Sisma 2009 - "il concorso di colpa" delle vittime

Sentenza terremoto, la colpa di morire scuote L’Aquila

Sentenza terremoto. 13 anni dopo L'Aquila "scopre" la colpa di morire. Fu "condotta incauta quella di trattenersi a dormire, nonostante il notorio verificarsi di scosse". La rabbia, il dolore, la protesta: "Questa non è giustizia".

L’AQUILA – Sentenza terremoto, la colpa di morire.
Una sentenza che “non rispetta la memoria di chi, sotto le macerie del 6 aprile 2009, perse la vita”: così le tante persone scese in presidio ieri al parco della Memoria e indignate sui social.

SENTENZA TERREMOTO – Oltre 13 anni dopo il sisma, L’Aquila si sveglia sotto i colpi di un altro terremoto.
Quello che arriva dalle aule di giustizia, dove si trascinano ancora i processi per stabilire cause e responsabilità. Questa volta a far rumore è una sentenza sconvolgente: riguarda il crollo di uno stabile in via Campo di Fossa, in cui persero la vita 24 persone.
La sentenza del Tribunale civile dell’Aquila, a pagina 16, recita:

“È fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile. Concorso che può stimarsi nel 30 per cento”, cioè la misura di cui verrà decurtato il risarcimento danni stabilito.

Responso che si può tradurre in un unico modo: fu anche colpa loro. 

La  sentenza, precisiamo, riguarda solo alcune delle 24 vittime del crollo che si registrò in via Campo di Fossa. E precisiamo anche che i familiari dei deceduti avevano perizie che attestavano diverse irregolarità in fase di realizzazione dell’immobile. Tanto che avevano citato in giudizio sia i Ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture e Trasporti, per le responsabilità della Prefettura e del Genio Civile nei mancati controlli durante la costruzione, – ricostruisce l’Ansa – sia il Comune dell’Aquila, per responsabilità analoghe. Oltre alle eredi del costruttore, nel frattempo deceduto. Così continua la sentenza:

“Concorso che, tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell’edificio di resistere al sisma, per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto, può stimarsi nella misura del 30 per cento. Ne deriva che la responsabilità per ciascun Ministero è del 15 per cento e per il residuo 40 centro in capo agli eredi del costruttore”, la cui azienda è inattiva da molti anni.

In particolare, il Tribunale ha riconosciuto una corresponsabilità dei ragazzi morti pari al 30% perché ha ritenuto siano stati imprudenti a non uscire dopo la seconda scossa, ha condannato i Ministeri e le eredi della ditta, mentre ha respinto le domande nei confronti del Comune e nei confronti del condominio.

La sentenza terremoto ha indignato L’Aquila intera e non solo. Ieri una folta rappresentanza di familiari delle vittime e di cittadini è scesa a protestare, sotto la pioggia, al Parco della Memoria: il luogo che la città ha creato e innalzato in ricordo delle 309 vittime del sisma.
“Questa è la giustizia nelle Aule dei Tribunali. Vittime del terremoto colpevoli”, si legge in uno dei molti cartelloni sventolati al Parco della Memoria, per alzare la voce contro una sentenza che nessuno avrebbe mai potuto neanche immaginare, definita da più parti “vergognosa”.
Ai microfoni del Capoluogo, l’avvocato Wania Della Vigna ha commentato la sentenza:
“Non ho seguito direttamente il procedimento specifico che ha portato all’ultima sentenza del Tribunale civile dell’Aquila, ma come cittadina sono sconcertata e come avvocato, che segue in altri procedimenti i familiari delle vittime del terremoto 2009 – così come altre vicende legate al terremoto di Amatrice e alla tragedia di Rigopiano – rimango sconcertata e basita da questa sentenza, che merita sicuramente l’impugnazione“.

L’inchiesta penale era stata archiviata quasi nell’immediatezza dell’avvio della maxi inchiesta sui crolli (220 quelli definiti) da parte dei pm Alfredo Rossini (ex Procuratore capo) Fabio Picuti e Roberta D’Avolio, in quanto i presunti responsabili all’epoca identificati quali indagati, erano deceduti nel corso degli anni. Nella vicenda civilistica, le famiglie delle vittime sono state difese dall’avvocato Luciano Angelone di Sulmona, i Ministeri dall’Avvocatura dello Stato, il Comune dall’avvocato Domenico De Nardis, le eredi della ditta dall’avvocato Francesco Camerini, il condominio dall’avvocato Luciano dell’Orso.

 

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