Le nuove stanze della poesia

Poesie della pace, Maya Angelou

"Vieni, vestito di pace e canterò le canzoni", una poesia di Maya Angelou per l'appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

“Vieni vestito di pace e canterò ….” In questa poesia Maya Angelou, attraverso immagini veramente suggestive, ricorda come la guerra sia il frutto avvelenato di una serie di contraddizioni del nostro vivere quotidiano. Ci offre allora immagini freschissime e sapienti, che nella loro naturalezza ci spingono a considerare l’esigenza di pace come un compenso per la natura che da sempre ci avvolge e ci completa, aiutandoci a svolgere il nostro compito di esseri pensanti con la capacità di comprendere il valore degli ecosistemi, delle biodiversità, in sostanza del mondo che ci accoglie. Una pace non solo tra i popoli ma anche una pace con l’ambiente che ci circonda.

Dice questa composizione di Maya Angelou :
Ognuno di voi è un paese confinante,
Delicato e stranamente reso orgoglioso,
Eppure spinge perennemente sotto assedio.
Le tue lotte armate per il profitto
Hanno lasciato colletti di rifiuti su
La mia riva, correnti di detriti sul mio petto.
Eppure oggi ti chiamo sulla mia riva del fiume,
Se non studierai più la guerra.
Vieni, vestito di pace e canterò le canzoni
Il Creatore mi ha dato quando io
E l’albero e la pietra erano una cosa sola.

Poetessa e scrittrice afroamericana nacque il 4 aprile del 1928 a Saint Louis nel Missouri, negli Stati Uniti. Ebbe notorietà per l’impegno messo nel sostenere le lotte dei movimenti per i diritti civili dei neri insieme a Malcom X e Martin Luther King e per i suoi scritti che raccontano non solo le vicende della sua vita ma affrontano anche altri temi importanti. Sette libri autobiografici scritti in cinquant’anni nei quali si snoda un percorso in cui spesso i lettori ritrovano momenti fondamentali anche della loro vita.

Ha raccontato la sua vita in un libro dal titolo “Io so perché canta l’uccello in gabbia” (I Know When the Caged Bird Sings) , un’opera il cui titolo viene anche tradotto con “Il canto del silenzio”.Una vita non facile fin dall’adolescenza .Vittima di una violenza familiare da parte del compagno di sua madre lo denunciò facendolo finire in prigione .Nel momento dell’uscita l’uomo fu picchiato a morte .Maya fu così scpmvolta dall’accaduto fino a dire in una intervista nel 2005 al Guardian : “ Pensai di aver causato io la sua morte perché avevo fatto il suo nome alla mia famiglia . Decisi che la mia voce era così potente che poteva uccidere le persone”. Una vita dunque vissuta con gioia e con dolore che le fa dire in definitiva , memore delle esperienze e quindi con una punta di saggezza: “Ho imparato che puoi capire molto di una persona dal modo in cui affronta queste tre cose: una giornata di pioggia, la perdita del bagaglio, e l’intrico delle luci dell’albero di Natale”. Sembra quasi un indovinello ma contiene

Un’attivista per i diritti civili dei neri che nel 1990 si schierò a difesa della vita a 360 gradi: Noi abbiamo il dovere di proteggere la vita, che oggi è minacciata dalla guerra, dall’aborto, dalla povertà, dal razzismo, dalla corsa alle armi, dalla pena di morte e dall’eutanasia. Si ricorda Maya Angelou anche perchè appena compiuti 15 anni, divenne la prima tranviera di colore a guidare la funicolare di San Francisco. Rimasta incinta a 17 anni, per mantenere se stessa e il bambino (che ha cresciuto da sola), ha fatto di tutto. Da ragazza madre :la cuoca, la cameriera, l’attrice, la prostituta, la spogliarellista, la ballerina, la giornalista e la docente universitaria, soggiornando anche tra l’Egitto e il Ghana. Nelle interviste e nelle pagine della sua autobiografia racconta l’importanza della sua esperienza di madre . Il rapporto con questo suo figlio , non ha potuto avere altri figli pur desiderandoli nel successivo matrimonio , viene poi raccontato a sua volta da quest’ultimo come “fonte di luce” per tutte le cose belle e interessanti di cui quella madre lo ha circondato.

Nel 1978 l’Assemblea generale dell’Onu ha adottato la risoluzione 33/73 che nell’articolo 1 dichiara: “Ogni nazione e ogni essere umano, a prescindere da considerazioni di razza, coscienza, lingua o sesso, ha il diritto intrinseco a vivere in pace.”. Un’affermazione forte prodotta quasi sicuramente sulla spinta di tutte le istanze che si erano levate in quel periodo nel mondo .

Gli anni Settanta sono stati anni di crisi in cui però come diceva Andy Warhol “più che fare contava comunicare”. Anni in cui esplode nel Medio Oriente la guerra del Kippur ; gli Stati Uniti decidono ( anche sulla forte spinta del dibattito interno , dei movimenti di opinione e delle lotte degli attivisti ) di ritirare le loro truppe dal Vietnam e quindi porre termine a quel conflitto. Ma anche anni di crisi economica ed energetica a causa della decisione dell’Opec di alzare il prezzo del petrolio per protesta contro l’ appoggio dell’Occidente a Israele. Anni dei figli dei fiori e anni della musica pop e rock

Anni in cui si affacciano sulla scena mondiale popoli giovani, “affamati” di futuro, per i quali la pace deve essere un fatto concreto che interviene e produce effetti nel vissuto materiale quotidiano dando risposte concrete a bisogni vitali che non possono essere “ridotti” ai pur fondamentali diritti umani. Perché i diritti sociali sono fondanti insieme ai “ diritti umani “ che certamente con un respiro più ampio compongono uno scenario irrinunciabile .

