale ha raccolto tante soddisfazioni. La vera gavetta è iniziata con il circo Leris Colombaioni, “Una delle famiglie circensi più famose del Centro Italia, una storica famiglia di clown di tradizione, notissimi in tutto il mondo come maestri del movimento comico”. I Colombaioni hanno lavorato con mostri sacri italiani come Federico Fellini e Dario Fo , nonchè con riformatori del teatro come Jerzy Grotowski o Eugenio Barba. “Il nostro era un circo senza animali, c’erano gli uomini e le loro professionalità. Maghi, acrobati, clown… Loro mi hanno fatto lavorare, mi hanno formato, e io in cambio ho messo a disposizione la mia persona. Abitavo in una piccola roulotte e li seguivo in giro per l’Italia”. Dopo il circo, anche un periodo di formazione all’estero: “Decisi di trasferirmi in Danimarca, dove ho studiato teatro per tre anni, soggiornandovi per brevi periodi con la compagnia di Barba. Sono stati anni difficili, fatti di tante soddisfazioni, ma è comunque un mestiere duro. Spesso si riceveva in cambio solo vitto e alloggio e per me che volevo essere indipendente non era facile. Oggi che ho 45 anni e ho un figlio di 8, guardandomi indietro mi reputo una persona fortunata e rifarei comunque tutto da capo, perchè gavetta e formazione sono imprescindibili per un artista o un qualunque professionista”.
Dopo la Danimarca, fondamentale per la sua formazione, è stato anche l’incontro con il Teatro Proskenion, una compagnia che fa teatro di improvvisazione e di ricerca, con sede a Reggio Calabria. “Ho avuto questa opportunità grazie a una collaborazione con l’Università dell’Aquila, con la cattedra di studi teatrali diretta da Ferdinando Taviani e Mirella Schino“.
Tornato all’Aquila Giulio, dopo il terremoto del 6 aprile 2009, ha messo su con Cecilia Cruciani la Casa del Teatro, un vero punto di riferimento con tante attività, soprattutto per i più piccoli. “Anche se da qualche anno la collaborazione con la Casa del Teatro si è conclusa, è stata una bellissima esperienza, formativa, importante, che mi ha fatto capire quanto sia fondamentale far approcciare i più piccoli all’arte, fin dalla tenera età. Per me l’arte e il teatro sono bisogni veri, primordiali, unici!”. Di pari passo con il teatro, per Giulio c’è anche un grande amore per la musica. “Due forme d’arte quasi complementari, che stanno bene insieme. Suono diversi strumenti, li colleziono, perchè per me la musica è magia, è terapia, tocca le corde dell’anima”.



Ci sono la musica e l’arte a fare da traino nella scelta di Giulio di andare a Santiago sui trampoli: ma c’è stata anche la pandemia a creare questo bisogno. “Sono stati anni difficili per tutti: la mancanza di lavoro, la crisi nera che si è abbattuta sul comparto spettacolo, ha costretto migliaia di persone a non lavorare per circa 2 anni. Salgo quindi sui trampoli per vedere il mondo… da un’altra prospettiva. Sarà un cammino relativamente breve, animato dal sostegno profondo verso tutti i miei colleghi che non hanno avuto la mia stessa fortuna di poter continuare a lavorare potendo contare sullo stipendio delle supplenze a scuola, quando il teatro, il cinema e la musica si sono fermati. Noi artisti siamo stati considerati lavoratori di serie B, cittadini inutili e non validi. Io sono riuscito a non soccombere perchè avevo la scuola: per molti non è stato così. Nel teatro non ci sono solo gli attori, ci sono i costumisti, gli operatori, i tecnici e i fonici: migliaia di persone che hanno dovuto giocoforza incrociare le braccia e dopo 2 anni ancora non riescono a ripartire come si deve. Io dovevo farcela, lo dovevo a me stesso, lo dovevo a quel ragazzino che a 16 anni salì timidamente sul palcoscenico del Teatro San Filippo e lo dovevo a mio figlio di 8 anni che aveva bisogno di me e del mio sostegno, anche economico. Il nostro settore in questi due anni non ha avuto aiuti se non davvero delle ‘mance’ e non è giusto. Siamo prima di tutto esseri umani, con una dignità e soprattutto abbiamo diritto di poter lavorare dopo anni di studi e di gavetta”.


“Sarà un pellegrinaggio speciale, in cui porto in scena la mia fede artistica, una fede che nemmeno la pandemia è riuscita a spezzare. Abbiamo bisogno di arte, di cose belle, di spettacoli dal vivo per praticare della sana socialità. Fa bene al cuore, alla mente, allo spirito”, conclude.


