Le nuove stanze della poesia

Poesie della pace, “Alle fronde dei salici” di Salvatore Quasimodo

Una poesia di Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la letteratura, per l'appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

Nel 1959 a Salvatore Quasimodo viene assegnato il premio Nobel per la Letteratura. “Per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi”. E’ passato ormai più di mezzo secolo. Il Premio Nobel era stato istituito il 27 novembre del 1895 in adempimento delle ultime volontà del chimico svedese e inventore della dinamite Alfred Nobel (1833-1896). Questo prestigioso premio, riconosciuto in tutto il mondo, viene attribuito annualmente a persone che nel proprio campo di applicazione hanno apportato “considerevoli benefici all’umanità”.

Di questo autore ricordo al lettore la poesia “Alle fronde dei salici” che trascrivo di seguito

Alle fronde dei salici

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

Perchè proprio in questi giorni la Commissione di Oslo ha premiato con il Nobel per la pace il bileorusso Bialatski insieme ad una organizzazione ucraina a alla ong russa Memorial. La Commissione norvegese , che ogni anno assegna questo premio dedicato proprio alla pace, sembra riannodare con questa decisione i fili della storia : tre vincitori per un unico premio appartenenti a tre Stati diversi ma soprattutto tre Stati che ora si fronteggiano sul campo di battaglia. A ottenere il riconoscimento per il proprio impegno a sostegno della pace sono stati l’avvocato e attivista bielorusso Alesa Bialiatski, l’ong russa Memorial e l’organizzazione ucraina Centro per le libertà civili. Intanto Mosca ha commentato il premio all’ong russa Memorial definendo la Commissione norvegese una organizzazione ormai screditata che appunto ha conferito un premio squalificato. Di più, un Tribunale di Mosca ha ordinato il sequestro a favore dello Stato di un edificio dove sono ubicati gli uffici della ong. La motivazione espressa dalla Commissione per l’assegnazione del premio dice: “I premiati con il Nobel per la Pace rappresentano la società civile nei loro rispettivi paesi. Per molti anni hanno promosso il diritto a criticare il potere e a proteggere i diritti fondamentali della popolazione. Hanno fatto uno sforzo eccezionale per documentare crimini di guerra, violazioni dei diritti umani e abusi di potere. Insieme hanno dimostrato l’importanza della società civile per la pace e la democrazia”. 

Reiss-Andersen ha specificato che “è stato assegnato per qualcosa e non contro qualcuno”. Né il nome di Bialiatski, né quello delle due ong erano tra i favoriti della vigilia secondo molti giornali internazionali. Molte voci aveva pronosticato la possibilità che il premio fosse conferito al presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, al dissidente russo Alexey Navalnyi e alla bielorussa Svetlana Tikhanovskaya. A questi nomi si accompagnavano con insistenza quelli dell’attivista climatica svedese Gretra Thunberg, del divulgatore scientifico e naturalista inglese David Attenboroughe del movimento dei Fridays for future.

Ales Bialiatski ha 60 anni ed è un attivista bielorusso noto soprattutto per essere il presidente della Ong per i diritti umani Viasna, che fondò nel 1996 per dare assistenza finanziaria e legale ai prigionieri politici in Bielorussia e alle loro famiglie. E’ stato anche uno dei maggiori oppositori del regime di Alexander Lukashenko, il presidente bielorusso al governo dal 1994 e che è considerato “l’ultimo dittatore d’Europa”. Nel 2020 è stato arrestato per aver partecipato alle protesta di massa seguite alla vittoria di Lukashenko alle ultime elezioni in Bielorussia ed è attualmente detenuto. Memorial è una storica Ong per i diritti umani fondata in Russia nel 1987 da Andrei Sacharov (che vinse il premio Nobel per la Pace nel 1975) e da altri attivisti per i diritti umani, in concomitanza con la caduta dell’Unione Sovietica. L’intento di Memorial era quello di documentare e testimoniare i delitti e gli abusi dell’era sovietica, in particolare del periodo stalinista. Negli anni successivi Memorial è divenuta la più grande Ong della Russia, includendo nelle sue attività di testimonianza e documentazione anche la difesa dei diritti umani e dei prigionieri politici. Centro per le libertà civili è un centro studi e un’associazione ucraina , con sede a Kiev, che prima della guerra lavorava per rafforzare lo stato di diritto in Ucraina. Dopo l’invasione da parte della Russia, si è impegnata nella documentazione dei crimini di guerra compiuti dall’esercito russo in Ucraina. Già nel 2014 aveva fatto un lavoro simile sui crimini e sulle persecuzioni politiche in Crimea.

