Camere con vista

Governo a un passo dalla crisi, Draghi da Mattarella

Governo al bivio: la legislatura è iniziata con i 5Stelle che, pur di governare, hanno stretto alleanze con gli avversari del giorno prima. Potrebbe finire per la voglia nostalgica di opposizione. L'editoriale di Giuseppe Sanzotta

Sono le 21 quando Conte lascia la riunione del gruppo dirigente dei 5Stelle. E’ scuro in volto, non sa o non vuole dire se giovedì al Senato i suoi non voteranno la fiducia. Sa che da quella decisione dipende la sorte del governo.

Sono le 21 e da qualche minuto Draghi ha lasciato il Quirinale dopo un colloquio imprevisto con Mattarella. E’ la fotografia di una giornata forse cruciale per il governo e forse per la legislatura.
Nel pomeriggio accade quello che in molti si aspettavano, ma in pochi ne prevedevano l’effetto dirompente. I 5Stelle, che pure qualche giorno fa avevano votato la fiducia posta dal governo sul decreto aiuti, stanziamenti per 20 miliardi in favore di famiglie e imprese, lasciano l’aula di Montecitorio al momento del voto finale sul provvedimento. Il capogruppo pentastellato, Crippa, è duro, polemico. Brucia quel passaggio sull’inceneritore a Roma, per tutti una necessità, per i 5Stelle un affronto. Bruciano le perplessità sul bonus del 110 per cento, la volontà diffusa di rivedere il reddito di cittadinanza.
Soprattutto bruciano i sondaggi e il catastrofico andamento di ogni elezione da due anni a questa parte. Bruciano le scissioni. Per la compagnia di Conte sarebbe bene avere le mani libere. Vorrebbero farlo senza provocare la crisi o ancor peggio le elezioni a breve. Così pensano che sia furbo votare la fiducia e non un decreto legge. Insorge la Lega, ancor prima del voto. Salvini fa sapere che allora anche la Lega voterà soltanto le leggi che approva pienamente.

Ma così può un esecutivo andare avanti? Come fa un partito di governo a non votare un decreto dello stesso governo? E se ci dovesse essere un libera tutti, dove tutti vanno in ordine sparso sarebbe il caos. Inoltre al Senato, giovedì, il decreto aiuti sarà nuovamente in aula, anche stavolta ci sarà la fiducia, ma a differenza della Camera il voto sarà unico, se si vota la fiducia si vota anche sì la provvedimento. L’alchimia usata alla Camera non potrà essere usata. Non votare la fiducia non può non avere conseguenze.
Berlusconi assume l’iniziativa prima che si diffonda la notizia della visita di Draghi al Quirinale. Chiede una verifica della maggioranza per non restare impantanati dalla schizofrenia pentastellata. Molti pensavano che Draghi sarebbe andato al Quirinale dopo il voto al Senato. Anticipando ha voluto però drammatizzare subito la situazione: mettere i 5Stelle davanti alla scelta, o sostengono lealmente il governo o sarà crisi. Contemporaneamente attraverso Orlando, il governo sembra pronto a varare quel reddito minimo che fa parte delle richieste presentate da Conte. Inoltre c’è l’impegno ad abbassare le tasse. Basterà questo per fermare i 5Stelle? Conte non lo sa, la sua base spinge per l’uscita dal governo. Lui fa la voce grossa, sa bene però che la crisi lo isolerebbe anche dal Pd. Verrebbe bene quella prospettiva politica che è alla base della sua nomina a capo del movimento. Non solo, ma se i grillini tornano sulle barricate altri possibili leader appaiono più adatti, primo fra tutti Di Battista.
Salendo al Quirinale Draghi ha messo sul tappeto le carte. Non ha lanciato ultimatum, anzi nei comunicati ufficiosi si è detto che la visita era stata concordata per fare un punto sulla situazione internazionale dopo i viaggi all’estero del Capo dello Stato. Naturalmente, si fa sapere, si è parlato della situazione politica.
Nella sostanza Draghi ha fatto sapere che non può guidare un esecutivo dove i partiti della maggioranza non sostengono i provvedimenti varati dal Consiglio dei ministri. Se oggi lo si consente ai 5Stelle, è chiaro che domani lo faranno anche altri. Così non si può andare avanti. Da qui anche la richiesta di Berlusconi di una verifica. L’altra strada per cercare di assicurare stabilità.
Draghi accetterebbe di guidare un esecutivo senza Conte? Il rischio di crisi indurrà i grillini a un ripensamento? “Lo saprete a tempo debito” ha sussurrato Conte a conclusione della serata. Una cosa l’ha saputa, e il messaggio è arrivato dal Quirinale: se non vota al Senato la fiducia è fuori dal governo. In teoria i numeri ci sono per continuare con Draghi. Ma il Pd che farà? Se dovesse sfilarsi non resterebbe che il voto anticipato. Adesso la parola passa ai 5Stelle. Se si aggrappano alla proposta del salario minimo, la crisi può essere evitata. Del resto, se c’è crisi, anche la proposta del ministro Orlando non avrà seguito. Ma dopo il sostanziale no alla Camera potrà adesso Conte dire sì allo stesso provvedimento giovedì? La legislatura è iniziata con i 5Stelle che, pur di governare, hanno stretto alleanze con gli avversari del giorno prima. Potrebbe finire per la voglia nostalgica di opposizione.

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