Politica

Elezioni politiche, caccia al voto: Letta cerca di unire gli opposti, Meloni sempre più leader

Elezioni politiche 2022, è caccia al voto. Letta alle prese con il tentativo di unire gli opposti. I piccoli cercano spazio ma temono il "voto utile". A destra Giorgia Meloni sempre più leader.

Elezioni politiche 2022, è caccia al voto. Letta alle prese con il tentativo di unire gli opposti. I piccoli cercano spazio ma temono il “voto utile”. A destra Giorgia Meloni sempre più leader.

Enrico Letta è un politico navigato, sa sicuramente muoversi in un terreno minato, ma forse stavolta le insidie sono davvero tante. Gli esperti del Pd hanno  fatto un po’ di conti per arrivare a una conclusione perentoria: senza alleanze la sconfitta è più che certa. A poco varrà l’appello a fermare la Destra. A dipingere l’avversario cattivo e pericoloso. Nei collegi uninominali non c’è partita: stravince il centrodestra. Questa legge elettorale non lascia scelta.  Un partito da solo non può vincere, anche se ottiene più voti degli altri , serve una coalizione.  Nel centrodestra, nonostante le polemiche e i contrasti degli ultimi mesi l’intesa è stata trovata presto. Era facile ipotizzarlo anche perché, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, governano insieme negli enti locali. A sinistra invece è il caos. Letta pensava a un campo largo: da Calenda alla sinistra di Fratoianni, passando per i Verdi, i 5Stelle. Dopo la rottura con Conte sono rimasti gli ex 5Stelle di Di Maio, che elettoralmente valgono poco o nulla. Così è cominciato il lavorio per unire i due opposti dello schieramento: Calenda, che ha imbarcato i dissidenti di Forza Italia e l’estrema sinistra di di Fratoianni e Bonelli. Il problema sembrava essere Calenda che non voleva stare nella stessa squadra con Di Maio e la sinistra. Un piccolo miracolo è stato fatto con l’intesa siglata tra Letta e Calenda. Una intesa che secondo i tattici del gioco elettorale può valere 16 seggi. Per arrivare a tanto il Pd ha dovuto confermare la rottura con Conte, l’esclusione dai seggi uninominali dei leader e dei candidati divisivi, ha dovuto concedere il 30 per cento dei seggi  a Calenda. Non solo, ma dovrà farsi carico di cedere posti a Di Maio ed eventuali altri alleati. Ci sono mugugni nel Pd, ma la Serracchiani, vicina al leader, avverte: l’importante è vincere. La coperta tirata da una parte ne scopre subito la parte opposta. Fratoianni e Bonelli insorgono, non tanto per i posti, ma perché ritengono che non si possano sposare le tesi di Calenda, che poi sono quelle di Draghi. Così si mettono di traverso, sono incerti. A loro si rivolge Conte per offrire una alleanza. Ma il duo sinistra-ecologista vuole alzare il prezzo. C’è anche la tentazione di andare da soli. Intanto i tattici avvertono: senza la sinistra 14 seggi sono in pericolo. Così Letta tratta. L’obiettivo ormai è chiaro, strappare un pareggio almeno al Senato. Così si ricorre all’antica arma dell’antifascismo per fermare le destre. Un’arma di pressione ora, ma domani potrebbe essere uno strumento di propaganda per punire chi non ha accolto l’appello. Perché sui più piccoli incombe il fantasma del voto utile.  Cioè di portare lo scontro con l’avversario in modo tale  da spingere gli elettori a scegliere i partiti che realmente possano contrastare l’avversario. Nelle precedenti elezioni regionali in Puglia i sondaggi pronosticavano il successo di Fitto, candidato del centrodestra. I pronostici prevedevano un risultato introno all’otto per cento per Scalfarotto, candidato di Calenda e Renzi. Alla fine la spuntò Emiliano, Scalfarotto si fermò poco dopo l’uno per cento, disastroso fu anche il risultato dei 5Stelle. Gli elettori di sinistra riversarono il loro sostegno sul solo candidato che poteva battere la destra. Alle politiche potrebbe essere così.  I piccoli partiti rischiano di pagare un prezzo pesante alla radicalizzazione dello scontro. Ora Letta cerca l’intesa, ma domani, a candidature presentate farà appello al voto utile per svuotare i concorrenti a sinistra. Basterà per costruire una alleanza? Lo vedremo nelle prossime ore. Chi sembra fuori dai giochi è Matteo Renzi. Andrà da solo. Elena Boschi in una intervista annuncia con un ottimismo non giustificato nemmeno dal più gradito dei sondaggi: supereremo il 5 per cento. Ci crede veramente? Appare difficile. Renzi si prepara alla battaglia Si candiderà in 5 città. Una battaglia disperata, perché rischia di rimanere fuori dal prossimo Parlamento, vittima del voto utile.   Adesso prova ad alzare la voce anche Di Maio accusando il Pd di aver dato troppo spazio a Calenda. Di Maio dovrebbe essere candidato dal Pd, ma già a livello locale è scattato l’allarme: non lo vogliono. I veleni del passato sono difficili da digerire. Un problema in più per il segretario dem alle prese con la partita più difficile.  Non può accontentarsi di un probabile buon risultato del suo partito se poi il centrodestra stravince. Le premesse ci sono tutte. Da una parte c’è una coalizione, apparentemente, unita. Dall’altra un  partito forte contornato da partitini litigiosi. Tanto che  nella sinistra del Pd c’è chi avrebbe voluto riaprire la partita con i 5Stelle. Ma è tardi. Conte travolto da Grillo cerca in Di Battista e nell’ex sindaco di Roma Virginia Raggi, sostegni per evitare il disastro elettorale. Segno che l’alleanza con il Pd è ormai cosa del passato.

