La denuncia

La storia di Edoardo: offese e sguardi infastiditi verso un ragazzo “colpevole di essere autistico”

La denuncia e lo sfogo di Ilaria, mamma coraggiosa, stanca dello scherno e del disprezzo della gente verso Il piccolo Edoardo, "colpevole" di essere autistico.

“Offese, insulti, occhi che si alzano al cielo infastiditi: questo è il mio quotidiano con Edoardo, ‘colpevole’ di essere un bambino autistico”. Ilaria Tursini è una mamma aquilana, ed è un fiume in piena: è arrabbiata, è delusa, è amareggiata. Da 6 anni circa convive con una grave forma di spettro autistico, diagnosi arrivata quando il suo piccolo Edoardo aveva solo 1 anno. Oggi questo meraviglioso bambino ha 7 anni e mezzo e da allora, da quella diagnosi terribile e ‘spartiacque’, la vita è stata sempre un po’ in salita e spesso avara per questa mamma tanto coraggiosa e forte. Soprattutto perchè alle problematiche naturali legate a una situazione così delicata, Ilaria aggiunge la lotta, ogni giorno, con l’ignoranza della gente, con il pregiudizio di chi addita il suo piccolino come “diverso”, spesso anche infastiditi dalle naturali reazioni causate dall’autismo.

“Le persone purtroppo non comprendono o non vogliono capire – spiega Ilaria intervistata dal Capoluogo – sono una mamma con due bambini che ogni giorno porta avanti la sua ‘guerra’ personale. Oltre la gioia di Edoardo c’è anche la sorella gemella Ginevra che è dovuta crescere prima dei suoi coetanei e spesso riveste il ruolo di una seconda ‘mammina’, aiutandolo nelle varie incombenze quotidiane che Edoardo non riesce a fare da solo. Cosa vuol dire vivere con un figlio autistico? Edoardo non parla, non si veste da solo, non può lavarsi nemmeno le mani se non aiutato, va accompagnato al bagno ogni volta e spesso urla quando ha i suoi momenti ‘no’, quando magari è in mezzo a sconosciuti e tende a rifiutare la novità. Noi non li abbiamo i nostri momenti negativi? Se siamo tra la gente, perchè cerchiamo di vivere una vita normale, spesso è una tragedia. Io ci sto male, sono una mamma di 2 bambini che lavora e non chiedo niente a nessuno: lasciateci semplicemente in pace, rivolgete i vostri occhi altrove, non guardateci come se fossimo al circo! Un’occhiata spesso è peggio di una coltellata o di uno schiaffo: fa male perchè ti entra dentro e non esce più e io vivo questo costante senso di disagio ogni volta che mi sento due occhi puntati addosso o i bisbigli di chi mi è seduto vicino. A costo di molti sacrifici, noi tre, nella nostra ‘bolla’ conduciamo una vita normale, o comunque ci proviamo, ma quando anche una semplice passeggiata diventa un problema mi sento montare dentro una rabbia enorme. Molti non lo sanno, ma vivere con un autistico in casa è fonte anche di enormi spese, perchè la sanità pubblica non copre tutto. Edoardo ha bisogno di fare terapia, e io ho una terapista che lo segue almeno 4 volte a settimana. Se va a una scuola estiva, come abbiamo deciso di fare quest’anno, ha bisogno di una ragazza che stia sempre con lui. Quindi oltre alla terapista, oltre alle varie visite di routine, sono costretta a pagare una baby sitter per tutta la giornata per fargli praticare della sana socialità, per farlo stare in mezzo ai suoi coetanei che sono molto più intelligenti degli adulti e lo accolgono sempre nei loro giochi e nei loro gruppetti. Io lo faccio volentieri, glielo devo, ma ogni vostra battutaccia per lui è una fonte di enorme stress e per me uno schiaffo in pieno viso”.

