Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, Wisława Szymborska “La fine e l’inizio”

Una poesia della pace di Wisława Szymborska per l'appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

Avviene sempre come racconta Wisława Szymborska in questa sua poesia “La fine e l’inizio”.Sempre, Finché la guerra dura, i riflettori sono puntati sul campo da battaglia, ma, come tutto finisce, i riflettori si spengono e il buio cala sulle macerie che la guerra ha provocato. E sempre evitiamo di riflettere proprio sulla fine e sull’inizio ( anche perchè troppe volte e troppo spesso le ragioni dell’inizio le conosciamo a posteriori ) in quanto non siamo capaci nella contemporaneità di guardare alla guerra con un occhio diverso da come per millenni la nostra cultura occidentale ha fatto. Ossia ne ha fatto una narrazione in cui la battaglia è il momento della verità.

E’ il momento in cui le controversie si decidono inesorabilmente. Al di fuori della battaglia null’altro viene considerato. Invece ci sono altre cose da considerare nel caso di una guerra . Per esempio la vicenda umana che sta dietro i combattenti ma anche e soprattutto le storie ossia “la vita” delle vittime civili. Probabilmente guardando a queste vicende si potrebbe forse tentare di dare un senso alla guerra anche se la guerra non ha un senso, anzi nessun senso. E’ la battaglia che entrando a far parte del racconto del mito lo trasmette al futuro di generazione in generazione. Un racconto che assume un grande valore agli occhi della nostra cultura occidentale. Un racconto che perpetua questo valore stando appunto a quello che la storia ci ricorda a partire proprio da guerre indimenticabili come quelle narrate ,per esempio, dall’Iliade omerica. Un poema che istituisce nella nostra cultura questa visione della guerra come unica possibilità di tramandare al futuro il mito dell’eroismo . Una narrazione che usa la “parola” che cambia tutte le cose , perchè dopo una guerra e le sue parole tutto cambia. Lo diceva già Tucidide in occasione della narrazione della guerra del Peloponneso e lo ribadiva Cicerone. Ivano Dionigi affronta questo tema in un suo lavoro di ricerca pubblicato dal Mulino dal titolo “Benedetta parola” che vale la pena di leggere. Racconta Antonio Scurati in un altro libro dal titolo “ Guerra “ (Saggi Bompiani 2022 ): “Lo studio delle narrazioni belliche insegna che quest’idea deriva dal paradigma culturale in cui si coniugano guerra e visione. In conformità all’archetipo eroico, che prescriveva al guerriero di distinguersi entro la mischia in un duello a singolar tenzone, poi eternato dal canto del poeta, l’Occidente per millenni pensa la battaglia come evento fatidico, momento della verità in cui le controversie si decidono irrevocabilmente, gli individui mostrano il proprio valore, le identità dei contendenti si definiscono reciprocamente e, soprattutto, la vicenda umana trova il proprio senso entrando a far parte di un racconto memorabile. A questo modo, la visibilità fornisce alla guerra sia il criterio della sua rappresentazione, sia quello della sua motivazione, conduzione e legittimazione.”

Memorabile dunque la battaglia e quindi la guerra che è un insieme di battaglie perchè da sempre l’Occidente ha attribuito un valore a questo racconto che ha il potere di generare le forme della politica, i valori della società, la materia dell’arte.
A questa idea di guerra non poteva sottrarsi quella combattuta in questi giorni dalla Russia contro l’Ucraina anche se una volta posto sotto i riflettori dell’attenzione pubblica ,un conflitto ( o quello che metaforicamente può definirsi un conflitto come per esempio la lotta al Covid e come ancora per esempio viene definita questa guerra dai russi con l’espressione “ operazione speciale”) facilmente dimentichiamo gli altri conflitti. E ce ne sono in questo momento almeno 153 in essere in tutto il pianeta. Una situazione di smemoratezza che forse dipende anche dai mass media ma che può essere ritenuta un “ vizio” della nostra natura umana. Perchè quando i vizi, come diceva Moliere, vengono portati alle estreme conseguenze ,diventano virtù. Includendo nella categoria “vizio” tutte quelle cose, quei comportamenti ,quegli aspetti della vita che vanno progressivamente sostituendo i “valori”. Tutte quelle cose in sostanza a cui “diamo valore”,che anzi riteniamo “un valore”, facendo venire meno proprio il peso del vero valore nei comportamenti ,atteggiamenti, pensieri e azioni quotidiane. E appunto per tornare al discorso iniziale ecco il valore che diamo alla guerra. La guerra un vizio che sembra trasformato in virtù stando spesso alle dichiarazioni dei contendenti che nella battaglia ritengono di trovare la verità . Una verità che in definitiva è l’ipocrita pretesa di decidere ogni cosa ma che in realtà non decide proprio niente in quanto ,per capire una guerra , quello che è più importante e decisivo a è proprio “la fine e l’inizio”. Quello che ci racconta la poetessa polacca Wisława Szymborska è un incontro con il futuro, un modo di guardare al domani che ci aspetta da qui a pochi mesi, quando due eventi che hanno interessato questi mesi ed anni , la pandemia e la guerra russo-ucraina, si potranno dire , il primo debellato, la seconda avviata a conclusione . Arriverà quel momento, ancora non sappiamo quando, ma arriverà. E allora dovremo anche constatare che tutto è veramente cambiato. Se qualche perplessità sul cambiamento si poteva nutrire nei confronti della pandemia, occorre dire che la guerra ha approfondito e accelerato molti altri cambiamenti .Anche perchè non c’è solo la guerra combattuta con i carri armati, i missili, i bombardamenti, ma ci sono tante guerre: quella del pane per esempio, quella delle sanzioni ,quella della resistenza all’invasore e molti altri modi di combattere.

Maria Wisława Anna Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012) è stata una poetessa e saggista polacca. Premiata con il Nobel nel 1996 e con numerosi altri riconoscimenti ; è generalmente considerata la più importante poetessa polacca degli ultimi anni, una voce molto amata non solo da chi legge poesia ma da un pubblico più vasto . Tanto che in Polonia, i suoi volumi hanno tirature altissime (500.000 copie vendute – come un bestseller) nonostante Szymborska abbia ironicamente osservato, nella poesia intitolata “Ad alcuni piace la poesia “(Niektorzy lubią poezje), che la poesia piace a non più di due persone su mille.

La fine e l’inizio
Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ d’ordine
da solo non si fa.
C’è chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.
C’è chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.
C’è chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c’è chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.
Non è fotogenico
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono già partite
per un’altra guerra.
Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.
C’è chi con la scopa in mano
ricorda ancora com’era.
C’è chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto
gli gireranno intorno altri
che ne saranno annoiati.
C’è chi talvolta
dissotterrerà da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti.
Chi sapeva
di che si trattava,
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.
Sull’erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c’è chi deve starsene disteso
con la spiga tra i denti,

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