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Centrodestra tra rivalità e intese, mentre PD e M5S provano a dialogare

Italia quotidiana, avvenimenti e commenti della politica. Centrodestra e centrosinistra tra prove di dialogo e rivalità.

Italia Quotidiana, avvenimenti e commenti dall’Italia. Centrodestra e centrosinistra tra prove di dialogo e rivalità.

Prove di accordo tra 5 Stelle e PD.

C’è un partito, il Pd, schiacciato su Draghi. E’ il partito che ha creato meno problemi al premier. Una linea che, stando ai sondaggi, premia Letta e &. Comunque meno di Fratelli d’Italia, che coerentemente all’opposizione, cresce  nelle previsioni di voto tanto che quasi tutti indicano il partito di Giorgia Meloni come la prima forza politica italiana. In caduta libera sono i 5Stelle. Solo quattro anni fa superavano il 33 per cento, ora i meno cattivi li stimano intorno al 13 per  cento. Conte, tra gli alleati di governo è il più irrequieto, ancora di più di Salvini. Con il leader della Lega condivide però la caduta di consensi (stando sempre ai sondaggi). Ma c’è anche qualcosa in più. I 5Stelle più che un partito sembrano una rissosa assemblea di condominio. C’è Di Maio che è schierato dalla parte dell’amministratore Draghi. Ha un seguito tra i parlamentari sia per convinzione e sia per convenienza (l’ottanta per cento degli onorevoli pentastellati dovrà dire addio alla poltrona a fine legislatura e dunque vuole resistere fino alla fine). Poi c’è Conte, lui attacca Draghi, forse per nostalgia di quella poltrona che lo ha reso famoso, un po’ per cercare di frenare la fuga di iscritti ed eletti. Difficile tenere il conto degli abbandoni individuali. Da mesi Paragone è andato via formando un suo gruppo. Ora anche Giarrusso è andato via annunciando un suo movimento. Fuori c’è Di Battista che nei 5Stelle, quelli dentro e quelli fuori, ha un suo seguito. Fuori dai giochi  l’ex sindaco di Roma Virginia Raggi che vorrebbe guidare la lotta contro l’inceneritore che Gualtieri, con il consenso del governo, vuole costruire a Roma.
Quale politico sensato potrebbe pensare di costruire un sodalizio con quella rissosa e perdente pattuglia? Letta. Il segretario del Pd si è incontrato con Conte stabilendo una prova generale di intesa  in una regione difficile come la Sicilia. Qualche alleanza c’è già in alcuni comuni dive si voterà a giugno, ma la sfida ora è la Sicilia dove si andrà al voto a novembre. Pd e 5Stelle si sono impegnati a trovare un candidato presidente comune. Da scegliere con delle primarie. Una prova generale in vista delle politiche. Un primo banco di prova per quel campo largo che Letta sogna e che ritiene sia l’unica strada per contrastare con successo la prevedibile vittoria del centrodestra.

Il centrodestra tra rivalità e intese.

Quei sondaggi non possono far piacere a Salvini che suo malgrado dovrà cedere lo scettro di leader del centrodestra a Giorgia Meloni. La Lega arranca, quel 40 per cento ipotizzato ai tempi del Papeete è un lontano ricordo. Oggi quel partito viene “pesato” intorno al 15  per cento. Gli esperti di comunicazione giudicano un errore le polemiche dei partiti della maggioranza anche perché la polemica  sembra finalizzata alla ricerca di visibilità. Se la Lega piange Forza Italia non ride. Berlusconi ha provato a tornare in campo. Ha provato a riprendersi il ruolo di federatore e a rilanciare la sua creatura politica. Come un macigno è arrivata l’inchiesta giudiziaria. Inoltre c’è polemica all’interno. I ministri forzisti stanno con Draghi, La nomina del coordinatore lombardo ha provocato l’ira della Gelmini che alcune indiscrezioni danno in uscita verso Calenda. Poi c’è lei, Giorgia Meloni, che rivendica il ruolo conquistato. Lo scontro riguarda la Sicilia dove il centrodestra appare diviso. I risultati di giugno potrebbero pesare. A Genova e l’Aquila i candidati del centrodestra appaiono in netto vantaggio, potrebbero vincere al primo turno. A Palermo la sinistra potrebbe perdere la guida della città. La vittoria del centrodestra dove si presenta unito dovrebbe essere la spinta a consolidare l’alleanza a livello generale.

Draghi e le resistenze.

Si potrebbe dire che la nave del governo comunque va. Gli ostacoli posti da Lega e 5Stelle sono stati saltati da Mario Draghi con due mosse. Ha riunito il governo, ha detto che se non si procede con le riforme l’Italia rischia di perdere gli ingenti finanziamenti europei. Poi ha lascato capire che non resterà a Palazzo Chigi per tirare a campare.  Così alla fine nessuno se la sente di far saltare il banco. Le minacce rientrate, restano i gestori degli stabilimenti balneari a protestare. Il giro di affari è di alcuni miliardi, ma per le concessioni entrano nelle casse dello stato 100 milioni. Ma i gestori che rischiano di perdere le concessioni dopo ani di impegno vorrebbero dei sostegni. La strada sarà forse quella. Il governo almeno per oggi non rischia. Ma fino a quando? Le elezioni si avvicinano e le fibrillazioni sono destinate ad aumentare. Draghi non farà un partito, così ha promesso, ma c’è un partito di fatto che lo sostiene ed è trasversale. Così, soprattutto in autunno, potremmo vedere quel partito virtuale prendere forma con disgregazioni e nuove aggregazioni.

Il silenzio dei piccoli. Renzi lancia la sfida sul reddito di cittadinanza.

Prima il covid poi la guerra hanno silenziato le forze minori. Calenda, protagonista nelle comunali di Roma, si fa notare poco, guarda però alle forze centriste . Spera di poter fare campagna acquisti anche per pesare in un eventuale confronto con il  Pd. Si muove più o meno nello stesso terreno di Renzi che, ormai all’angolo ha lanciato l’ultima sfida per tornare in campo. Vuole l’abolizione del reddito di cittadinanza e dal 15 giugno raccoglierà le firme. Un modo per uscire dal cono d’ombra in cui è precipitato. Conta di ottenere il consenso di quella parte di imprenditori che lamentano la difficoltà di trovare personale proprio per colpa del reddito. Vuole far breccia tra gli elettori moderati.  Una scelta che lo allontana definitivamente da un Pd che punta a una alleanza con i 5Stelle. Una scelta di sopravvivenza per un partito, Italia Viva,  che, stando così le cose, difficilmente avrà eletti nel nuovo Parlamento.

Guerra e gas.

Draghi ha telefonato a Putin. Una scelta per riaffermare la sua autonomia rispetto agli Usa. Ha chiesto al presidente russo di far cessare le armi. Il no è arrivato scontato. Ha provato  a chiedere il via libera all’esportazione di grano dall’Ucraina, ma Putin ha chiesto in cambio l’abolizione delle sanzioni. Impossibile. Un risultato c’è stato: Putin ha promesso che l’Italia potrà contare sul gas russo. Non è un regalo, perché se noi abbiamo bisogno del gas, la Russia ha bisogno dei soldi che noi versiamo per le forniture. Ma, almeno per il momento, non ci sarà alcun razionamento.

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