L’Onu ha un ruolo importante in questo scenario geopolitico anche se “Le disuguaglianze ed il mancato rispetto di tutti i diritti umani hanno il potere di erodere tutti e tre i pilastri dell’Onu: pace e sicurezza, sviluppo e diritti umani”, come affermava Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, presentando alla 40ª sessione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu a Ginevra la relazione sul lavoro svolto nel 2018 ormai quasi a distanza di mezzo secolo da quegli anni di guerra fredda e di grandi trasformazioni. Cambiamenti che hanno avuto nei primi decenni del Duemila una accellerazione intensa e che hanno ridisegnato via via una serie di scenari fino ad arrivare a quello attuale . Uno scenario di guerra alle porte dell’Europa dovuto all’aggressione da parte della Russia all’Ucraina, con conseguenze determinanti in tema di crisi energetica e di crisi alimentare che vanno aggiunte ad un substrato macro economico di inflazione a livello mondiale e al termine ( almeno si spera) di una pandemia che aveva già imposto altri numerosi e drastici cambiamenti . Insomma un mondo in balia di una tempesta perfetta”.

Sulle politiche per l’emigrazione nel nostro paese si discute da tempo con opposte argomentazioni e con provvedimenti che vanno dalla legge Fini Bossi, ai decreti Salvini ,oltre agli interventi comunitari che appunto delimitano e caratterizzano questa discussione .Probabilmente molte delle argomentazioni pro e contro questo fenomeno che comporta accoglienza, integrazione da una parte o rifiuto e chiusura ad oltranza dall’altra non tengono conto di un fenomeno la cui descrizione è contenuta annualmente in un rapporto dell’Unhcr. L’ Agenzia ONU per i Rifugiati, nasce all’indomani della Seconda Guerra Mondiale con il compito di assistere i cittadini europei fuggiti dalle proprie case a causa del conflitto. Una struttura temporanea, nei programmi iniziali: tre anni per completare il compito, poi la chiusura. Settant’anni dopo, continua a lavorare ogni giorno accanto ai rifugiati: in un mondo in cui ogni due secondi una persona è costretta ad abbandonare la propria casa a causa di conflitti o persecuzioni.
Infatti sono numeri impressionanti quelli contenuti nel rapporto annuale dell’Unhcr, pubblicato alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato, il 21 giugno 2018: sono 68,5 milioni le persone che alla fine del 2017 si trovavano lontane dalle proprie case, perché costrette ad abbandonarle. Di loro, 25,4 milioni sono scappate a conflitti e persecuzioni: 2,9 milioni in più del 2016, “l’aumento più grande che l’Unhcr abbia mai registrato in un solo anno”.

Ecco perchè la pace ha delle connotazioni particolari ed essenziali :non è assenza di guerra, né sinonimo di resa. La pace deve essere giusta e rispettosa dei diritti e della dignità delle persone per essere in definitiva duratura. In questo senso i diritti umani hanno bisogno per essere affermati e costantemente riaffermati di un dialogo continuo , anche dal punto di vista diplomatico
Ma dicevo che in senso lato la pace non è solo quello nella convivenza tra popoli. La pace è anche una esigenza dell’uomo rispetto al creato.
Ce lo ricorda la poesia di Maya Angelou . Fare pace con l’ambiente che ci circonda significa attuare la rivoluzione più importante degli ultimi secoli. Perchè l’interazione dell’uomo con l’ambiente non è stata sempre positiva causando danni agli ecosistemi , alla biodiversità con un peggioramento delle condizioni ambientali . Così che “ l’alterazione dell’ambiente da parte dell’uomo, come leggo su Sapere.it ( Enciclopedia De Agostini on line) porta spesso alla distruzione di molti habitat naturali a causa sia delle diverse forme di inquinamento, ) del suolo , dell’acqua, dell’atmosfera )sia di altri tipi di perturbazioni, quali la deforestazione e il pascolo eccessivo, che contribuiscono alla desertificazione, la compromissione dell’assetto idrogeologico del territorio, l’espansione degli insediamenti urbani, industriali e agricoli. “

Papa Benedetto XVI per la 43ª Giornata Mondiale della Pace, che si è celebrata il 1° gennaio 2010 sul tema: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. Ha motivato questa sua affermazione scrivendo che il rispetto del creato riveste grande rilevanza, anche perché “la creazione è l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio”e la sua salvaguardia diventa oggi essenziale per la pacifica convivenza dell’umanità. Concludendo che per tale motivo è indispensabile che l’umanità rinnovi e rafforzi “ quell’alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino”.
Del resto lo stesso Benedetto XVI aveva scritto nell’Enciclica Caritas in veritate che “lo sviluppo umano integrale è strettamente collegato ai doveri derivanti dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale, considerato come un dono di Dio a tutti, il cui uso comporta una comune responsabilità verso l’umanità intera, in special modo verso i poveri e le generazioni future. Ho notato, inoltre, che quando la natura e, in primo luogo, l’essere umano vengono considerati semplicemente frutto del caso o del determinismo evolutivo, rischia di attenuarsi nelle coscienze la consapevolezza della responsabilità. Ritenere, invece, il creato come dono di Dio all’umanità ci aiuta a comprendere la vocazione e il valore dell’uomo. Con il Salmista, pieni di stupore, possiamo infatti proclamare: « Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? » (Sal 8,4-5). Contemplare la bellezza del creato è stimolo a riconoscere l’amore del Creatore, quell’Amore che « move il sole e l’altre stelle»”

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