Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, I bambini giocano alla guerra di Bertolt Brecht

Una poesia della pace di Bertolt Brecht per l'appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

E’ certo. La guerra è per i bambini un gioco di imitazione. Crudele e tragico. Un gioco poco serio in sé che non ha niente di tutte le risorse che i bambini mettono nel gioco per movimentare il cantiere della loro crescita . In questo gioco di imitazione guardano ai grandi e riproducono i gesti e le azioni del soldato che spara: pum, Se gli adulti giocassero alla pace , imiterebbero appunto gesti che non hanno nulla a che fare con il soldato che spara. Lo abbiamo visto, per esempio in alcuni servizi televisivi dall’Ucraina in cui bambini appunto facevano il gesto di sparare. In quello scenario di guerra altri servizi raccontano la paura dei bambini dentro i rifugi, la perdita del sonno, la catastrofe psicologica.

Fare la guerra però è sempre un comportamento irresponsabile, irriflessivo, assertivo, capriccioso , precipitoso qualità che si attribuiscono spesso ai bambini ma di cui il grandi sono maestri . E’ quello che racconta la poesia di Bertold Brecht di questa puntata delle poesie della pace de Le nuove stanze della poesia .

Abbiamo parlato di guerra e non va dimenticato che a più di ottanta giorni dall’inizio del conflitto non si riesce a vedere la possibilità di un cessate il fuoco di fronte ad una catastrofe umanitaria di grandi dimensioni . Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Unhcr sono oltre 5,3 milioni di ucraini che hanno lasciato il paese dall’inizio del conflitto, di cui 4,5 si sono rifugiati in paesi confinanti dell’Unione Europea. Senza parlare del prezzo pagato dai civili inermi stando alle immagini di veri e propri eccidi come a Bucha e Mariupol di cui vanno ricercate le responsabilità .

D’altra per arrivare ad un cessate il fuoco in questa guerra russo-ucrania il ragionamento è semplice e , questa volta, comprensibile anche per un bambino. Fino a quando le parti in guerra non decidono di aprire alle ragioni dell’altro contendente pur conservando integre le proprie ( comportamento messo in atto molte volte nella Storia), la guerra è una guerra ad oltranza. Per arrivare ad un cessate il fuoco occorre porre sul tavolo almeno la “volontà”, ovvero dei segnali di adesione ad un negoziato . In questa guerra alle porte dell’ Europa, cosa che non accadeva dalla fine della seconda guerra mondiale ,è fuori discussione che ci sia un aggressore e un aggredito. Ed è altrettanto comprensibile che l’aggredito non voglia lasciare all’aggressore in un negoziato, nessun lembo di terra occupato perché altrimenti , morti, distruzioni, abbandono forzato delle città, sarebbero stati vani ; la logica dell’invasore sembra essere quella di un dittatore che pone la forza come unico riferimento e vede la questione solo in termini di un vincitore e di un vinto. Se così stanno le cose le posizioni sono inconciliabili e la guerra è destinata a continuare a lungo .Tanto a lungo da stremare entrambi i contendenti ma l’analisi occuperebbe qui troppo spazio .

Basti solo dire che forse l’unica via d’uscita possibile per questa guerra, che come abbiamo detto, dura ormai da più di ottanta giorni, è quella di un cessate il fuoco che si regga sulla prospettiva di una negoziazione che probabilmente durerà decenni e che pure avrebbe nel diritto internazionale punti di appoggio per soluzioni che rendano in qualche modo equilibrate le decisioni che si andranno a prendere. La speranza di un cessate il fuoco potrebbe dunque dare qualche frutto , intesa in questi termini , stando anche ai contatti, per esempio, tra il ministro della difesa degli Stati Uniti d’America e quello della Russia con alcuni accenni di proposte su cui riflettere. Probabilmente è ancora presto per vederne la concretezza e per instaurare un cessate il fuoco, vista anche la situazione sul campo dove l’esercito russo è concentrato sulla linea del Donbass e quello ucraino è alla riconquista di alcuni territori e città seppure in una situazione di stallo in cui nessuna delle due parti riesce ad avere las preminenza sull’altra .

Per questa puntata delle Poesie della pace trascriviamo una poesia di Bertolt Brecht. Drammaturgo e poeta nel 1928 raggiunse un grande successo con la rappresentazione della ”Opera da tre soldi”, rifacimento del celebre dramma popolare inglese del ‘700 di J. Gay (la cosiddetta “Beggar’s Opera”). Era nato il 10 febbraio 1898 ad Augsburg (in Baviera) e aveva compiuto a Monaco le prime esperienze teatrali, esibendosi come autore-attore con un esordio fortemente influenzato dall’ Espressionismo. Dopo il 1941 si stabilì negli Stati Uniti. Alla fine del conflitto mondiale, diventato sospetto alle autorità americane per le sue polemiche politiche e sociali, lasciò gli Stati Uniti e si trasferi nella Repubblica Democratica Tedesca, a Berlino, dove fondò la compagnia teatrale del ”Berliner Ensemble”, tentativo concreto di realizzare le sue idee. In seguito, l’ensemble diventerà una delle più affermate compagnie teatrali. Nonostante le sue convinzioni marxiste, comunque, è spesso in contrasto con le autorità della Germania dell’est. (Fonte https://biografieonline.it/biografia-bertolt-brecht). Alice Figini in Le poesie contro la guerra di Bertolt Brecht pubblicato su Sololibri.net scrive: “La poesia del drammaturgo ha avuto un importante valore politico nel descrivere il drammatico secolo breve della storia mondiale. Brecht ha rappresentato l’intellettuale che ha piena coscienza dell’ingiustizia e della disumanità del proprio tempo. La poesia del drammaturgo tedesco è quindi un grido di denuncia, una protesta sociale, un’opera di letteratura militante che si propone di scuotere la coscienza dell’uomo dal suo torpore. La poesia militante di Brecht si caratterizza per il lessico scarno, il ritmo serrato, la sintassi concisa, le metafore, le ripetizioni e le contrapposizioni che rafforzano la tensione emotiva del testo. I versi sono essenziali, ridotti all’osso, spesso scanditi da ripetuti enjambement.”I bambini giocano alla guerra”  è una poesia che denuncia in modo assoluto tutti i conflitti bellici. Parla di tutti quei bambini che, immersi in luoghi di guerra, si abituano a concepire la vita come “lotta alla sopravvivenza”. E così anche un giocattolo, può diventare il capo espiatorio per combattere. Ed è per questi che bisogna assolutamente lavorare per educare alla pace , specialmente le nuoive generazioni. Educare un bambino alla pace significa educare alla condivisione, al rispetto, all’apertura mentale. Significa saper condividere l’amore, saper insegnare il concetto di amicizia e di famiglia.

I bambini giocano alla guerra
I bambini giocano alla guerra
È raro che giochino alla pace
perché gli adulti
da sempre fanno la guerra,
tu fai “pum” e ridi;
il soldato spara
e un altro uomo
non ride più.
È la guerra.
C’è un altro gioco
da inventare:
far sorridere il mondo,
non farlo piangere.
Pace vuol dire
che non a tutti piace
lo stesso gioco,
che i tuoi giocattoli
piacciono anche
agli altri bimbi
che spesso non ne hanno,
perché ne hai troppi tu;
che i disegni degli altri bambini
non sono dei pasticci;
che la tua mamma
non è solo tutta tua;
che tutti i bambini
sono tuoi amici.
E pace è ancora
non avere fame
non avere freddo

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