Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, le poesie della pace

Poesie della pace: Renzo Pezzani e Jorge Carrera Andrade nell'appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

Le poesie della pace: Renzo Pezzani e Jorge Carrera Andrade. Nella puntata dello scorso giovedì ho ricordato l’infaticabile richiesta di Papa Francesco di far tacere le armi e dare la parola al negoziato per questa guerra Russia Ucraina.

Le nuove stanze della poesia, La luna di Kiev di Gianni Rodari

Per le festa della Pasqua il Pontefice ha richiesto invano una tregua , preludio di una cessazione del fuoco permanente. Voglio proporre ancora in questa puntata e nelle successive alcuni componimenti poetici che parlano di pace. L’anelito per questa condizione rimane altissimo nella mente e nei cuori di quanti lavorano per un mondo più condivisibile perché più giusto. La guerra , come dice ancora Papa Francesco, qualsiasi guerra nasce sempre da un’ingiustizia. La pace : un richiamo appunto alla “ parola”, quella che riesce a negoziare, mediare, trasformare,rendere giustizia .La pace che dà voce alla parola . Una parola che viene distrutta proprio dalla guerra .Una guerra che toglie la “pace”. E’ proprio la perdita di questo bene che sconvolge e dà angoscia. Durante il periodo di pandemia che abbiamo appena attraversato l’angoscia era determinata dalla impotenza nel far fronte ad un “nemico” , quale abbiamo ritenuto il virus del Covid 19, (conviviamo da tempo immemorabile con virus utili ) , che all’improvviso ha minacciato la nostra esistenza, il nostro mondo, la nostra realtà quotidiana. Abbiamo lenito questa angoscia solo perché le morti, a causa del virus e per questo sempre e comunque insopportabili, erano circoscritte ai luoghi come ospedali, case di riposo, cimiteri.

La nostra società, quella occidentale in generale, ha rimosso la morte camuffandola in mille altre cose , nascondendola,insomma privando il naturale ciclo della vita di uno dei suoi termini di riferimento essenziali . A differenza della civiltà contadina, ad esempio, che nei suoi cicli naturali della vita non solo dell’uomo ma anche delle piante e degli animali, aveva ben presente la morte. Tanto che il lutto e la sua elaborazione facevano parte di quella cultura che alla morte dedicava canti, racconti, azioni propiziatorie. Quindi di fronte alla scomparsa della morte essersi trovati in piena pandemia a contare centinaia di morti al giorno è stato sconvolgente.

Non eravamo più abituati a guardare la morte, a vederla nella sua vera rappresentazione. Rimossa. E quando ci siamo trovati di fronte alla sua aggressione ,( per il modo con cui ha toccato forse ognuno di noi direttamente o indirettamente ) specialmente delle persone più anziane, perché più fragili ,che rappresentavano ( per esempio sempre nella civiltà contadina) e rappresentano nella nostra società la memoria storica e il sapere materiale , siamo rimasti angosciati. Una morte contro natura che appunto ha avuto nel suo svolgersi tempi e modi sorprendenti per la rapidità ma anche perché quelle morti sono state morti in solitudine e senza alcun rito di commiato . Nel caso della pandemia dunque ,tutto è stato sconvolto. Come nel caso della guerra. Molte volte noi abbiamo parlato della guerra in senso metaforico , la guerra finanziaria, la guerra cibernetica, la guerra “ a questo e a quello”. Oggi guardiamo e subiamo la guerra fatta in concreto con le armi . Una guerra che provoca morte e quella che vediamo non è quella dei soldati, sul campo di battaglia, è quella dei civili inermi. Corpi senza nome e senza sepoltura abbandonati sulle strade , sui marciapiedi , insieme agli oggetti della vita quotidiana : le sporte per la spesa, la bicicletta,le valigie con le poche cose raccolte per mettersi in salvo. La guerra e la salvezza. La guerra e poi la pace. Frazioni susseguenti,di un iter che va avviluppandosi sempre più attorno ad una catastrofe. La guerra sconfitta di ogni cosa, la guerra catastrofe della ragione.
Lascio per qualche puntata di questa rubrica il ciclo di poesie che ho definito “ le poesie dei banchi di scuola” per proporre alcuni componimenti non sulla guerra ma appunto sulla pace che rappresenta un anelito dell’uomo fin dal momento in cui è stata inventata la guerra .

Ecco allora dopo le poesie di Gianni Rodari della scorsa settimane due poesie molto diverse tra di loro. La prima di Renzo Pezzani e la seconda di Jorge Carrera Andrade.
Renzo Pezzani nacque a Parma nel 1898.Dopo gli studi magistrali si dedicò all’insegnamento come maestro elementare fino al 1926 quando dovette abbandonare la scuola a causa della sua contestazione al regime fascista . Si trasferì così a Torino dove rimase fino alla morte che avvenne nel 1951.
L’opera di Renzo Pezzani comprende scritti per adulti e per bambini e i temi trattati sono sostanzialmente gli stessi sia per i grandi che per i piccoli. La sua fama è comunque legata più ai testi per l’infanzia.

Al soldato caduto Renzo Pezzani
Nessuno, forse, sa più
perché sei sepolto lassù
nel camposanto sperduto
sull’alpe, soldato caduto.
Nessuno sa più chi tu sia,
soldato di fanteria,
coperto di erba e di terra,
vestito del saio di guerra,
l’elmetto sulle ventitré.
Nessuno ricorda perché,
posata la vanga, il badile,
portando a tracolla il fucile,
salivi sull’alpe; salivi,
cantavi e di piombo morivi,
ed altri moriron con te.
Ed ora sei tutto di Dio.
Il sole, la pioggia, l’oblio
t’han tolto anche il nome d’in fronte.
Non sei che una croce sul monte
che dura nei turbini e tace,
custode di gloria e di pace.

Jorge Carrera Andrade è stato un poeta, scrittore e uomo politico ecuadoriano (Quito 1903 – ivi 1978). Ha rappresentato il suo paese a Londra, Parigi, Caras Tokio ed è anche stato ministro degli Esteri (1966-67). Nei suoi versi è sensibile l’influsso dei romantici e dei simbolisti francesi: Estanque inefable (1922), La guirnalda del silenncio (1926), Boletines de mar y tierra (1930), Cartas de un emigrado (1933), Biografía para el uso de los pájaros (1937), Microgramas (1940), Registro del mundo (1940), Familia de la noche (1952), Hombre planetario (1963), ecc. Da ricordare inoltre le prose di Latitudes (1934) e i saggi raccolti in Rostros y climas (1948).

Verrà un giorno Jorge Carrera Andrade
Verrà un giorno più puro degli altri:
scoppierà la pace sulla terra
come un sole di cristallo.
Una luce nuova
avvolgerà le cose.
Gli uomini canteranno per le strade
ormai liberi dalla morte menzognera.
Il frumento crescerà sui resti
delle armi distrutte
e nessuno verserà
il sangue del fratello.
Il mondo apparterrà alle fonti
e alle spighe che imporranno il loro impero

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