Aborto, a Pescara e Chieti il 90% dei medici è obiettore di coscienza

30 settembre 2022 | 18:46
Share0
Aborto, a Pescara e Chieti il 90% dei medici è obiettore di coscienza

Aborto, in Abruzzo l’utilizzo di Ru486 è più che raddoppiato nel 2021: elevato il numero dei medici obiettori di coscienza. I dati.

Aborto, in Abruzzo l’utilizzo di Ru486 è più che raddoppiato nel 2021: elevato il numero dei medici obiettori di coscienza. I dati.

Impennata di Ru486 nel 2021 in Abruzzo. Nel 2019 l’utilizzo del farmaco per l’interruzione di gravidanza aveva visto 196 utilizzatori che nel 2020 eranosaliti a 214. Lo scorso anno sono stati invece 527 i casi in cui le donne ne hanno fatto ricorso.
Un aumento di ben oltre il 100%, soprattutto nella provincia di Teramo. Stabili invece le interruzioni di gravidanza, che si
attestano a 1300 circa l’anno.
Con una nota del 2021 la Regione Abruzzo aveva raccomandato la somministrazione della Ru486 in ambito ospedaliero e nonconsultoriale, a maggior tutela delle pazienti in caso di effetti avversi che nei consultori potrebbero non essere trattati adeguatamente.

Per quanto riguarda gli obiettori di coscienzanella Asl di Pescara sono oltre 90 per cento, mentre per le interruzioni di gravidanza c’è un’unità operativa specificamente dedicata alle Ivg a Penne. A Teramo gli obiettori arrivano all’80% e le interruzioni si fanno all’ospedale di Teramo; a Chieti obiettori oltre il 90%. Le interruzioni si fanno all’ospedale Lanciano. Per l’Aquila le interruzioni si effettuano all’Aquila e ad Avezzano. La media degli obiettori nella Asl è del 75 per cento.

La nota del consigliere regionale Sara Marcozzi. “I numeri che leggiamo dalle agenzie di stampa sui medici obiettori e le linee di indirizzo fissate da Regione Abruzzo nel 2021 rischiano di mettere ostacoli al diritto delle donne di decidere liberamente l’interruzione di gravidanza. Invece di seguire pedissequamente la legge e le linee di indirizzo del Ministero della Salute, che prevede la somministrazione del farmaco Ru486 anche nei consultori, nel nostro territorio ci si è continuati a nascondere dietro alla formula della forte raccomandazione di somministrazione in ambito ospedaliero. Invece di intervenire per garantire che ogni struttura lavori secondo le prescrizioni di legge, si sono sempre cercate scappatoie inaccettabili. Per avere tutte le informazioni del caso e consentire alla Giunta regionale di spiegare le proprie linee di intervento per il futuro, porterò il caso in Consiglio così da fare chiarezza una volta per tutte”. 

Ad affermarlo è la Consigliera regionale e Presidente della Commissione d’inchiesta sull’Emergenza Idrica in Abruzzo Sara Marcozzi, che prosegue: Le percentuali di medici obiettori che leggiamo dalle agenzie di stampa devono farci riflettere: nella Asl di Pescara e di Chieti si supera il 90%, in quella di Teramo si arriva all’80%, all’Aquila il 75%. Numeri che devono farci riflettere, appunto, e che dovrebbero attivare la Giunta regionale. Un Sistema Sanitario regionale vicino alle esigenze delle donne dovrebbe pensare a proteggerle, ad allargare gli strumenti a garanzia dei loro diritti e non mettere ostacoli. C’era già stato un tentativo, un anno fa, di istituire una legge regionale sui bimbi mai nati, con cui la Asl si sarebbe sostituita alla volontà dei genitori, scavalcandoli nella decisione se procedere o meno alla sepoltura di un feto di età inferiore alle 28 settimane. Il tutto ignorando completamente il dolore e il tormento che possono esserci alle spalle di una scelta come questa per una donna. Mi sono messa personalmente di traverso a quel progetto di legge, tanto che perfino la Commissione regionale Pari Opportunità ha dato parere negativo, perché illegittima e incostituzionale. Mi auguro che non ci siano altre sveltine su questa linea da parte della Giunta”.

“Alcuni reportage sulla stampa che abbiamo letto nei giorni scorsi sul tema aborto in Abruzzo raccontano di situazioni molto complicate. Su questa materia prevale la normativa nazionale su quella regionale, quindi la sola cosa che deve essere fatta è rispettare le prescrizioni dello Stato. E se i consultori sono tra le strutture autorizzate a somministrare la Ru486, devono essere attrezzati di conseguenza. Mi auguro che arrivi chiarezza in Consiglio regionale”, conclude Marcozzi.