CICATRICI - L'APPROFONDIMENTO CON L'ESPERTA |
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Cicatrici, le ferite rimarginate che lasciano il segno: “cambia pelle, sii serpente”

27 giugno 2022 | 05:21
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Cicatrici, le ferite rimarginate che lasciano il segno: “cambia pelle, sii serpente”

Cicatrici, “Non c’è nulla di brutto in una cicatrice, se è stato il coraggio a causarla”, ha scritto Fedez. Segni sul proprio corpo e il disagio che si prova a mostrarli: perché? Dagli ‘esempi’ social ai soliti commenti indelicati…

Cicatrici, sul corpo o nell’anima?
Là dove una ferita si rimargina, spesso, se ne apre un’altra: un segno intimo che non va via e che porta con sé disagio. Nonostante ogni cicatrice sia, a suo modo, il simbolo di una battaglia superata.
“Cambia pelle, sii serpente”.

Finalmente, nel 2022, l’input a sdoganare la paura di mostrare una cicatrice arriva anche dal mondo social: dove, qualche volta, le pubblicità all’insegna degli Swipe up, Photoshop e la tendenza albody shaming lasciano fortunatamente spazio alla voglia di mettersi a nudo, raccontarsi, mostrarsi al 100%, senza filtri e senza timori di andare incontro a commenti indelicati o, nei casi peggiori, a derisioni. Un esempio? Fedez. L’artista, da 14 milioni di follower su Instagram, che con un post ha riscosso oltre un milione di like ed ha sfiorato i 10mila commenti. Questa la caption: “Non c’è nulla di brutto in una cicatrice se è stato il coraggio a causarla”.
A dir la verità, come spesso succede, anche in questo caso i commenti indelicati non sono mancati ed è un peccato, di fronte a chi decide di raccontare una malattia, il relativo percorso di cure e i segni che la lotta lascia, sul proprio corpo e oltre.
“E cosa vuoi che sia una cicatrice! Pensa a chi sta peggio!”, scrive un utente, definendolo “fortunato”.
Ma chi siamo noi per minimizzare una cicatrice e la storia che quel segno si porta dietro?

La cicatrice, dal latino “cicatrix” – iris viene definita così dal vocabolario Treccani:
“Tessuto di guarigione delle soluzioni di continuo e delle perdite di sostanza di tessuti sia animali sia vegetali; più comunemente, segno che rimane sulla pelle nel luogo di una ferita rimarginata“.
Ancora, in senso figurato:“Segno lasciato nell’animo da un’esperienza dolorosa”. 

Abbiamo approfondito l’argomento con l’aiuto della psicologa e psicoterapeuta aquilana Chiara Gioia.
“Se la cicatrice è legata a un evento traumatico, spesso, essa viene percepita come quel ricordo costante che dal corpo può arrivare a segnare l’anima, in una rielaborazione del trauma che diventa molto dolorosa e che deve essere risolta con l’aiuto di un esperto.
Le cicatrici rimandano a un passato, a un dolore, un incidente, una malattia che ha lasciato un segno. Ed è un segno invisibile quando si tratta di una cicatrice dell’anima e non del corpo. È importante, per questo, nominare queste cicatrici, riconoscere le ferite, ‘farne tesoro'”.

Il Sale 

Una cicatrice, spesso, suscita profonda angoscia e segna anche la nostra psiche: Infatti, esiste una forte interazione tra soma e psiche – continua Chiara Gioia – Le cicatrici dell’anima possono anche essere lette come ‘essenza della vita’. A questo proposito, una delle descrizioni più interessanti di quelle che possiamo definire ‘cicatrici dell’anima’ possiamo prenderla in prestito da Hillman, la cui riflessione parte, a sua volta, da un pensiero di C.G. Jung, celebre psicoanalista svizzero.
Mantenendosi sul piano simbolico, Jung individuava nel sale ‘il principio alchemico che definisce la natura del sentimento’.
Da qui parte il pensiero di Hillman: ‘[…]il sale è quel fondamento minerale e oggettivo dell’esperienza personale che rende possibile l’esperienza. Niente sale, niente esperienza: soltanto uno scorrere e un dissiparsi di eventi privi di corpo psichico‘. 

Ogni individuo, cioè, è la sua esperienza, la sua sofferenza. Non c’è individuo senza un vissuto”.

“Il Sale alchemico, allora, consente agli eventi di fissarsi e di diventare vissuti, di costruire il proprio senso di sé che diventa corpo psichico. In questo senso i traumi infantili sono momenti d’iniziazione al senso di essere un ‘me’ dotato d’interiorità soggettiva. Il Sale, quindi, è associabile alla memoria episodica:come se l’anima dovesse portare incisa una reminiscenza esemplare“.
Continua Chiara Gioia, Quei vissuti profondi che si sedimentano in noi come cicatrici dell’anima non dovrebbero essere intesi, quindi, come lacerazioni da rimarginare. Secondo Hillman, essi sarebbero piuttosto quelle cave da cui estrarre il prezioso sale della vita: l’essenza senza la quale l’anima non potrebbe vivere. Egli afferma, inoltre, che è proprio nella sofferenza che riusciamo a produrre quegli elementi psichici che danno ricchezza e profondità all’esistenza.
Attraverso le esperienze che tracciano in noi profonde cicatrici dell’anima accediamo a quel luogo interiore dove è possibile riflettere sul valore del proprio essere e della propria personalità. Poiché questi eventi ‘fanno nascere nell’anima il senso di essersi incarnata come vulnerabile soggetto di esperienze‘ “. 

