Cultura

Tutti i Santi giorni, 10 giugno: San Massimo, patrono dell’Aquila

Per la rubrica "Tutti i Santi giorni" del 10 giugno, San Massimo patrono dell'Aquila.

Per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 10 giugno, San Massimo patrono dell’Aquila.

Il 10 giugno si ricorda San Massimo, patrono dell’Aquila.

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Nel 1629 Vincenzo Mastareo, sacerdote della Compagnia di Gesù, scrisse una Vita di San Massimo, raccogliendo quanto presente nel Martirologio romano, nella revisione di Cesare Baronio, alcuni documenti liturgici della cattedrale dell’Aquila e quanto tramandato dalla tradizione locale. Secondo l’autore, Massimo sarebbe nato intorno al 225 ad Aveia, già città vestina e poi municipio romano. Ordinato diacono si dedicò alla assistenza e alla evangelizzazione dei suoi concittadini con tale fervore da suscitare l’ira del prefetto inviato dall’imperatore Decio per reprimere la diffusione della nuova religione. Il giovane levita fu incarcerato e, sottoposto all’interrogatorio, rifiutò di rinnegare la propria fede; impressionato dalla sua forza d’animo, il giudice arrivò inutilmente ad offrigli in sposa la propria figlia Cesarea, qualora avesse accettato di abiurare. Al rifiuto insistente del giovane, il persecutore lo sottopose a crudelissimi tormenti che culminarono con la condanna alla pena capitale. San Massimo fu condotto presso un’altura della città di Aveia, chiamata Circolo – da altri identificata come la Torre del Tempio o la sommità del Castello di Ocre – e fatto precipitare da quella altezza, rimanendo morto sul colpo. Era il 20 ottobre del 253. Sempre dal Mastareo si apprende che il corpo fu recuperato nottetempo da alcuni devoti che gli diedero sepoltura nella città natale. Alla distruzione di Aveia, intorno al V – VI secolo, le sue spoglie furono traslate a Civitas Sancti Massimi, in un luogo dove presto cominciarono a verificarsi tali prodigi e miracoli da indurre Ottone I, il 10 giugno del 956, a visitare le preziose reliquie e portarne a Roma una parte. Si legge ancora che l’imperatore fu accompagnato da papa Giovanni XIV e dal vescovo Ceso. Questi, visitato in sogno dall’arcangelo Michele, riferì all’imperatore e al pontefice che Dio avrebbe concesso la traslazione di parte del santo corpo, a patto che il pontefice avesse posto al governo della chiesa di Forcona un vescovo – nominato poi nella persona di Ceso stesso – e che l’imperatore le avesse concesso ampi privilegi. La Vita di San Massimo prosegue quindi con la traslazione delle reliquie all’Aquila nella cattedrale a lui dedicata, insieme a San Giorgio, e con lo spostamento della sede episcopale nel 1256 da Forcona alla neofondata città, sotto il pontificato di papa Alessandro IV. Dopo il terremoto che devastò la città nel 1703, si sono perse le tracce delle reliquie di San Massimo, anche se la tradizione vuole che siano ancora sotto il duomo. In realtà, uno scavo archeologico condotto nel 2019 presso la cripta della Cattedrale dell’Aquila in occasione dei restauri successivi al sisma del 2009, ha riportato alla luce un sarcofago con resti di tre vescovi. Stando agli studi condotti sui reperti, un corpo risalirebbe all’epoca del tardo Impero Romano e si è ipotizzato possa trattarsi di quello di San Massimo; il secondo corpo sarebbe stato attribuito al vescovo Anton Ludovico Antinori.

Il culto

Due sono le versioni della leggenda di San Massimo, collegate alla doppia venerazione per il Santo in Abruzzo, all’Aquila e a Penne. Accanto alla sopra riportata tradizione aquilana, che vede la festa del Santo al 10 giugno, giorno in cui le sue reliquie furono venerate da Ottone I, si ricorda quella approfondita da Giovanni De Caesaris, basata a sua volta sulle Memorie storiche di Giovanni Nicola Salconio di Penne. Stando a questo racconto, San Massimo, dopo aver subito le torture in prigione, fu affogato nel fiume Aterno con un masso legato al collo. Il suo corpo fu trovato presso l’isolotto della Pescara, cioè il sito dove fu eretta l’abbazia di San Clemente a Casauria, e fu traslato nella cappella di San Comizio, nei pressi del fiume, nel territorio di Castiglione a Casauria. Successivamente, forse per evitare che le reliquie fossero profanate, furono ricomposte nella Cattedrale di Penne, già dedicata alla Madonna Regina degli Angeli, e poi a San Massimo; già nel Codice Catena di Penne del XV secolo si menziona la festa in suo onore.
Tornando all’Aquila, San Massimo ne è patrono: i compatroni sono San Pietro Celestino, San Bernardino da Siena e Sant’Equizio abate. I quattro Santi sono raffigurati nel Gonfalone della città, commissionato nella versione attuale a Giovanni Paolo Cardone, allievo di Pompeo Cesura. Il maestoso dipinto – di circa 14 metri quadri – venne realizzato nel 1579 e andò a sostituire una versione precedente, dipinta nella seconda metà del XVI secolo da Aert Mytens per la basilica di San Bernardino, portata poi in dono al Vaticano in occasione del Giubileo del 1575. Il Gonfalone rimase in chiesa fino al 1865, da dove passò alla Pinacoteca civica, e quindi al Museo Nazionale d’Abruzzo. L’opera, su seta rossa, rappresenta i quattro santi protettori che offrono la città dell’Aquila al Cristo risorto, per intercessione della Vergine Maria. Al centro dell’immagine spicca la città, rielaborata sulla Pianta dell’Aquila di Girolamo Pico Fonticulano datata al 1575, e che fornisce una visione realistica di quella che era L’Aquila nel XVI secolo, secondo una prospettiva presa da sud-ovest, probabilmente da Monte Luco di Roio. Si scorgono bene le mura urbiche e si possono riconoscere chiaramente il Forte spagnolo, la basilica di San Bernardino e le altre chiese principali. È simbolicamente sorretta dai quattro santi protettori, mentre al di sopra due putti sorreggono una pisside; in alto, al centro Cristo sorregge la Croce; ai suoi lati sono inginocchiati la Vergine Maria ed un angelo, dietro cui compare una colonna, probabile riferimento alla Chiesa di Roma. Oltre ai trigrammi bernardiniani e a due stemmi cittadini che riquadrano la composizione, nelle drappelle sono raffigurati Sant’Antonio da Padova, San Francesco d’Assisi, San Giovanni da Capestrano e due vescovi locali. in basso a sinistra, sotto la figura di San Massimo, si legge la firma dell’autore «Cardonus Aquil[anus] P[inxit]».
Nell’immagine di copertina, particolare del dipinto di Giulio Cesare Bedeschini, raffigurante San Massimo. L’opera, datata ante 1613, fa parte delle quattro tele raffiguranti i santi patroni dell’Aquila – San Massimo d’Aveia, San Pietro Celestino, San Bernardino da Siena e Sant’Equizio abate – realizzate per la chiesa di Santa Maria Paganica, da dove sono stati poi spostate in seguito al terremoto del 1703.

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