Secondo Marcello Flores D’Arcais , membro fondatore del Memorial italiano l’assegnazione del premio a tre vincitori è una scelta che mette in evidenza il fatto che ci sono forze che ancora oggi lavorano per la pace. Simone Guagnelli ,professore di lingua e letteratura russa all’Università di Bari afferma che la decisione della Commissione è un chiaro segnale e messaggio di pacificazione. Anche se dopo le dichiarazioni di Mosca la preoccupazione maggiore è quella per il possibile inasprimento delle condizioni di vita dei detenuti politici nelle carceri sovietiche tra cui per esempio Yury Dimitriev .Storico famoso per le sue scoperte sulle vittime dello stalinismo, è stato condannato dal tribunale di Petrozavodsk a 15 anni di carcere. Le accuse sono di pedopornografia e possesso di parti di arma da fuoco. Dmitriev, premio Sacharov alla libertà 2021, aveva già affrontato due processi di questo tipo, respingendo sempre le accuse definendole «politiche». Sessantacinque anni, lo storico è presidente dell’organizzazione per la difesa dei diritti umani Memorial. C’è poi una continuità in questo premio con quello assegnato lo scorso anno al giornalista russo Dmitrij Muratov insieme alla giornalista filippina Maria Ressa.
La storia di Memorial è stata ricostruita in un documentario russo “Processo alla memoria” fatto da TvRain,la televisione indipendente che ha subito la repressione di Putin.Il documentario ricostruisce la storia di Memorial attraverso interviste presentate proprio dalla voce di Muratov che aveva da poco ricevuto il premio Nobel per la pace. Parlo dunque di pace ricordando che il cosiddetto “ popolo della pace” si mobiliterà a breve. Infatti si parla di un appuntamento in piazza , senza bandiere, forse per il 4 novembre prossimo , giornata tradizionalmente dedicata alle forze armate. Mentre è certo intanto che il 23, 24 e 25 ottobre si terrà una manifestazione dal titolo : “Il grido della pace” convocata dalla Comunità di Sant’Egidio. Per l’ipotesi della manifestazione del 4 novembre, centesimo anniversario della fine della Prima Guerra Mondiale, già il Movimento Nonviolento invita tutti i gruppi e le persone a manifestare.

Il grido della pace invece è un incontro internazionale di Preghiera per la Pace delle religioni mondiali nello Spirito di Assisi. Sul sito della comunità a proposito di questa manifestazione si legge: L’evento raccoglie le attese di pace di popoli e culture, in un tempo segnato dal tragico ritorno della guerra in Europa, che sta causando tante vittime e tanta distruzione. C’è bisogno di inviare un forte messaggio di speranza e di fiducia nel futuro. Il mondo globale ha urgentemente bisogno di un architettura di dialogo che protegga e affermi la pace, sempre ed in ogni contesto. Oggi lo “spirito di Assisi”, che è spirito di dialogo e amicizia capace di coinvolgere leader religiosi, politici e gente comune nella costruzione della pace a ogni latitudine, appare sempre più necessario.
Su questo si confronteranno leader religiosi e rappresentanti dei popoli e delle culture di ogni parte del mondo nei tre giorni di convegno che si terrà al Centro Congressi La Nuvola, e si concluderà con la Preghiera per la Pace al Colosseo. Una manifestazione importante quella della Comunità di Sant’Egidio tanto che i lavori delle due giornate di incontri e riflessione saranno aperti dal Presidente della repubblica italiana Sergio Mattarella e da quello francese Emmanuel Macron mentre le giornate saranno chiuse da un intervento di Papa Francesco. Queste due iniziative, ma soprattutto quella della Comunità di Sant’Egidio ,sembrano riportare il discorso sulla pace nell’ambito di una “ cultura di pace “ che è cosa importante di fronte per esempio alla catastrofe culturale in tema di guerra nucleare. Lo afferma con forza il Direttore di Limes Lucio Caracciolo .

“Siamo davvero alla vigilia di una catastrofe nucleare?”, chiede la Gruber nella puntata di Otto e mezzo di venerdì 7 ottobre 2022 . Ma Caracciolo punta i riflettori su un altro aspetto della vicenda: “Intanto siamo dentro a una catastrofe culturale, continuiamo a parlare della bomba atomica come se fosse un po’ di tritolo. Abbiamo introiettato l’idea che l’atomica si può usare, è un discorso da bar, questo è molto preoccupante da un punto di vista complessivo”, rimarca. E proprio in riferimento all’escalation che potrebbe portare ad un pericolo atomico lo testimoniano i tentativi di Joe Biden e Vladimir Putin di parlarsi direttamente forse in un prossimo vertice internazionale nel prossimo novembre e la riluttanza di Biden a fornire missili a lunga gittata all’Ucraina ma solo sistemi di difesa aerea consapevole che occorre arrivare ad una tregua magari anche con l’apporto del Presidente Erdogan che da mesi si destreggia diplomaticamente per ottenere questo risultato. In uno scenario per così ondivago che ogni giorno fa sperare bene e ill giorno successivo sembra negare ogni speranza. Un andamento caratteristico degli scenari di guerra in cui di volta in volta prevalgono interessi diversi . Fino ad una trattativa che proprio perchè trattativa prevede che entrambe le parti cedano qualcosa. Una trattativa probabilmente a tre e anche fuori dell’Ucraina nella quale compaiono protagonisti come Rusia, Stati Uniti d’America e Cina. Uno scenario in cui l’Europa, sotto ricatto putiniano per le forniture di gas, non riesce a trovare una sua linea autonoma di intervento limitandosi a quello che appare solo alle sanzioni, come vorrebbe appunto una parte di quelle forze politiche e organizzazioni che propongono di scendere in piazza ai primi di novembre .

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