Camere con vista

Camere con vista, tensioni in Forza Italia mentre Giorgia Meloni tende la mano a Salvini

Camere con vista, situazione politica in evoluzione: scontro in Forza Italia, moderati in difficoltà. Meloni sempre più forte tende la mano a Salvini. Intanto c’è un partito di Draghi senza Draghi?

È la guerra in Ucraina a riempire le pagine dei giornali. L’invasione, la resistenza di Kiev, i rischi, la questione energetica sono al centro dei dibattiti televisivi e delle preoccupazioni generali. Così la politica sembra silenziosa, unica eccezione le prese di posizioni “pacifiste” di Salvini e Conte. Ieri il leader leghista è andato da Draghi per parlare di pace. Come il capo dei 5Stelle avrebbe voluto un dibattito in Parlamento, si deve accontentare di un colloquio e dell’informativa di Draghi  in settimana. L’ex maggioranza giallo-verde scalpita. Ieri per tre volte è mancato il numero legale nelle votazione in Parlamento. Molte assenze tra leghisti e grillini, inoltre il lunedì le camere sono generalmente semivuote. Ma è comunque un brutto segnale per la maggioranza. Lo rileva chiaramente Giorgia Meloni dall’opposizione. Tutto questo porta voti al suo partito. Sui referendum c’è invece il silenzio. Si voterà in coincidenza con le comunali del 12 giugno, ma pochi lo sanno, e soprattutto manca l’informazione sui temi oggetto del voto. Il dibattito politico sembra assente. Sembra perché qualcosa si muove e può anche esplodere. È chiaro che il traguardo è quello delle prossime politiche: Giorgia Meloni sembra avere il vento in poppa, sa bene, però, che per vincere è necessaria l’intesa con le altre forze del centrodestra. Per questo ha mandato un messaggio al leader leghista per ricordare che si vince solo tutti insieme. Prima però è necessario un chiarimento. Non solo tra i partiti, ma all’interno di questi tra i governisti, il partito di Draghi per semplificare, e gli altri. Le fibrillazioni più evidenti sono in Forza Italia dove solo la figura di Berlusconi può cercare di  placare tensioni e rivalità. Con il Cavaliere assente le rivalità si sono fatte sentire. Così la decisione di affidare alla fedelissima di Berlusconi, Licia Ronzulli, la guida della Lombardia ha scatenato la protesta di Mariastella Gelmini. che sosteneva l’attuale commissario. La Gelmini non è sola, dalla sua parte c’è probabilmente l’ala governista del partito. Soprattutto i ministri. La tensione è forte nonostante le parole rassicuranti di Antonio Tajani. Così ieri sera a sorpresa è stato proprio Berlusconi a farsi sentire pubblicamente. Si è recato, accompagnato dalla compagna e dalla Ronzulli, alla convention di Treviglio, nel Bergamasco. Quasi una replica della sua scesa in campo. Ha parlato del suo costante impegno contro il comunismo, pensando alla Cina, e alla sua volontà di impegnarsi in politica. Ha usato parole dure contro Biden, giudicato incapace di condurre una trattativa con Putin Ma a parte le cose dette, che forse non saranno state gradite da Draghi, il messaggio è tutto interno: l’annuncio di un rinnovato impegno. Non a caso tra i presenti c’erano anche esponenti che avevano lasciato Forza Italia e ora hanno fatto ritorno. Riuscirà Berlusconi a riunificare il partito? Ma se dovesse calcare la mano contro Draghi è certo che lo seguirebbero tutti? Anche quella parte governista al governo e fuori che manifesta grande sintonia con il presidente del Consiglio? Non c’è il rischio che possa crearsi un partito di Draghi, pur senza la spinta del premier? Draghi ha annunciato che non farà partiti, che non si candiderà. Questo non significa che gruppi o singoli esponenti politici non vedano in una linea moderata ed europeista , il punto di approdo. Non sarebbe altro che quel centro, invocato spesso, e di fatto assente nella scena politica. Ci ha pensato sicuramente Calenda che potrebbe sognare di essere il catalizzatore di una fetta di parlamentari  e di opinione pubblica che mal sopportano i 5Stelle oppure che non vorrebbero sostenere un esecutivo guidato dalla Meloni. Un pensiero analogo è anche nella testa di Renzi che guarda a Macron.

Un raggruppamento di moderati o di quanti sanno bene che, dopo la riforma che ha tagliato il numero dei seggi in Parlamento, non otterranno alcuna ricandidatura dai partiti di provenienza, potrebbe essere possibile. Le esperienze del passato però pesano, agli scissionisti è andata quasi sempre male. Chiedere ad Alfano, a Fini e a Renzi. Però se ne parla. E più cresce nei sondaggi Giorgia Meloni e più qualcuno potrebbe intraprendere altre strade pur rischiando di trovarsi senza truppe, cioè senza voti. Analoga questione potrebbe nascere nello schieramento opposto. Chi rappresenta la linea dei 5Stelle, Di Maio o Conte? Ufficialmente la guida è affidata a Conte che non perde occasione per criticare Draghi, sia quando denuncia il superbonus che quando interviene sull’Ucraina. E tra i suoi c’è chi lo spinge su posizioni più radicali. Tra questi c’è l’ex sindaco di Roma Raggi. Sicuramente c’è Grillo. Oggi sul suo blog è apparso un titolo di un ex ambasciatore che parla di un’Italia che accetta i soprusi Usa. Una linea, quella di Grillo e quella di Conte che, nei fatti, è rigettata da Luigi Di Maio che nel governo ricopre la carica di ministro degli Esteri. Di Maio e Draghi si muovono in perfetta sintonia sia per quanto riguarda il sostegno all’Ucraina, sia sulla necessità di una iniziativa di pace, sia sulla scelta atlantista. Anche lui nel cosiddetto partito di Draghi? Sicuramente in una posizione ben diversa di quella di chi guida il suo partito. I 5Stelle resteranno con Conte o con Di Maio? Comunque andrà sarà un disastro. Solo quattro anni fa i grillini avevano raccolto il 33 per cento, ora sono stimati tra il 12 e il 13 per cento. Se lo scontro diventerà palese ipotizzare una scissione non è poi folle.
C’è poi Letta. Sogna quel campo largo che nessuno sa bene cosa sia, intanto si schiaccia su Draghi. E’ il partito che sostiene di più e senza incertezze l’azione di questo governo. Potrebbe essere questo il partito di Draghi? Sì ma senza Draghi e con la speranza che porti bene alle elezioni.

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