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Quando usciamo, capita che Edoardo cominci a strillare: purtroppo non parla e questo è il suo modo di esprimersi e di esprimere le sue emozioni, negative o positive che siano. Non l’ho scelto, è arrivato, ed è meraviglioso anche così, con il suo spettro autistico e tutta la valanga di problemi conseguenti. Io lo amo da morire, è la mia ragione di vita e non lo cambierei con nessun bambino al mondo, ma non possiamo chiuderci in casa per non dare fastidio. Ho anche Ginevra che ha diritto a fare una vita normale, e non DEVE essere un problema fare una fila per prendere un gelato. L’altra sera eravamo in centro: è estate, ci piace stare tra la gente. Ci siamo trovati a camminare tra la folla, tenerli per mano mi dà tanta forza. Purtroppo mio figlio ha cominciato a urlare: lui fa così, io cosa posso fare? Il bottone per spegnerlo non esiste. Da una finestra di un palazzo si è affacciata una persona che ha cominciato a strillare: “Basta, che è ‘sto casino? Fatelo stare zitto!” Io sono morta dentro, e sono stanca di dovermi sentire così, di dover abbassare gli occhi e ricacciare indietro le lacrime.
Domenica li ho portati a Norcia, perchè quando è possibile mi piace fargli vedere qualche posto diverso, i miei figli sono curiosi e io voglio assecondarli. Doveva essere una giornata serena, e sono tornata a casa piena di rabbia: durante i nostri giri ho avuto gli occhi della gente puntati addosso con insistenza, ci guardavano, qualcuno rideva… Edoardo ha i radar, quando ‘sente’ qualcosa che non gli piace si immusonisce e strilla. Una signora si è arrabbiata e vi sembra normale che io debba sentirmi dire “Che palle ‘sto ragazzino! Fatelo stare zitto e andatevene via!’ … Cosa stava facendo Edoardo? Nulla, alla signora dava fastidio perchè stava urlando”.

edoardo  autistico

Voi lo sapete cosa c’è dietro questa mamma con il suo bambino? Sono 6 anni che sono in trincea, che vivo una situazione che non auguro a nessuno. Anni di privazioni, di lacrime, di maschere indossate per rendere all’altra mia figlia la vita più leggera. Mi sono anche sentita in colpa, come se lo spettro autistico avessi potuto in qualche modo ‘attaccarglielo’ io, sono finita in terapia, sono andata in analisi e adesso cerco solo di andare avanti, di essere la madre che i miei figli meritano”. In questa vita, in questo quotidiano che per questa famiglia è una giostra continua, Ilaria lamenta la mancanza, da parte delle istituzioni, di aiuti concreti e reali alle famiglie che combattono con la problematica dello spettro autistico. Aiuti che non devono essere per Ilaria per forza economici, ma anche concreti, come la presenza di strutture adeguate dove fare tutte le terapie necessarie per rendere la vita di questi ragazzi e delle famiglie, meno gravosa. “Provate a immaginare i lunghi mesi di lockdown in casa con un ragazzo con i problemi che ha Edoardo, problemi che vengono ‘stemperati’ tutti i giorni dalla presenza dell’insegnante di sostegno e della terapista che hanno gli strumenti per aiutarlo ad andare avanti. Quei mesi in casa con lui sono stati davvero terribili: l’ho visto regredire sotto i miei occhi, senza avere la possibilità di fare nulla. Non avere i suoi punti di riferimento, la sua routine, quelle abitudini che tanto gli piacciono e che lo fanno stare bene lo ha fatto tornare indietro, perchè con Edoardo è così, fai tre passi avanti e poi cadi, ti rialzi, procedi e poi torni indietro. Lui ha bisogno del metodo Aba, e non ci sono strutture in città e nei dintorni specializzate, per questo motivo ho preso la terapista privata che ha stabilito con lui un legame empatico fortissimo”. Il metodo ABA, acronimo inglese di Applied Behavioral Analysis, è il ramo applicativo dell’Analisi del Comportamento, la scienza che si occupa di descrivere le relazioni tra il comportamento degli organismi e gli eventi che lo influenzano. Il campo di applicazione di questa tecnica in cui si è mostrata una più significativa crescita e applicazione è quello riguardante i bambini con disturbo autistico.

“Edoardo vuole solo essere capito e io che sono sua madre devo difenderlo: a scuola i suoi compagni e le maestre sono meravigliosi, lui quest’anno dovrebbe fare la seconda elementare invece entrerà in prima, abbiamo aspettato per dargli modo di crescere ancora un po’, sperando che le terapie e l’amore della sua insegnante di sostegno possano fare il resto. Andate oltre per favore, e se non ci riuscite lasciateci stare. Non siamo un fenomeno da baraccone: quando mi vedete e avete voglia di prenderci in giro, pensate che davanti a voi c’è solo una madre che sta cercando di dare a suo figlio la speranza di un futuro migliore”. 

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