Governo, i 5Stelle non votano la fiducia: crisi ed elezioni ad un passo

Crisi di Governo: oggi al Senato, con molta probabilità, l’uscita dall’aula segnerà la fine della legislatura. Il “magma incontrollabile” dei 5Stelle analizzato nell’editoriale di Giuseppe Sanzotta
Dopo una giornata di riunioni, di mediazioni, di appelli, di contatti i 5Stellehanno deciso: al Senato non voteranno la fiducia al Governo.
Conte, che pure non avrebbe voluto arrivare a tanto, si arrende e giustifica la decisione: le parole di Draghi non bastano. In realtà l’ex premier non ha potuto che assecondare l’onda di protesta che lui stesso aveva fatto nascere. Quando ha cercato di dominarla si è reso conto che non ne aveva più la forza. Si è reso conto che non guida il movimento che risponde a impulsi non controllabili. Così non ha potuto fare altro che assecondare lo spirito ribellistico prevalente.
Sono quasi le 22, dalle 8,30 del mattino, l’alba per le abitudini romane, è riunito il consiglio nazionale pentastellato. Conte aveva portato i deputati a non votare il decreto aiuti, ma per i regolamenti della Camera aveva consentito di votare la fiducia al Governo. Al Senato non può essere così: il voto è unico: non votare il decreto significa non votare la fiducia. Dopo il voto dei grillini alla Camera la strada era obbligata. Sarebbe servita una sterzata. Ma Conte non ha avuto la forza di imprimerla. Così è passata la linea che al Senato sarà replicato il voto della Camera. Con la differenza che stavolta non ci sarà nemmeno il sì alla fiducia.
Eppure Draghi una mano l’aveva offerta. A sindacati e imprenditori aveva annunciato provvedimenti in favore dei più poveri, un salario minimo per le categorie non protette, una sforbiciata alle tasse. Una svolta, secondo Letta, che avrebbe dovuto indurre l’alleato (o ex) a tornare sui suoi passi. Conte, ci avrebbe provato. Poi nella pausa della riunione del vertice pentastellato ha parlato con Draghi. Entro luglio arriveranno alcuni dei provvedimenti richiesti nel documento presentato al premier. Del resto li ha promessi anche ai sindacati. Inutile.
Quando verso le 20 è tornato a riunirsi il vertice pentastellato la decisone era presa. A Conte, per non essere travolto, non è rimasto altro che assecondare il processo che lui stesso aveva promosso pensando di poterlo dominare. Ma quel che resta dei 5Stelle è un magma incontrollabile, si muove su spinte emotive e non razionali. Così gli appelli di Letta sono caduti nel vuoto anche se questo potrebbe portare alla morte in culla di un’alleanza che ancora non ha mosso i primi passi. Non ha contato il fatto che quei provvedimenti per i più svantaggiati con una crisi non avrebbero mai visto la luce.
Alle 22 si riuniscono i gruppi parlamentari per ratificare la scelta. C’è chi dissente, chi corre da Di Maio in cerca di una illusoria protezione. C’è chi furbescamente pensa che non ci sarà il ricorso al voto e disegna scenari ipotetici che non tengono conto della volontà di Draghi e del vantaggio che si è dato al centrodestra come dimostra la dichiarazione di Salvini: se i 5Stelle non votano la fiducia ci sono le elezioni. C’è una furbesca linea di pensiero che ritiene scontata la salita al Quirinale da parte di Draghi. Così come ritiene altamente probabile che Mattarella invece di sciogliere le Camere inviterà Draghi a presentarsi alle Camere per verificare se ha ancora la fiducia. I 5telle potrebbero votare la fiducia e incidente chiuso. Questa prospettiva non fa i conti con la volontà di Draghi, ribadita in più occasioni, non fa i conti con il centrodestra, che potrebbe considerare chiusa la partita e con lo stesso Pd in cerca di altre alleanze.
Così oggi al Senato, con molta probabilità, l’uscita dall’aula segnerà la fine della legislatura. Rimandando di mesi la realizzazione delle procedure per accedere ai fondi del PNRR, regalando in dote al prossimo esecutivo il non facile compito di una legge di bilancio che faccia i conti con la crisi energetica, l’inflazione, l’aumento del debito e il rischio di recessione. Se tutto andrà come previsto, stasera il decreto aiuti, oltre 20 miliardi di interventi, otterrà il via libera. Subito dopo Draghi si recherà da Mattarella per avvertire che la maggioranza non c’è più. Poi la parola passerà al Capo dello Stato. E probabilmente agli elettori prima del previsto.