A Destra si vede il traguardo a portata di mano. Calenda con la sua campagna acquisti in Forza Italia poteva rappresentare un pericolo. Per evitare sorprese anche qui si fa appello al voto utile: Calenda sta con la sinistra. Chi è contro la sinistra non può votare per lui. Questo per evitare che una parte dell’elettorato moderato, quello che si riconosceva in Forza Italia, possa essere tentato dalle sirene centriste che centriste non appaiono più. Così sembrano svanire mesi di polemiche nel centrodestra. Berlusconi difende Giorgia Meloni dagli attacchi. Ormai è chiaro che è lei il candidato premier. E non ha bisogno di garanti. Ha imposto alla coalizione il rispetto delle intese internazionali, la fedeltà alla Nato, la scelta chiara di essere al fianco dell’Ucraina. Non solo, ma nei prossimi giorni  incontrerà le cancellerie europee. Coalizione unita, con un partito e un leader in ascesa. I problemi sono degli altri. Salvini ha provato a candidarsi per il Viminale, ma è stato stoppato dalla Meloni: questo le vedremo dopo. Salvini deve fare i conti anche con il proprio partito. Se dovesse scendere sotto la soglia psicologica del 10 per cento la sua posizione potrebbe essere messa in discussione. Berlusconi, vuole impegnarsi in campagna elettorale, ma ci sono molte incognite sul futuro di Forza Italia. Ha perso elettori a destra che hanno preferito rivolgersi prima alla Lega e ora a Fratelli d’Italia. Rischia di perdere consensi anche nell’area moderata. La radicalizzazione del voto rischia di punirlo. Ipotizza il 20 per cento per il suo partito, ma lo spauracchio è che possa scendere al 5. La vittoria del centrodestra non sarebbe in discussione, ma il terremoto politico ci sarebbe lo stesso, sarebbe soprattutto la vittoria di Giorgia Meloni. Dall’altra parte all’opposizione ci sarebbe Letta con il suo Pd. In futuro potrebbe realizzarsi il sogno di Giuliano Ferrara che avrebbe voluto uno scontro diretto tra Meloni e Letta.  Intanto stiamo all’oggi anche se appare difficile seguire i giochetti a sinistra soprattutto nella prospettiva di un difficile autunno per le famiglie italiane.

Speriamo che nella battaglia tra presunti pericoli e allarmi ci sia spazio per parlare di programmi e di proposte per il governo del Paese.

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