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Pizzerie in crisi, la storia di Camelot: siamo come foglie al vento

"Lo sapete che sta succedendo nelle pizzerie? Un quintale di farina è arrivato a costare più di 150 euro". Lo sfogo di Antonio Scarsella, gestore della pizzeria Camelot di San Demetrio.

“Le chiacchiere stanno a zero, aspettiamo Godot e vediamo che succede questa estate: abbiamo investito altri soldi per ampliarci con la zona all’aperto, ma l’estate aquilana spesso è ‘infame’ e se piove o si abbassano le temperature non lavori. Se trovo da affittare, almeno recupero qualcosa prima di chiudere a fine anno, anche perchè con 41 anni di contributi versati, ora come ora, non arriverei a prendere 700 euro al mese di pensione, dopo aver lavorato come un mulo una vita intera. Abbiamo pagato un prezzo troppo alto, questa è l’unica verità”. Questa è la voce di Antonio Scarsella, lo sfogo amaro del titolare del ristorante pizzeria Camelot che si trova a San Demetrio: come tanti, alle prese con tutte le difficoltà legate a questo periodo storico.

Antonio, che tutti conoscono nella zona come Tonino, cita Ungaretti: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, poche parole che racchiudono tutta l’amarezza della fortissima crisi che sta investendo il settore delle pizzerie.

pizzerie antonio scarsella

Il suo locale è stato ed è da sempre un punto di riferimento: aperto nel 1985 ha navigato per oltre 30 anni superando tempeste e avversità, riuscendo a uscire fuori anche dalle conseguenze negative del post sisma. Adesso, dopo 2 anni di pandemia e dopo tutti i rincari conseguenti la guerra in Ucraina, Antonio comincia a essere stanco: non gli mancano nè la motivazione, nè la voglia di fare. “Ma siamo entrati in un enorme buco nero: la crisi sta stringendo in una morsa tutto il settore della ristorazione e delle pizzerie, costringendoci innanzitutto a rivedere i prezzi, perchè le spese sono costanti ed eccessive”, spiega, intervistato dal Capoluogo.
Antonio non vuole lamentarsi: per sua natura è un ottimista, un vulcano e non si è mai fermato e quella che lui porta avanti, aiutato dalla moglie, non è solo un’attività come un altra. Questa è la nostra vita, dove abbiamo buttato lacrime, sudore e sacrifici. Quando abbiamo aperto eravamo giovani, entusiasti della vita e il periodo storico soffiava dalla nostra parte. È stato il periodo del boom delle pizzerie e se avevi voglia di fare negli anni’80 riuscivi a guadagnare bene, tanto che noi con il lavoro del ristorante e della pizzeria a costo di enormi sacrifici e privazioni ci siamo comprati anche la casa dove viviamo e oggi facciamo studiare nostro figlio all’università a Bologna. Sacrifici, ma anche tante soddisfazioni quindi: negli anni passati abbiamo cercato di condurre una vita serena e tranquilla, riuscendo a ritagliarci del tempo anche per un bel viaggio, una crociera, per uscire dalle quattro mura ‘confortevoli’ del territorio aquilano. Adesso, non lo sappiamo, ma forse siamo arrivati al capolinea: sono stanco, siamo stanchi. Troppe spese, probabilmente entro la fine dell’anno chiudo e me ne vado in pensione!”.

pizzerie antonio scarsella

Dopo il terremoto, il locale di Antonio ha dovuto aspettare qualche anno prima di poter riaprire, come è successo a tanti ristoranti e pizzerie dell’hinterland aquilano che dal 6 aprile in poi hanno dovuto fare i conti anche con lo spopolamento post sisma.

“Dal 2009 siamo tornati in pista ad agosto 2014 e nessuno anche in quell’occasione ci regalò nulla. Per ripartire da zero, perchè chi ha riaperto dopo il sisma ha ricominciato da capo, ho dovuto vendere delle proprietà che avevamo: non eravamo e non siamo ricchi, abbiamo messo da parte nel tempo “nichella su nichella” per non dover rinunciare ai nostri sogni e per assicurare a nostro figlio un futuro dignitoso. Quello che è successo negli ultimi due anni non ce lo meritavamo, non lo meritava nessun aquilano, ma nessuna persona che ha investito in questi 30 anni”.

“Le pizzerie, i ristoranti non sono attività di serie B, ma a un certo punto siamo stati trattai come se fossimo inutili”.Sono parole amare che riflettono il periodo storico: dopo tutte le difficoltà che un settore come quello della ristorazione ha dovuto affrontare per fronteggiare l’emergenza Covid che non è stata solo sanitaria, ma anche economica, adesso tutti i rincari derivanti, fra gli altri, da guerra, inflazione con, ancora, strascichi della pandemia. “I ristori avuti dal governo Conte sono stati poca cosa, ma c’erano, li abbiamo avuti e ci hanno consentito di guardare al futuro prossimo con un pizzico di ottimismo. Poi è arrivato il ‘drago’ anzi il DRAGONE, come lo chiamo io, e ci ha rovinati a tutti quanti con un piano economico scellerato. Lo sapete quanto mi costa adesso un quintale di farina? 152 euro… Parliamo di una farina buona, ma se il locale fino ad ora ha avuto un trend qualitativo alto, io non posso comprare materie prime pessime, ho clienti affezionati da generazioni, non sono cretini e non hanno l’anello al naso, rischierei di perdere i clienti. Avevamo anche pensato di mettere su un mulino con mia moglie, così avremmo cominciato a produrla da noi. Oltre alle materie prime abbiamo avuto i rincari energetici: le utenze costano di più, la legna per il forno costa di più, materie prime come mozzarella, olio d’oliva e pomodori sono arrivate alle stelle: cosa devo fare per non mandare in malora la pizzeria?”

Antonio ha tenuto davvero duro durante gli ultimi due anni “Sono stato sempre aperto, perchè questo locale è la mia vita, la NOSTRA vita, non potevo pensare di stare a casa h24 a guardare i telegiornali in cui si parlava solo di problemi. Mi sono rimboccato le maniche, mi sono attrezzato per l’asporto senza tirare mai i remi in barca. Si, adesso venire a mangiare una pizza o andare al ristorante costa un po’ di più, abbiamo dovuto allineare i prezzi, ma resta comunque una follia pensare che una pizza oggi possa costare 6 euro: io che mi guadagno?”.

pizzerie antonio scarsella
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