Ci sono tante storie, quelle delle vicende umane e di un territorio intero, nell’appuntamento del Capoluogo con Storie d’Abruzzo per presentare il libro “La vita capita”: primo romanzo di Rosanna Narducci. Un viaggio in un piccolo villaggio, due donne, un conflitto e gli immancabili colpi di scena: un racconto da leggere tutto d’un fiato. L’intervista all’autrice.
La vita è quello che capita ed è, al tempo stesso, l’insieme delle esperienze che comprendiamo nel tempo: per questo non è importante come si legge il titolo del primo romanzo di Rosanna Narducci, ospite del nuovo appuntamento “Storie d’Abruzzo” a cura del Capoluogo.it. E sono storie, quella al centro del libro “La vita capita” che interessano proprio la fetta dell’Abruzzo interno aquilano, precisamente il territorio di Fossa, che fa da sfondo ideale al racconto di Rosanna Narducci e ai personaggi che vivono sulle pagine del suo primo avvincente romanzo.
Conosciamo meglio l’autrice. Rosanna Narducci nasce a Pietracamela e da piccola si trasferisce a Fossa.
“Pietracamela era un paese piccolissimo, in cui la vita si svolgeva in modo del tutto differente rispetto al contesto che ho scoperto nel piccolo Comune aquilano di Fossa. Qui ho trovato una comunità coesa, piena di vita, dove i bambini venivano coinvolti in numerose iniziative e mi sono ritrovata a scoprire il teatro a Fossa, durante i preparativi di una festa”.
Una passeggiata in piazza, un palco e il teatro: per Rosanna Narducci fu un vero e proprio colpo di fulmine, che l’ha portata a sviluppare, negli anni, una passione per la letteratura, con l’ambizione – mai troppo nascosta – di poter, un giorno, scrivere lei una sua storia.
Quella storia messa nero su bianco sulle pagine di “La vita capita”, nata anche dalle esperienze che a Fossa si è ritrovata ad affrontare: in primis il terremoto del 2009.
“In questi posti, come Fossa, cornice del racconto, la vita capita…poi però i protagonisti, nell’arco del racconto, capiscono tante cose di questa vita capitata nelle loro mani”, continua Rosanna Narducci ai nostri microfoni.
“Il libro è nato perché, qualche mese prima del terremoto, ho avuto la fortuna di seguire un laboratorio teatrale tenuto da Jacopo Fo, il quale mi incoraggiò a scrivere, dicendomi ‘Hai molte frecce al tuo arco: sfruttale e racconta delle storie’.
Inizialmente mi sembrava una cosa troppo grande per me…poi c’è stato un altro corso, questa volta tenuto dal professor Roberto Biondi. Corso che, purtroppo, si è interrotto bruscamente a causa della pandemia. Proprio questo periodo di chiusura in casa mi ha portato a decidere di mettere a frutto gli insegnamenti ricevuti: così è nato il libro”.
“Quando si scrive una storia – spiega ancora l’autrice – o quando si va a vedere un film, ciò che lo spettatore si aspetta è il conflitto.
Se io avessi scritto la storia da famiglia del Mulino Bianco il lettore probabilmente si sarebbe annoiato: per questo ho cercato di creare una serie di conflitti, per rendere la storia avvincente. Ed è nata la storia di due donne, completamente diverse per aspetto, estrazione sociale, cultura e carattere che si ritrovano a vivere l’una accanto all’altra, eccola qui, la vita che capita. Poi, ci sono tutta una serie di eventi legati agli abitanti del villaggio, che si configura come luogo disfunzionale in quanto chi si ritrova a vivere qui è chi è stato costretto a scappare di casa, all’improvviso, per la tragedia del terremoto.
Aspetti diversi che si mettono insieme e che creano intrecci”.
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