Là dove c’è una grande personalità, dietro si cela anche un grande dolore.

Un dolore – evidenzia ancora la psicologa e psicoterapeuta Chiara Gioia – che si vive quotidianamente dentro la propria stanza d’analisi, giorno dopo giorno, seduta dopo seduta. È un respirare ciò che la psiche emana: ricordo che il setting terapeutico è il luogo più aulico in cui la Psiche può trovare la sua massima espressione, grazie al rapporto con il proprio terapeuta”. 
È possibile cancellare le cicatrici dell’anima?
“Possiamo certamente affermare che molti dei segni che la vita lascia nelle profondità del nostro mondo interiore, nel tempo, certamente si rendono meno evidenti, perché siamo dinamicità, evoluzione, in particolar modo grazie alla psicoterapia: tanto da giungere così a poter addirittura conferire valore a quelle stesse cicatrici, ovvero alla nostra natura più sensibile e autentica. Non bisogna pensare le cicatrici come un ‘qualcosa’ da cancellare,bensì come quel ‘segno’ di guarigione intesa come elaborazione di ciò che è stato generato da quel dolore.Tutte le ferite, per poter divenire cicatrici, necessitano di essere ascoltate, narrate, riconosciute, elaborate”.

Una volta riconosciuta ed elaborata, la cicatrice – nel tempo – smette quindi di essere un segno da cancellare. E si può tendere a condividerla, così come un “segnale” del nostro corpo e un messaggio delle dis-avventure vissute.
Sta diventando sempre più frequente – sui social e in particolare su Instagram – mostrare le proprie fragilità e i segni del proprio corpo o anche quelle imperfezioni che, spesso, i filtri facilmente nascondono. Sono numerosi gli influencer o i personaggi noti del mondo dello spettacolo che, attraverso i propri profili, si raccontano a 360 gradi. L’acne aggressiva che non ne vuole sapere di sparire e che si ripresenta nei momenti meno indicati, la depressione che si acutizza nei momenti no e che viene affrontata con il giusto percorso terapeutico, la vitiligine che tende ad alterare la normale colorazione della pelle. ‘Problemi’ o particolarità che, spesso, vengono enfatizzati dal clickbait dei quotidiani online. Contro il fenomeno – e le sue possibili conseguenze sulle persone che lo subiscono – si è recentemente espressa l’attrice Kasia Smutniak, che soffre proprio di vitiligine.

“Kasia Smutniak irriconoscibile dopo la malattia: ecco come si è ridotta”: questo il titolo di un articolo apparso sul web e presto ripreso da diverse testate giornalistiche. Tanto da portare l’attrice ad una reazione forte, in difesa di chi potrebbe rischiare di ricevere lo stesso trattamento e subire, di conseguenza, un duro contraccolpo psicologicorispetto ad un problema che potrebbe essere vissuto come un profondo disagio. 
“Anni fa – ha scritto l’attrice – un dottore tibetano mi ha detto che sono come un serpente, mi sto trasformando, sto cambiando pelle. All’epoca non volevo ‘trasformarmi’, pensavo tutto dipendesse dalla mia volontà. Però allo stesso tempo ero attratta dalle unicità degli altri. La mia non è una storia né triste, né tragica, né tantomeno orripilante.
È stato un percorso lungo ma bellissimo, a tratti anche comico. Ne ho condiviso solo un pezzetto, portando avanti un messaggio positivo e sperando che la mia testimonianza potesse dare forza a tante persone con la mia stessa particolarità o senza.
È stato bello scoprire quanta importanza diamo alle nostre fragilità, quanto queste possano plasmare le nostre vite e quanto è bello liberarsene. Passare oltre, evolvere, cambiare non solo la pelle ma anche la percezione che abbiamo di noi stessi. Quindi figuriamoci quanto poco impatto possa avere su di me, ora, un articolo di un giornale… ‘Trauma’, ‘come si è ridotta’, ‘irriconoscibile’, ‘tragedia’, sono spesso le parole che vengono accostate al mio aspetto fisico.
Beh anche questo mi fa sorridere. Perché in realtà mi sento forte, amata e bella, dentro e fuori. Però vorrei andare oltre questa semplificazione.
Penso a chi sta affrontando un percorso, pieno di dubbi, difficoltà e dolore, che legge un articolo del genere – magari la mattina facendo colazione – e scopre qual è stata la vera tragedia nella vita di una certa Smutniak (Sputnik, Smushtac, Muniack.. fai tu) A questa persona rivolgo le mie parole:
NON MOLLARE, NON FARTI CONDIZIONARE DALLA STUPIDITÀ DEGLI ALTRI, NON NE VALE LA PENA, CAPISCI?
LA SMUTNIAK STA DA DIO! E TE LO DICE LEI DI PERSONA. GUARDA OLTRE, SCAVA DENTRO DI TE, SCOPRIRAI LA FORZA E LA BELLEZZA CHE NESSUNO POTRÀ METTERE PIÙ IN DISCUSSIONE .
‘CAMBIA LA PELLE’ SII SERPENTE.
ps. Così ho scoperto sulla mia ‘pelle’, cosa sono i ‘clickbait’, lapseudoinformazione che fa leva sull’aspetto emozionale, distorcendo la realtà. Una realtà della quale si parla poco o niente. Ma forse dovremmo cominciare”.

Cominciamo?