Operai no mask, imprenditori costretti a licenziare

Imprenditori alle prese con operai “no mask”: dopo il terzo richiamo scatta il licenziamento. I lavoratori protestano, ma i datori di lavoro non possono andare contro le disposizioni di legge.
Imprenditori alle prese con operai “no mask”: dopo il terzo richiamo scatta il licenziamento. I lavoratori protestano, ma i datori di lavoro non possono andare contro le disposizioni di legge.
Uno degli ultimi casi si è registrato in Umbria, alla Cucinelli SPA, dove una lavoratrice, sindacalista della Fisinazionale, è stata licenziata alla fine di una serie di vicende legate all’obbligo di usare la mascherina sul posto di lavoro. Non solo la donna si è rifiutata di utilizzare il dpi previsto per legge, ma ha organizzato manifestazioni di protesta davanti all’azienda, come fosse la stessa azienda ad aver deciso di introdurre l’obbligo previsto invece per legge. Al di là delle proteste, però, a far scattare i richiami erano state le inosservanze contestate alla donna. Sono così scattate le lettere di richiamo, ben tre, e infine il licenziamento. Naturalmente sono scattate proteste e rivendicazioni contro la stessa azienda, “colpevole” di aver fatto applicare disposizioni di legge. La giurisprudenza in materia è ormai ampia, con numerose sentenze che considerano preponderante l’interesse collettivo della tutela della salute rispetto alle convinzioni personali di un dipendente quando comportano una violazione delle disposizioni sul luogo di lavoro. Vengono quindi giudicate legittime sanzioni disciplinari che vanno dalla sospensione senza retribuzione al licenziamento. In particolare, certe posizioni intransigenti “no mask”, contrastano con le disposizioni previste dall’articolo 20, comma 1 e comma 2 lettera d) del Dlgs 81/2008 che impongono al lavoratore la collaborazione con il datore di lavoro a tutela della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro; dal punto di vista soggettivo, il Tribunale giudica censurabile la condotta della lavoratrice, che antepone all’interesse generale proprie convinzioni personali, non fondate su conoscenze riconosciute dalla comunità scientifica.
Insomma, i lavoratori ‘no mask’ sono avvisati: le disposizioni sono quelle e non ci sono impropri rimandi a libertà personali che tengano in tempo di pandemia. Il rialzo dei contagi di queste ultime settimane dimostrano che non è ancora tempo di mandare in soffitta la mascherina.