Politica

Crisi di Governo, Biondi: Meglio tornare al voto

Il sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi non sottoscrive l'appello di molti sindaci italiani a Draghi affinchè ritiri le dimissioni: “Meglio tornare al voto". Si susseguono le riunioni dei 5Stelle: per ora nulla di fatto.

Il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi non sottoscrive l’appello di molti sindaci italiani a Draghi affinchè ritiri le dimissioni: “Meglio tornare al voto”

“In una democrazia parlamentare un Governo rimane in carica fin quando non si insedia l’esecutivo successivo. Da sindaco l’auspicio è di poter contare su un governo centrale che sia solido e che abbia un programma chiaro e non ci costringa ad assistere a balletti come quello di questi giorni: di fronte a tante incertezze, meglio tornare subito al voto“.

Lo ha dichiarato questo pomeriggio il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, nel corso di una trasmissione dedicata alla crisi di governo su Rainews24.

Non ho firmato l’appello per chiedere al premier Draghi di rimanere al suo posto e non condivido il metodo e lo stile di questa iniziativa. Un Sindaco rappresenta tutta la comunità oltre che una coalizione. Non sta a me giudicare altri primi cittadini ma penso che ci siano problemi molto gravi ed è troppo semplicistico ridurre la crisi attuale su cosa dice questo o quell’esponente politico. Il sottoscritto, come molti altri sindaci, entro il 31 luglio dovrà approvare una variazione di bilancio e solo per il Comune dell’Aquila l’aumento dei costi legati al caro energia vale una cifra di circa 5 milioni di euro: ciò significa che a settembre avremo problemi per il carburante del trasporto pubblico locale o il riscaldamento nelle scuole e negli alloggi del progetto Case realizzati nel post sisma”.

Rispetto alle dichiarazioni rese dal primo cittadino di Pesaro e coordinatore dei sindaci Pd, Matteo Ricci, Biondi ha aggiunto: “Lo zelo che lo stato maggiore del Pd e i suoi sindaci stanno mettendo nel chiedere al presidente del Consiglio di rimanere al suo posto va ben oltre la figura, pur autorevole, di Draghi e sottintende un maldestro tentativo per prendere tempo visto il fragoroso fallimento del cosiddetto ‘campo largo’ dell’alleanza con il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte” conclude Biondi.

Posizione condivisa dai tre governatori Marsilio, Musumeci e Acquaroli: “Non condividiamo questa iniziativa, lanciata da alcuni colleghi, sia nel merito che nel metodo. Nel merito: crediamo che in questo momento l’Italia possa permettersi tutto tranne che un governo immobile, paralizzato dai giochi di palazzo e dagli scontri tra i partiti di maggioranza. Nel metodo: un Presidente di Regione o un Sindaco rappresentano anche i cittadini che vogliono andare a votare e non possono permettersi di utilizzare le Istituzioni che rappresentano per finalità politiche o, peggio, di partito. Sono forzature – concludono Marsilio, Acquaroli e Musumeci – che chi ricopre un ruolo istituzionale non può permettersi, né tanto meno promuovere”

Sono più di mille i primi cittadini che hanno aderito alla lettera aperta per convincere Mario Draghi a restare al governo. L’appello è stato lanciato il 16 luglio, dai sindaci di FirenzeVeneziaMilanoGenovaBariBergamoPesaroAstiTorinoRavenna e Roma. Nella lettera si legge: «Noi sindaci, chiamati ogni giorno alla difficile gestione e risoluzione dei problemi che affliggono i nostri cittadini, chiediamo a Mario Draghi di andare avanti e spiegare al Parlamento le buoni ragioni che impongono di proseguire l’azione di governo».

Contraria all’iniziativa la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che si domanda se «tutti i cittadini rappresentati» da loro «condividano l’appello perché un governo e un Parlamento distanti ormai anni luce dall’Italia reale vadano avanti imperterriti». Inoltre, Meloni accusa i sindaci di avere usato le «istituzioni senza pudore, come se fossero sezioni di partito».

Intanto, si succedono le riunioni in seno al Movimento 5 Stelle, fin da mercoledì mattina, giorno in cui Draghi ha rassegnato le sue dimissioni. Riunioni che sono state più volte aggiornate senza però addivenire a una soluzione condivisa. “E’ apparso chiaro che la questione non era legata al solo decreto aiuti” dice nel suo editoriale Pino Sanzotta, già direttore del Tempo.  “I 5Stelle sono tentati dalla strada dell’opposizione. Avanzare un nuovo ultimatum non facilita le cose. L’ambiguità raggiunge il culmine con un movimento che resta il mezzo al guado , con ministri che restano in carica, ma non votano la fiducia. Un movimento che rischia una nuova scissione. Circolano voci su decine di parlamentari pronti a lasciare Conte . Da quattro giorni il vertice del movimento è in assemblea permanente eppure allo stato delle cose il loro sembra uno sforzo inutile”.

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