Economia e societa'

Pensioni no, reddito di cittadinanza sì: i conti non tornano

Pensioni no, reddito di cittadinanza si! Sindacati, se ci siete battete un colpo. Il contributo di Fulgenzio Ciccozzi.

Pensioni no, reddito di cittadinanza si! Il contributo di Fulgenzio Ciccozzi.

Prendendo spunto da un articolo del 22 agosto uscito sull’Huffington post in cui si definiva frottola il motivo per cui la riforma Fornero ha condannato gli italiani ad andare in quiescenza ad età venerande, includendo nello scritto il termine in voga di populismo, ho ritenuto opportuno fare le seguenti considerazioni.
Dunque il termine populismo viene spesso usato, in qualche modo, per delegittimare le richieste di una buona parte dei lavoratori che negano la dura realtà economica che si sta vivendo, causata da riforme insensate degli anni passati (es. baby pensioni del governo Rumor) e sperpero immodato di denaro pubblico.
C’è un fatto, però, che le voci passive di bilancio, causate dai costi di cui sopra, ricadono sulla groppa dei soliti lavoratori senza che sia concesso chiedere un contributo di solidarietà, cercando di ridurre il gap che si basa sulla differenza tra le pensioni percepite e contributi versati, che costa alle casse dell’INPS svariati milioni di euro. Dunque, andare in pensione oltre i 67 anni di età non è considerata un’età venerabile per chi si è speso per oltre quarant’anni al lavoro, magari uscendo presto la mattina e tornando tardi la sera. Magari mangiando panini a ora di pranzo, per chi fa il lavoro con orario spezzato (la cui sede d’impiego si trova lontano da casa), qualsiasi impiego venga comunque svolto e, maggiormente, occupato in piccole aziende il cui proseguo dell’attività dipende – oltre che dalle capacità gestionali dei titolari – anche dal mercato.
Ma no, questi lavoratori non rientrano nella categoria dei lavori usuranti!

Senza contare la non remota possibilità che un salariato impiegato nel settore privato potrebbe rimanere disoccupato dopo i cinquanta e passa anni e che lo stesso possa avere difficoltà a essere ricollocato. Mi chiedo: come farà ad arrivare a 67 -68 anni di età? Anche la tanto sbandierata quota 41 è uno specchietto per le allodole, poiché poco cambia ed è un traguardo difficilmente raggiungibile, soprattutto da chi svolge lavori non continuativi o da chi viene immesso nel mondo del lavoro a tarda età.
Un’età fissa, che so 63 anni, per tutti, senza creare scontenti, non potrebbe rientrare tra le ipotesi e spalancare le porte all’occupazione giovanile? La risposta è che non ci sono soldi? Però per il reddito di cittadinanza i soldi sono stati trovati, elargendo aiuti oltre a chi ne ha necessità anche a persone porco inclini al lavoro che di tanto in tanto spuntano come funghi.

Dunque, questo assistenzialismo a go go avrà sicuramente aiutato una parte di famiglie in difficoltà, per le quali è giusto che venga concesso un contributo più o meno temporaneo, a seconda delle effettive necessità, ma ha anche creato ostacoli ad alcune attività che hanno problemi a reperire manodopera, poiché molti dei beneficiari di sussistenza si adagiano su quelle entrate e in molti casi ritengono poco gradito il lavoro offertogli.
No, qualcosa non torna…i conti non tornano “come fior di documenti ufficiali” dimostrano, ma non vorrei che siano sempre i soliti a farli quadrare!
Mi sovviene quando, nella scena del film I Vitelloni, il grande Alberto Sordi, accompagnato dal tipico gesto di scherno col gomito piegato, e mano destra a cavalcioni, rivolto a dei contadini, esclamò: “Lavoratoriii..!” seguito da una bella pernacchia! Sindacati, se ci siete battete un colpo, non lasciateci in mano agli Ufo che sono ormai avvezzi a far tornare i conti con le tasche altrui!

 

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